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Locandina Zoran, il mio nipote scemo

 

 

Ciclo ‘Nuovi sguardi’

Zoran, il mio nipote scemo

       Mercoledì 11 marzo 2015

       Venerdì 13 marzo 2015 103’

   

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Regia

Matteo Oleotto (Gorizia, 1977)

Filmografia

E’ un’opera prima

Genere

Commedia

Interpreti

Giuseppe Battiston (Paolo), Teco Celio (Gustino), Rok Prasnikar (Zoran), Marjuta Slamic (Stefania), Roberto Citran (Alfio)

Fotografia / montaggio

Ferran Peredes Rubio / Giuseppe Trepiccione

Musica

Antonio Gramentieri

TRAMA

Paolo, quarant’anni, inaffidabile e dedito al piacere del buon vino, vive in un piccolo paesino vicino a Gorizia. Trascina le sue giornate nell’osteria del paese e si ostina in un infantile stalking ai danni dell’ex-moglie. Un giorno, inaspettatamente, si palesa suo nipote Zoran, uno strano sedicenne cresciuto sui monti della Slovenia. Paolo dovrà prendersi cura del ragazzino e ne scoprirà una dote bizzarra: è un vero fenomeno a lanciare le freccette. Questa per Paolo è l’occasione giusta per prendersi una rivincita nei confronti del mondo. Ma sarà tutto così facile?

RASSEGNA STAMPA

Opera prima di Matteo Oleotto, Zoran, il mio nipote scemo si svolge in un piccolo paese della provincia friulana che contempla 'lo scemo del villaggio' ma declina la storia in commedia. 'Alterato' da uno sguardo etilico, Zoran descrive un territorio e un soggetto che il regista goriziano conosce bene, dedicandosi alle vigne e al vino nel tempo libero. E il vino è senza dubbio la materia di cui è fatto il film di Oleotto e il sogno del suo protagonista. Praticando leggerezza e sorriso, Zoran, il mio nipote scemo gravita intorno a due nodi narrativi, il caso e l'occasione. Il caso, la morte improvvisa di una zia dimenticata e forse mai conosciuta, offre al Bressan di Giuseppe Battiston l'occasione di dare una svolta alla propria vita, trasformandola, nell'epilogo, in esperienza di vita. A innescare il gioco è un ragazzino che riuscirà a 'invischiare' uno zio ruvido e ubriacone in qualcosa che Paolo Bressan non aveva previsto e che ha a che fare con la riscoperta dei sentimenti e dell'amore.
Punteggiata da siparietti, risate grasse e gomiti alzati, la commedia di Oleotto si muove al ritmo di una canzone popolare, zeppo di "buone cose di pessimo gusto". Libero e svagato, poggia come tralcio alla vite sulle spalle larghe di Giuseppe Battiston, a cui Oleotto affida un personaggio bisbetico, che conferma e rinnova all'attore il consenso del proprio pubblico. Rok Prašnikar, efficace e intenso alla sua prima prova, resiste a un personaggio fuor di misura e a uno zio cialtrone, che infila osterie e scorciatoie. La scrittura caricaturale e l'eccessivo buonismo annullano tuttavia la candida percezione della vita del nipote Prašnikar che, tutt'altro che scemo, riassorbe e in qualche occasione neutralizza la sfacciata (e villana) piacioneria dello zio Battiston. Come un buon vino friulano, Zoran, il mio nipote scemo si beve e lascia nel finale in bocca un sapore amabile e rotondo
. (da Mymovies)

"Friuli Venezia Giulia, provincia alcoolica….A centrare il bersaglio è l'esordiente Matteo Oleotto, che nel fondo del bicchiere legge una nuova via per il nostro cinema: ironia e amarezza, affresco socio-geografico e ritratto psicologico, tutto è a fuoco, come alle italiche commedie capita raramente. Merito forse del gemellaggio poetico con la Slovenia, fatto sta che il film si scaraffa sullo schermo come buon vino da tavola, al bando le etichette autoriali e le adulterazioni commerciali. Tutto bene? Quasi, macchiettismo e buonismo sono alle porte, ma Oleotto si farà, e intanto ci ha già fatto sorridere. Dopo troppo province meccaniche, finalmente una provincia umana." (Federico Pontiggia, 'Il Fatto Quotidiano')

