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CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM

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Locandina La mafia uccide solo d'estate

 

 

‘Nuovi sguardi’

La mafia uccide solo d’estate

       Mercoledì 04.03.2015

        Venerdì 06.03.2015

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Regia

Pierfrancesco Diliberto (PIF)

Filmografia

Opera prima

Genere

Commedia drammatica

Interpreti

Arturo; Cristiana Capotondi: Flora; Claudio Gioè: Francesco;Ninni Bruschetta: Fra Giacinto; Alex Bisconti: Arturo bambino; Ginevra Antona: Flora bambina;

Fotografia / montaggio

Roberto Forza/Cristiano Travaglioli

Musica

Santi pulvirenti

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TRAMA

Arturo, si innamora sui banchi di scuola di Flora, ma la sua vita, sin dalla nascita è condizionata dalla presenza della mafia… I bambini incontrano progressivamente i protagonisti della lotta contro la Mafia che diventa, da una realtà volutamente ignorata dalla popolazione, una presenza responsabile della morte di tutti i funzionari dello stato ………

RASSEGNA STAMPA

Arturo ha pochi anni e un segreto romantico che condivide con Rocco Chinnici, giudice e vicino di Flora, la bambina che gli ha incendiato il cuore. Nato a Palermo, Arturo è stato concepito il giorno in cui Totò Riina, Bernardo Provenzano, Calogero Bagarella e altri due uomini della famiglia Badalamenti, uccisero Michele Cavataio vestiti da militari della Guardia di Finanza. Da quel momento e da che si ricordi la sua vita, spesa a Palermo, è stata allacciata alla Mafia e segnata dai suoi efferati delitti. Cresciuto in una famiglia passiva, in una città 'muta' e tra cittadini incuranti dei crimini che abbattono i suoi eroi in guerra contro la Mafia, Arturo prova da solo a produrre un profilo e un senso a quegli uomini contro e gentili che gli offrono un iris alla ricotta (il commissario Boris Giuliano) o gli concedono un'intervista (il Generale Dalla Chiesa). L'unico che proprio non riesce a incontrare, ma di cui ritaglia e colleziona foto dai giornali, è il premier Giulio Andreotti, che da una trasmissione televisiva gli impartisce un'ideale lezione sentimentale da applicare al cuore della piccola Flora. Gli anni passano, la Mafia cresce in arroganza e crudeltà e i paladini della giustizia vengono falciati, sparati, esplosi. Soltanto Arturo rimane uguale a se stesso, ossequiante e 'svenduto' in una televisione locale e nella campagna elettorale di Salvo Lima. Ma la morte di Giovanni Falcone e quella di Paolo Borsellino lo risveglieranno da un sonno atavico e dentro una città finalmente cosciente.Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, debutta al cinema con una storia di rimozione, una storia scomoda perché chiama in causa responsabilità collettive che costringono a interrogarsi sull'identità culturale del Paese, sul suo passato e sul suo futuro. Aiuto regista di Marco Tullio Giordana nel 2000, lo ha accompagnato nei cento passi che separavano l'abitazione di Peppino Impastato da quella del boss Tano Badalamenti. E di quel film l'opera prima di Pif ha l'urgenza e la necessità di raccontare una pagina drammatica che non deve essere dimenticata perché rompe col silenzio e con l'omertà, un contratto sociale basato sulla connivenza. Costruito come un romanzo di formazione, La mafia uccide solo d'estate trova la sua rilevanza in quello che racconta e la sua forza in come lo racconta e come rappresenta la mafia senza indulgenze celebrative. Infilato il terreno minato dell'universo criminale, Pif contempla il fascino sinistro dell'eroe del male, incarnato nel film da Giulio Andreotti e allargato a una lunga serie di 'persone perbene'e istituzionali fino alla bassa macelleria criminale, scartando i sentimenti retorici e i cliché che veicolano l'idea dell'immutabilità della Mafia. Nato in una regione incline al fatalismo come la Sicilia, Pif fa qualcosa di più che dimostrare la parabola discendente di Cosa Nostra, scegliendo come protagonista un ragazzino che coltiva sogni, speranze e illusioni e che imparerà a sottrarsi alle regole del gioco sentendosi e volendosi 'diverso' rispetto alla cultura diffusa di cui la criminalità organizzata è espressione. I padrini forti e arcaici visti sempre nella loro sacralità di potenti e cattivi vengono 'rovesciati' in una storia drammaturgicamente valida e capace di scendere dentro le cose. Cinema impegnato in prima linea, che arriva col sorriso fino in fondo, fino a sentire e a far sentire un dolore lancinante, La Mafia uccide solo d'estate capovolge il comico in tragico ricordandoci che ribellarsi è possibile. Il film porta a coscienza del protagonista e della sua città i mostri che stanno anche dentro chi li vorrebbe cacciare e che decide per questo di dichiarare guerra a una parte di sé. Lo sguardo attonito e incredulo di Arturo bambino sulle omertà e le brutalità del mondo degli adulti, che lo hanno sedotto (Giulio Andreotti), innescato (il giornalista esiliato di Claudio Gioè) e (ri)educato (i 'retroscena' del potere mafioso), si posa adesso consapevole sul figlio e sulle targhe di marmo su cui Arturo legge i nomi dei caduti per la Mafia. (da Mymovies.it)

