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Anatomia di una caduta
da domenica 12 a venerdì 18 ottobre 2024
Anatomia di una caduta
regia di J.Triet
“Arriva in sala un film sorprendente, appassionante e femminista, ma anche sfaccettato e pieno di colpi di scena come un thriller hitchcockiano, di cui in qualche modo porta con sé la precisione di regia e l’eleganza formale. Anatomia di una caduta della francese Justine Triet, Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes e campione d’incassi in patria, è allo stesso tempo un film giallo, intimista e processuale. Un’opera di alto livello sull’ambiguità del reale, intrisa però di uno sguardo e di un vero sentire umano. (…) Prima di addentrarci oltre, va fatta una necessaria premessa sulla collocazione del film in questo particolare momento storico. Rispetto ad altri titoli vinti da autrici in questi ultimi anni nei grandi festival, è il primo davvero convincente (…) dev’essere chiaro che siamo davanti a un grande film, di notevole finezza e forza, e che se, per l’ennesima volta, la rappresentazione è concentrata sulle problematiche della borghesia, c’è tuttavia il coraggio di virare con nettezza in favore dell’ambiguità delle cose. Il bello è che lo fa in una prospettiva femminista, quella sì senza ambiguità. Riuscendoci, nella sua dimensione più esplicitamente militante, anche molto bene. Ma che si voglia femminista senza ambiguità, è ancora apparenza. E anche per questo raggiunge una dimensione universale.
Riesce perfino a dire qualcosa di nuovo e profondo sul solito tema della finzione che si fonde con il reale. (…) Reinventando il film processuale, la regista ne fa anche un’opera di metacinema, facendo ascoltare o riascoltare da punti di vista diversi momenti di vita, tutti intimi, che corrispondono sempre, in questo film che comincia con una morte fuori campo, a quello che era fuori campo, visivo o audio che sia. In questo modo il cinema intimista, tipico della Francia, è destrutturato, così com’è destrutturata, vivisezionata, l’esistenza della protagonista. E quella di suo figlio, Daniel. Amplificata dai mezzi di informazione, la lettura univoca dell’accusa è a sua volta destrutturata e vivisezionata. Così, quel che (ap)pare acquisito e difficilmente confutabile è rimesso continuamente in discussione, in un senso o nell’altro, in un vortice, una girandola caleidoscopica che sorprende sempre lo spettatore. (…) Se alla fine, molto faticosamente, una verità si afferma, nello spettatore si insinua anche il dubbio che il sistema messo a nudo si possa declinare, in altre occasioni, in altri contesti, in molti sensi diversi, anche del tutto opposti a quello qui rappresentato.”
Francesco Boille, da Internazionale.it
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Jersey Boys
da domenica 5 a venerdì 9 ottobre 2014
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JERSEY BOYS
REGIA DI C.EASTWOOD
Siamo nei primissimi anni ’50 nel New Jersey, quando una band di italoamericani diventa celebre con il nome Four Seasons. Si dice che, negli anni ‘60 i Beatles abbiano rivoluzionato la musica ma si dimentica che, pochi anni prima, all'insegna della musica rock, vi era stata la rivoluzione suscitata nel New Jersey da altri quattro giovanotti che si erano annunciati come i Four Seasons e che, anticipando appunto i Beatles, si erano subito proposti con dei veri e propri successi mondiali. A tal segno che Broadway non tardò a dedicar loro addirittura un musical, intitolato, data la loro provenienza, Jersey Boys: Clint Easwood parte da questa storia per il suo film. Il protagonista, John Lloyd Young nel ruolo di Frankie, è lo stesso del musical dedicato al gruppo, così come la partecipazione produttiva; nella cornice di un'affettuosa ricostruzione d'epoca, tra brillantina, impresentabili camicette bicolori e sfacciate cabrio pinnate dai colori accecanti, sfilano le canzoni che portarono i Four Seasons in vetta alle classifiche, con il loro sound accattivante e la voce flautata di Frankie/John: Sherry, Big Girls Don't Cry, Bye Bye Baby e tante altre. Che il legame di Clint Eastwood con la