"Per quasi un secolo il territorio di Gorizia ha assistito a frizioni e scontri tra italiani e sloveni. La città divisa in due dal confine paragonata a Berlino tra rancori e risentimenti mai sopiti. Ora anche la Slovenia fa parte dell'Unione europea, il confine è solo un ricordo. Tutto tranquillo, se non ci fosse Paolo Bressan. (...) Il nostro eroe è un autentico cialtrone, profittatore e anche antipatico, una sorta di italiano medio all'Alberto Sordi con accento veneto e sbronza molesta. E anche l'entusiasmo alcolico rischia di essere arma a doppio taglio, e alla lunga si rischiano solo i postumi. Così si sorride in diverse occasioni di fronte a 'Zoran', ma la commedia sembra viaggiare con il freno a mano tirato per un protagonista triste e infelice contrapposto a una macchietta in salsa slava. Matteo Oleotto ci si è messo d'impegno per questa sua opera prima realizzata nelle terre natie dove è tornato dopo parentesi di studi di cinema romani. Lui stesso afferma di essere rientrato per occuparsi delle vigne di famiglia. Ma, come si dice, aveva fatto i conti senza l'oste perché il sacro furore dell'arte lo ha spinto a realizzare il suo film." (Antonello Catacchio, 'Il Manifesto')

"Ecco il film-simpatia dell'ultima Mostra di Venezia, l'opera prima di Matteo Oleotto, diplomato al centro sperimentale ma con uno straordinario curriculum alle spalle (telefonista in un call-center, bagnino, operaio, arbitro di basket, portiere d'albergo e svariati altri mestieri). (...) Zoran è una commedia malinconica il cui unico difetto è la lunghezza: una struttura più asciutta (ma capiamo che l'aggettivo è inadeguato) avrebbe giovato. Giuseppe Battiston, finalmente protagonista, è debordante e bravissimo. Il giovane Rok Prasnikar è altrettanto strepitoso." (Alberto Crespi, 'L'Unità')

INTERVISTA A GIUSEPPE BATTISTON

Il film è un viaggio nel Friuli profondo. «Sì, siamo nel regno delle osmize, le frasche friulane. Osterie a conduzione familiare che vendono i prodotti del luogo. Vino, uova sode, formaggio se hanno una mucca o radicchio se hanno l’orto. E quando è finito il vino, si chiude. Nella cultura rurale della mia regione l’osmiza è il luogo principale di aggregazione, più del bar. Perché assomiglia a una casa. La nostra è ricavata in un magazzino di gomme. È il luogo in cui relitti umani ma anche persone normali si ritrovano, si parla e si beve».

Si beve molto, in questo film. «Il mio personaggio è un dipendente da alcol che scopre di avere un nipote sloveno da tenere per un po’… Al fianco di persone distrutte da vita e mancanza di stimoli esterni c’è una comunità che lotta per affrontare positivamente il senso della vita: chi cerca di uscire dell’alcol andando a cantare ai cori, chi mette su una cooperativa per dare da mangiare agli anziani. C’è chi dignitosamente conduce la propria esistenza anche in un luogo in cui l’alienazione è molto diffusa. "Zoran" è un film che racconta molto bene la mia terra, senza moralismi». Il film non è parlato in dialetto. Ne abbiamo fatto a meno: è il grande assente, ma permea tutti quei luoghi».

Il cinema disegna un Nord da cui si vuole scappare. «Il Nord-Est paga il dazio al fatto di essere stato "la locomotiva d’Europa". E invece non c’è più niente. Non è mai stato territorio d’arte. Lo dimostra lo scempio fatto due anni fa della Film Commission del Friuli Venezia Giulia, che ora dovrebbe rientrare. Una classe politica e imprenditoriale s’è arricchita sul territorio, ma lo ha immiserito dal punto di vista sociale e artistico. Ci sono posti che ricordano i villaggi abbandonati della corsa all’oro. La mia regione, per tanti anni il centro nevralgico della difesa, oggi è piena di caserme vuote: il pericolo non è più dall’Est ma dal basso. Il Nord-Est è zona abbandonata a se stessa. Dopo quindici anni passati a rendere i lavoratori meno specializzati e più flessibili. A furia di flettere si è rotto tutto».

Difficile raccontare tutto questo in commedia. «"Zoran" è una vera commedia, come anche l’ultimo film di Carlo Mazzacurati, "La sedia della felicità", e in "Pizza e datteri" sarò un veneziano convertito all’Islam che vuole mettere su una moschea a Venezia. Si riderà, anche se certo non mancheranno le polemiche».

(scheda a cura di Carolina Papi)

     

Prossimo film: "In ordine di sparizione" (mercoledì 18 marzo e venerdì 20 marzo)