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La stanza accanto

 

da domenica 26  a  venerdì 31 ottobre 2025

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LA STANZA ACCANTO

REGIA DI P.ALDOMOVAR

una scrittrice di successo il cui ultimo libro racconta la sua incapacità di capire e accettare la morte. Martha è stata una corrispondente di guerra e ora è affetta da un tumore che potrebbe essere curabile con una terapia sperimentale, ma intanto si è preparata all'idea di morire, e ha già scelto, nel caso, come farlo: con una pillola comprata sul dark web. Ciò che vorrebbe però è non morire sola, e poiché il suo rapporto con la figlia le appare come irrimediabilmente compromesso chiede a Ingrid di soggiornare nella stanza accanto alla sua nel momento in cui dovesse decidere di "abbandonare il party". Pedro Almodovar, al suo primo lungometraggio in lingua inglese (...) affronta di petto, ma con grande pudore e una misura di ironia e leggerezza, il tema della nostra impermanenza su questa terra e della nostra possibilità di scelta su come dire basta.

 

 
La sua è una partitura nitida e rigorosa che mette a confronto due grandi attrici, Julianne Moore e Tilda Swinton (rispettivamente Ingrid e Martha) facendo leva sulle loro differenze (l'una piccola e tenera, l'altra alta e algida) come sul rispettivo passato cinematografico: Moore ad esempio porta con sé i suoi ruoli nei melodrammi luminosi di Todd Haynes via Dougas Sirk. Ma The Room Next Door è più hitchcockiano che douglasiano, nella scelta di una casa nella foresta che omaggia Frank Lloyd Wright, nelle musiche di Alberto Iglesias ricche di archi ma anche di reiterazioni ossessive, nel quadro di Edward Hopper illuminato dalla stessa luce spietata e bellissima che si posa su Ingrid e Thelma (la magnifica fotografia è di Eduard Grau). The Room Next Door è imbevuto di cultura letteraria, pittorica, musicale, cinematografica, ma resta aderente ai volti umani e vissuti delle sue due protagoniste, grazie a Dio non trasformati dalla chirurgia plastica, e ai respiri di due interpreti sempre in primissimo piano. Nella galleria di Almodovar Martha è una figura che non ha mai aderito al modello di femminilità corrente, andando in guerra "come un uomo" e non facendo ciò che "ci si aspetta da una madre", mentre il padre di sua figlia è stato disposto a gettarsi nel fuoco per correre in soccorso ad una voce: ma è una madre de-genere solo nel senso che non ha aderito ai canoni associati al suo genere.
Ingrid e Martha sono incastonate in uno schema visivo geometrico e una palette di colori che, come ci ha abituato Almodovar, dicono molto sui personaggi e sul mondo che hanno scelto di abitare. Sono due donne che cercano il contatto fisico censurato dalla contemporaneità in quello che Almodovar, per loro voce, descrive come "un mondo orrendo e disumano in cui non si vede parvenza di miglioramento", e che sanno che il sesso tiene lontana la morte del corpo e dello spirito più di tante parole.”
una scrittrice di successo il cui ultimo libro racconta la sua incapacità di capire e accettare la morte. Martha è stata una corrispondente di guerra e ora è affetta da un tumore che potrebbe essere curabile con una terapia sperimentale, ma intanto si è preparata all'idea di morire, e ha già scelto, nel caso, come farlo: con una pillola comprata sul dark web. Ciò che vorrebbe però è non morire sola, e poiché il suo rapporto con la figlia le appare come irrimediabilmente compromesso chiede a Ingrid di soggiornare nella stanza accanto alla sua nel momento in cui dovesse decidere di "abbandonare il party". Pedro Almodovar, al suo primo lungometraggio in lingua inglese (...) affronta di petto, ma con grande pudore e una misura di ironia e leggerezza, il tema della nostra impermanenza su questa terra e della nostra possibilità di scelta su come dire basta.
La sua è una partitura nitida e rigorosa che mette a confronto due grandi attrici, Julianne Moore e Tilda Swinton (rispettivamente Ingrid e Martha) facendo leva sulle loro differenze (l'una piccola e tenera, l'altra alta e algida) come sul rispettivo passato cinematografico: Moore ad esempio porta con sé i suoi ruoli nei melodrammi luminosi di Todd Haynes via Dougas Sirk. Ma The Room Next Door è più hitchcockiano che douglasiano, nella scelta di una casa nella foresta che omaggia Frank Lloyd Wright, nelle musiche di Alberto Iglesias ricche di archi ma anche di reiterazioni ossessive, nel quadro di Edward Hopper illuminato dalla stessa luce spietata e bellissima che si posa su Ingrid e Thelma (la magnifica fotografia è di Eduard Grau). The Room Next Door è imbevuto di cultura letteraria, pittorica, musicale, cinematografica, ma resta aderente ai volti umani e vissuti delle sue due protagoniste, grazie a Dio non trasformati dalla chirurgia plastica, e ai respiri di due interpreti sempre in primissimo piano. Nella galleria di Almodovar Martha è una figura che non ha mai aderito al modello di femminilità corrente, andando in guerra "come un uomo" e non facendo ciò che "ci si aspetta da una madre", mentre il padre di sua figlia è stato disposto a gettarsi nel fuoco per correre in soccorso ad una voce: ma è una madre de-genere solo nel senso che non ha aderito ai canoni associati al suo genere.
Ingrid e Martha sono incastonate in uno schema visivo geometrico e una palette di colori che, come ci ha abituato Almodovar, dicono molto sui personaggi e sul mondo che hanno scelto di abitare. Sono due donne che cercano il contatto fisico censurato dalla contemporaneità in quello che Almodovar, per loro voce, descrive come "un mondo orrendo e disumano in cui non si vede parvenza di miglioramento", e che sanno che il sesso tiene lontana la morte del corpo e dello spirito più di tante parole.”
 