musica sia forte e profondo è noto, avendo egli stesso composto le colonne sonore di alcune sue pellicole e avendone girate due dedicate al jazz: il documentario The Piano Blues e il biopic di Charlie «Bird» Parker. Dalle note di regia si legge: “Ognuno se la ricorda come gli fa più comodo”. Conosciamo le canzoni. Conosciamo il sound. Ma solo pochi conoscono la storia. Jersey Boys racconta dell’ascesa e della conseguente caduta dell’iconico gruppo rock ‘n’ roll, The Four Seasons, raccontando agli spettatori come le loro canzoni siano riuscite a fare presa nelle coscienze del pubblico—alcune delle quali per oltre mezzo secolo—ma anche rivelando le sorprendenti origini di questa, apparentemente perbene, rock band americana. l film è tratto dal musical di successo che ha conquistato un premio Tony Award, incantando le platee di tutto il mondo (negli U.S.A. e all’estero) e diventando uno degli spettacoli più longevi nella storia di Broadway. Ora, il regista Clint Eastwood dirige la storia dei The Four Seasons allargandone gli orizzonti, portando tutta la gioia, la musica ed i ricordi sul grande schermo per emozionare le platee di tutto il mondo. Eastwood, che è anche produttore del film assieme a Graham King e Robert Lorenz, ha voluto svelare il dramma nascosto dietro le giacche e le cravatte, dietro l’apparente armonia che legava i quattro ragazzi, era ciò che maggiormente lo intrigava: “Mi è sempre piaciuta la musica dei The Four Seasons, quindi sapevo che sarebbe stato divertente rivisitarla, ma quello che più mi interessava era che questi delinquenti, poco più che maggiorenni, cresciuti certo non nella migliore delle situazioni, fossero riusciti a raggiungere questo enorme successo. Cresciuti in una periferia gestita e controllata dalla mafia, vivevano di piccoli crimini. Alcuni di loro hanno anche passato del tempo in prigione. Poi è arrivata la musica, la loro salvezza per uscire da quella situazione. Avevano trovato finalmente qualcosa per cui valeva la pena lottare.”
(dal presbook)
Il capitale umano
da domenica 19 a venerdì 24 ottobre 2014
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IL CAPITALE UMANO
REGIA DI P.VIRZI
I progetti faciloni di ascesa sociale di un immobiliarista, il sogno di una vita diversa di una donna ricca e infelice, il desiderio di un amore vero di una ragazza oppressa dalle ambizioni del padre. E poi un misterioso incidente, in una notte gelida alla vigilia delle feste di Natale, a complicare le cose e a infittire la trama corale di un film dall’umorismo nero che si compone come un mosaico. Paolo Virzì stavolta racconta splendore e miseria di una provincia del Nord Italia, per offrirci un affresco acuto e beffardo di questo nostro tempo.
dal Press-book
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una vita difficile
da domenica 10 a venerdì 15 aprile 2016
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UNA VITA DIFFICILE
REGIA DI D.RISI
“Panoramica su venti anni di vita italiana attraverso le vicende di un ex-partigiano giornalista che si inserisce nel sistema di una borghesia reazionaria”, spiega sinteticamente il Morandini: dalla resistenza al boom economico Risi (grazie anche alla splendida sceneggiatura di Sonego) racconta la storia dell'Italia e degli italiani di un mondo nuovo e pulsante che però premia arrivisti e gente senza scrupoli. Vent'anni di vita del nostro Paese in un film amaro che è considerato fra le migliori prove di Dino Risi.
Nessuna celebrazione, poco ottimismo, ancor meno entusiasmo. Tipica commedia all'italiana, Una vita difficile dimostra che, nonostante bozzettismi e facilonerie, il genere può aver valore di documentario e di satira. In una delle ultime interviste televisive rilasciate prima di morire, alla domanda del giornalista su quale fosse il personaggio interpretato a cui era maggiormente legato, Sordi rispose essere quello di Silvio Magnozzi, il protagonista del film, aggiungendo, come seconda risposta, quello di Giovanni Vivaldi, protagonista della pellicola Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli.
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