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L’ultima volta che siamo stati bambini
Venerdì       17.01.2025
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Regia    Claudio Bisio
Filmografia    E’ un esordio alla regia
Genere    Commedia drammatica/storica
Interpreti    Vincenzo Sebastiani (Italo), Alessio Di Domenicantonio (Cosimo), Carlotta De Leonardis (Vanda),
Fotografia / montaggio    Italo Petriccione / Luciana Pandolfelli
Musica    Pivio e Aldo De Scalzi

Locandina italiana L'ultima volta che siamo stati bambini
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TRAMA

Roma, 1943. I preadolescenti Italo, Cosimo, Vanda e Riccardo giocano con innocenza alla guerra mentre sullo sfondo risuona l’allarme per i veri bombardamenti. Quando Riccardo, appartenente a una famiglia ebrea, scompare all’improvviso, gli amici decidono di indagare e scoprono così che è stato messo su un treno per la Germania. Italo, Cosimo e Vanda non si perdono d’animo e si mettono in marcia per andare a liberare l’amico…

RASSEGNA STAMPA
Il debutto alla regia di Claudio Bisio con “L’ultima volta che siamo stati bambini” è stato suggellato dalle splendide parole della senatrice Liliana Segre. “Caro Claudio – ha scritto – ho molto apprezzato il tuo film perché hai saputo rendere la freschezza e l’innocenza dei bambini con un tratto talmente sensibile da offuscare la tragedia che c’è sullo sfondo”.
Adattamento del romanzo omonimo di Fabio Bartolomei, il film si snoda come un racconto di formazione nel periodo più tragico della storia del XX secolo: la Seconda guerra mondiale, durante la follia nazi-fascista. Un film che si pone sul terreno della custodia della memoria, il ricordo della Shoah, sposando una prospettiva di racconto originale, in linea con il registro di opere come “La vita è bella” (1997), “Train de vie” (1998) e “Jojo Rabbit” (2019): storie che esplorano l’orrore, le stanze del Male, ricorrendo a sguardi puntellati di umorismo gentile e ironia acuta. Il film di Bisio segue questa traiettoria, scegliendo di posizionare la macchina da presa ad altezza di bambino. Protagonisti i giovani Alessio Di Domenicantonio, Vincenzo Sebastiani, Carlotta De Leonardis e Lorenzo McGovern Zaini, affiancati da Marianna Fontana, Federico Cesari e Antonello Fassari.
La storia. Roma, 1943. I preadolescenti Italo, Cosimo, Vanda e Riccardo giocano con innocenza alla guerra mentre sullo sfondo risuona l’allarme per i veri bombardamenti. Quando Riccardo, appartenente a una famiglia ebrea, scompare all’improvviso, gli amici decidono di indagare e scoprono così che è stato messo su un treno per la Germania. Italo, Cosimo e Vanda non si perdono d’animo e si mettono in marcia per andare a liberare l’amico…
“L’ultima volta che siamo stati bambini” rivela chiaramente il suo intento educativo, il suo farsi portatore dei valori della memoria e al contempo di sensibilizzazione verso i pericoli dell’odio e dell’intolleranza, di ieri e di oggi. Il film, che ha potuto contare sull’appoggio della Comunità ebraica di Roma, esce in occasione dell’80° anniversario dei rastrellamenti del Ghetto di Roma, il 16 ottobre del 1943.
Bisio si misura dunque con un genere ormai consolidato, ma di certo sempre scivoloso per la delicatezza del tema e per la scelta del linguaggio da adottare. La sua vis umoristica come attore torna utile qui nel gestire situazioni e tempi comici affidati ai giovani (bravissimi) interpreti. Il film viaggia spedito come un racconto avventuroso brillante, un road-movie che richiama cult alla “Stand by Me” (1986) e “I Goonies” (1983). A un certo punto fa ingresso il realismo della guerra, il Male, e il film vira su note più dolenti.
Ottime le intenzioni dell’opera, dell’autore, che sono da valorizzare e supportare; da un punto di vista stilistico-formale, però, non si può non scorgere qua e là qualche ingenuità di troppo o soluzioni un po’ acerbe, esposte a inciampi didascalici o mielosi.
Da cnvf.it
Quando un attore famoso si cimenta nella regia i motivi possono essere diversi e, in più di un'occasione, anche legati ad un'esigenza personale e professionale che non necessariamente deve coincidere con l'interesse degli spettatori. Non è così per l'esordio di Claudio Bisio dietro la macchina da presa che ha più di un punto di contatto con quelli di coloro che nascevano come registi e sono diventati noti ed apprezzati nel panorama nazionale ed internazionale. Perché nella storia scelta, nel modo in cui è stata trasposta sullo schermo dalle pagine di un libro (di Fabio Bartolomei) e in quello in cui è stata girata, si sente l'urgenza di condividere pensieri, riflessioni (non solo, si badi bene, sul passato) ed emozioni.