C’è una via nuova seguita dal cinema italiano che si pone a metà strada tra il cinema che vuole intrattenere e quello che vuol far riflettere è la strada di De angelis, Sibilia e di Pif. La sceltà è quella di usare il registro della contaminazione di generi e di far trascolorare e decantare le tragedie della recente storia italiana, macchiata dal sangue delle vittime del consociativismo parola difficile per indicare una cosa facile la complicità, la connivenza tra le classi politiche, il potere economico e quello malavitoso. Si riesce così sin dall’inizio a stringere un patto con lo spettatore: se riuscirà ad accettare l’unione surreale tra la strage di viale Lazio con la conseguente morte del boss Cavataio e la concomitante generazione di Arturo per uno spermatozoo così "stordito" da non spaventarsi al rumore degli spari, se si accetta questo, allora si può accettare la realtà di Riina che due anni prima che nascesse Pif nello stesso ospedale firmò con nome e cognome il registro dei genitori in visita e, nonostante dieci anni di latitanza, nessuno ebbe niente da dire o da fare. Cose che succedono a Palermo, cose che succedono in Italia dove nel ‘70 Presidenti dell<a Repubblica come Leone venivano allontanati per intrallazzi dubbi con la destra neofascista mentre oggi ci sono voluti dieci anni per trovare in parte incostituzionale la legge Calderoli dallo stesso "ministro" definita "una porcata".Non parliamo poi delle trascorse telefonate tra premier e nipoti di primi ministri…Premier poi condannato a 7 anni per concussione, prostituzione minorile interdizione perpetua dai pubblici uffici, fatta salva la presenza nelle sedi istituzionali per il giuramento del neo premier Renzi a seguito del patto del Nazareno..Così va l’Italia? Così andrà sempre? No Pif non dice questo, con il sorriso sulle labbra dice che Andreotti ai funerali di Dalla chiesa non c’era perché "preferiva andare ai battesimi"; che Salvo Lima non avrebbe mai detto una parola contro la mafia, che Rocco Chinnici inventore del Pool antimafia è morto per questo, che tutti hanno lasciato solo dalla Chiesa… Quei tutti siamo stati noi e tardiva e già dimenticata è la stagione dei lenzuoli bianchi fuori dalle finestre delle case di Palermo. Cosa resta? Solo Cosa Nostra? No resta la memoria di chi quei giorni ha vissuto, di chi quelle persone ha incontrato. La memoria non sbiadisce con il tempo, non si lava via con l’erosione delle lapidi sotto cui viene ricordato di non posare la spazzatura se c’è chi con una regia che cura il particolare al centesimo, riproduce una storia apparentemente di finzione ma basata su personaggi veri da fra Giacinto, il frate colluso milionario, alla 126 verde di via Pipitone Federico fatta saltare con 100 kg di tritolo per ammazzare il giudice Chinnici e la sua scorta la squadra citata in codice nelle dediche, formata da padri di famiglia con a casa mogli e a volte 4 a volte2 figli. Tre anni per realizzare un capolavoro di ironia e elegia in punta di sentenza perché la Mafia è potente e sa usare i principi del Foro. Ora a noi la parola vogliamo solo ridere oppure anche piangere e dal mix tra i due sentimenti cosa nasce ? Forse una parola nota al maestro di Pif M. T. Giordana scegliamo di essere testimoni e non più COMPLICI.

Prossimo film : "Zoran, mio nipote scemo" 11-13 marzo 2015

Scheda a cura di Enrico De Crescienzo