Giulio Martini

domenica pomeriggio

Algida pseudo - riflessione sull'eutanasia/suicidio( in  realtà esaltazione del " vagabondaggio erotico-sentimentale" come unico baluardo contro ogni  apocalisse socio-ecologica e personale ...) senza spessore esistenziale e/o filosofico.

Pieno di citazioni cinefile con  capolavori  cui tenta di  paragonarsi nonché di elenchi di lesbiche famose, è il più  intelletualistico dei prodotti dell' omosex spagnolo, che spreme senza - scaldare i cuori - i volti opposti  di due dive/ icone del cinema gay, e cavalca l'onda di molti luoghi comuni,ma per lo meno schiva i toni della soap opera.

Angelo Sabbadini

lunedì sera

L’Almodovar americano congela la sua vena filmica: chiama a raccolta un ristretto gruppo di personaggi dell’upper class, li colloca in interni di gran pregio e ostenta un fuoco di fila di riferimenti letterari, pittorici e cinematografici. Poi si muove da par suo tra vita, morte e rinascita. E, nonostante il carattere algido dell’operazione, conquista da gran maestro la sensibilità e i consensi del pubblico del Bazin. 

Guglielmina Morelli

mercoledì sera

Che delusione. Film presuntuoso e ricattatorio ma scontato nella resa contenutistica (il terribile episodio dei carmelitani a Bagdad basterebbe da solo a screditare tutto il film); incapace di mostrare è quindi costretto ad essere pesantemente verboso; per evitare il melò diventa freddo e noioso, non elegante come vorrebbe; non c'è empatia per i personaggi così che le due attrici protagoniste sono costrette in parti rigide e già preconfezionate (e forse è persino più a proprio agio la Moore, che ritengo attrice meno versatile della Swinton). Vorrebbe essere filosofico e profondo e invece è banale e fuorviante persino nella citazione “colta” (a meno che il regista non volesse alludere a Michael Furey, il ragazzo che in The Dead sceglie di morire per amore, ma non credo). Insomma, se anche Omero talvolta sonnecchia, concediamo ad Almodovar, per una volta, un sonno ristoratore!

Giorgio Brambilla

venerdì sera

La stanza accanto” non mi pare un film sulla liceità o moralità del darsi la morte, questione su cui “discute” solo il poliziotto bigotto che vediamo alla fine, per cui il tema è sostanzialmente bypassato.

La riflessione proposta da Almodóvar è un’altra: Ingrid all’inizio del film dichiara di aver scritto il suo ultimo libro sul proprio rifiuto della morte, mentre alla fine sembra averci fatto pace, al punto da riuscire a trasmettere questa dimensione interiore alla figlia di Martha, che pare sopravvivere nelle due donne. Assistiamo quindi a tre percorsi di crescita: della suicida, che se ne va sentendosi amata e muore vestita come se andasse a una festa, più amante della vita che mai; dell’amica che le sta vicina quanto più non si potrebbe e arriva così ad accettare quella che Heidegger definiva “la nostra possibilità più propria”; di Michelle, che recupera quella madre la cui esistenza pensava non la riguardasse. È un film intellettuale, con vari riferimenti cinefili e culturali, la cui tesi centrale è però l’umanissima affermazione che solo attraverso Eros si può vincere Thanathos, si tratti del sesso vissuto in situazioni di guerra o della prossimità di un’amica che, per non lasciarci soli, è disposta a convivere con la sua paura più profonda. Lo trovo impeccabile, come la sua fotografia, profondamente Almodovariano nella sostanza, anche se privo della consueta esuberanza del regista spagnolo 

Marco Massara

Jolly

un Almodovar  più “tranquillo”( e questo non piacerà a tutti) ci porta  a sottolineare l’importanza delle relazioni, sia nella vita quotidiana che sulle questioni fondamentali. L’importanza nel saperle costruire e manutenerle è il senso che il film ci vuole trasmettere, con una trama compatta e forse un po’ prevedibile, termine che per  Almodovar sa di novità.

 

Ho trovato un Almodovar maturo e pienamente consapevole della psicologia femminile, mentre ci offre il ritratto di due donne dalla personalità complessa, realizzate nella vita ma totalmente sole, senza un contorno familiare, che si danno totalmente l'una all'altra.

Martha, abituata a non dipendere da nessuno, ad affrontare situazioni pericolose e a godere dei momenti più rischiosi della sua carriera, decide di appoggiarsi all'amica e di chiedere il suo aiuto.

Ingrid, occupata nella promozione del suo ultimo libro, accetta di dedicarsi agli ultimi giorni di vita della sua amica, analizzando da scrittrice gli stati d'animo che ne conseguono.

Profondi e coinvolgenti i dialoghi fra le due donne, entrambe bravissime.

Anche le location aumentano il piacere della visione di questo film.

In complesso meno colori rutilanti e più intimismo in questo ultimo lavoro del bravo regista spagnolo.

Maria Cristina Cinquemani