Il romanzo inizia con questa frase: "Cosa stia accadendo di preciso lì fuori, Cosimo non lo sa. È nell'età in cui le risposte si cercano nello sguardo dei genitori o, nel suo caso, del nonno". Bisio, con il suo co-sceneggiatore Fabio Bonifacci, ha fatto propria questa frase costruendo una favola che, come tutte le favole che si rispettino, abbia in sé innumerevoli elementi di verità. Perché i tre protagonisti, come ogni bambino, hanno mutuato la lettura della realtà da chi li ha educati. Se Cosimo ha un padre al confino e un nonno che vuole evitare ulteriori guai e Italo ne ha uno decisamente fascista, Vanda di padri (e di madri) non ne ha o, meglio, ne ha una che non avrebbe il diritto di esserlo: suor Agnese. A lei si aggiunge il fratello di Italo 'eroe' ferito in guerra. Le divisioni degli adulti non riescono però a scalfire l'innocenza dei piccoli. L'amicizia va oltre l'ideologia mettendola in secondo piano.
Bisio guarda ai suoi giovanissimi e straordinari protagonisti con il desiderio di fare un film che arrivi al pubblico più vasto senza però scegliere soluzioni facili o scorciatoie narrative anche quando modifica, come è necessario fare, elementi anche importanti del romanzo. Si sente in lui la capacità di creare coesione al progetto che solo i bravi attori riescono ad ottenere da coloro che hanno scelto per trasformare la loro visione in gesti, parole, esternazione di sentimenti.
Si comprende anche come abbia alle spalle una profonda conoscenza della commedia italiana degli anni Sessanta (e non solo) di cui coglie, in alcune scene, lo spirito senza per questo né fare falsi omaggi né realizzare copie conformi. Si consente inoltre anche un paio di battute che lo spettatore più accorto saprà decodificare con divertimento in un'Europa che dal febbraio 2022 è tornata a doversi misurare con la concretezza di una guerra: in questo senso il film si trasforma in un ammonimento. Lo fa però senza prediche e conservando una struttura binaria decisamente efficace. Se da un lato seguiamo alternativamente l'incedere dei bambini e di chi li vorrebbe raggiungere per riportarli indietro, abbiamo anche l'alternanza tra situazioni divertenti che strappano sorrisi e risate ed altre in cui un profondo senso di umanità si trasforma in commozione senza forzature.
Ognuno di noi ha avuto nella vita il suo momento di passaggio in cui 'non è stato/a bambino/a'. Qualcuno però sa ancora rinvenire dentro di sé l'innocenza, lo sguardo comunque ancora aperto alla meraviglia che è proprio di quell'età, nonostante tutti i possibili condizionamenti. Bisio c'è riuscito e ha trovato anche il modo migliore per comunicarlo
Da mymovies.it
Prossimo film “La zona di interesse” venerdì 31.01.2025
  (scheda a cura di Marco Massara