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povere creature

 

da domenica 1 a venerdì 6 dicembre 2024  

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Povere creature!

regia di Yorgos Lanthimos

 

“Il settimo film del regista greco Yorgos Lanthimos, Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia e candidato a undici premi Oscar, è una stupefacente creatura ibrida, di bianco e nero e di colori saturi, di convivenze che stridono e passano sempre vicinissime al troppo senza mai esagerare, come le chimere al tempo stesso penose e adorabili che gironzolano per tutta la pellicola. Povere Creature!, tratto dal romanzo omonimo del 1992 di Alasdair Gray, è un viaggio che parte da una Londra gotica e steampunk, come si conviene piena di vapore, metallo e macchine bizzarre, e sgorga in un flusso travolgente e divertentissimo di libere associazioni senza morale — ma non immorali —, una mano giù a pescare nell’inconscio puro, senza simbolismi elaborati o sovrastrutture intellettuali da decifrare, più vicina al Lamento di Portnoy (Roth, 1969) che a Mulholland Drive (David Lynch, 2001), tra Frankenstein Junior (Mel Brooks, 1974) e il Tim Burton de La sposa cadavere (2005). Le vicende di Bella Baxter (Emma Stone), corpo di giovane donna suicida e cervello del feto che aveva in grembo, sono un delirio controllato di sadismo e creatività, che si trasformano lentamente nel racconto della lotta per liberazione morale e sessuale della donna attraverso i secoli. Bella, man mano che il cervello si sviluppa, impara a camminare e a conoscere il suo corpo da miserabile Lolita-Oggetto (...) Vederla donna con movenze da bambina ci spinge a immedesimarci nello sguardo di una serie di adulti confondenti, che distorcono la tenerezza e la seduttività del cucciolo fino ad abusarne, sfruttando perversamente i bisogni e la pulsionalità del polimorfismo infantile. Lanthimos in effetti fa ampio uso di un grandangolo deformante come fosse l’occhio di chi vede l’altro attraverso la bramosia del potere esercitato con il sesso, la conoscenza o la sopraffazione fisica. Povere Creature! è una storia geniale di orrori e di trasformazioni, raccontata attraverso i corpi e i sensi ancor più che con le parole; una storia di umanizzazione a mio parere più vicina nella sua essenza a una declinazione moderna e femminista di Pinocchio che al più citato classico di Mary Shelley.
Il creatore di Bella, Godwin Baxter (detto God, Willem Defoe), è un grottesco dottor Frankeinstein a sua volta abusato e distorto dal sadismo del padre scienziato. Ridicolo e ripugnante, è il primo adulto mancato della storia, mai del tutto cresciuto e colonizzato dalle intrusioni paterne, col destino già inscritto nel nome. Anche se non incapace di tenerezza, fino alla fine non riesce a distinguere tra conoscenza e amore e a malapena trattiene gli impulsi sessuali per la figlia-creatura. Bella è dunque creata orfana, costretta a nascere e crescersi da sola, appellandosi alla sua vitalità e curiosità per il mondo, imparando da sé a sfruttare i suoi “poteri”. All’inizio per difendersi e poi, col tempo e apprendendo dall’esperienza, per scegliere di chi e cosa circondarsi, in un percorso di emancipazione in cui si vede benissimo la psiche incarnarsi nel corpo, passo dopo passo, attraverso la scoperta del piacere e del dolore e fuori da ogni convenzione sociale. (…) Lanthimos getta un amo politico al tema del corpo e della soggettivazione femminile ma riesce a farlo senza la grevità del pamphlet moraleggiante, non perdendo mai la capacità di giocare trasformando, come un bimbo che inventa con la plastilina.(…) La protagonista cresce quindi sulla sua stessa pelle, creando, sgomitando e… (non oso inventarmi un verbo per dire che si fa largo attraverso la genitalità, ma di questo si tratta!), infine trasformando la passività in attività e rompendo la coazione a ripetere dell’essere trattata come un feticcio. In questo film c’è tantissimo da districare, ma su tutto prevale un inno alla libertà e alla diversità così come alla singolarità, intesi come antitesi della perversione, che livella tutti i rapporti e schiavizza la curiosità. Eppure, la perversione resta sempre sullo sfondo come tentazione costante, come in effetti emerge nella punizione-trasformazione finale del personaggio più negativo e in fondo motore primo del film, pur catartica e coerente con tutto il resto.”
Filippo Barosi, da spiweb.it

Giulio Martini

(domenica pomeriggio)

 Con una fantasmagorica dovrabbondanza di scenografie e costumi e con la semplice/diabolica  idea  dell' innesto del cervello /animo di una figlia  nel  corpo di sua madre il film documenta e denuncia il destino eterno  - vile e servile - delle donne, condannate da una sessualità sottomessa al maschio ed a una sorte  fatale  - non solo nella cultura  vittoriana - per cui  invita alla fine ad una legittima rivolta.
Eccessivo e dark per scelta sui versanti visivi e sonori,ma lucidamente ed ironicamente recitato da tutti gli interpreti, lo spettacolo sconvolge il pubblico, impreparato ad una favola così aggressiva e cinica,eppure così realistica e liberatoria.

Angelo Sabbadini

(lunedì sera)

Questa volta Lanthimos e il fido McNamara, grazie all’adattamento della graphic novel dello scozzese Alasdair Gray, si divertono assai. Costruiscono una spericolata favola gotica con al centro Bela Baxter (Emma Stone), versione femminile e femminista del mostro di Frankenstein. Con la scatenata eroina mettono in scena un Gran Tour distopico in cui il modello di riferimento è il cinema di James Ivory debitamente rovesciato di senso e di prospettiva. E poi caricano nell’impresa tutti i passeggeri possibili: l’horror, il cinema erotico, il romanzo di formazione, ecc. Ne risulta un caleidoscopio di suggestioni narrative, visive e sonore che prima stupisce e poi conquista i visionari del Bazin.

Marco Massara

(mercoledì sera)

-    A un bambino si concedono comportamenti anomali perché non ha autocontrollo
-    Se un bambino prova piacere lo pratica senza considerare le ricadute etiche e di costume.
Su questi assiomi l’analisi del film rivela il senso ultimo del film, passando per comportamenti a volte incoerenti ed altri assolutamente determinati,i per arrivare ad una ipotesi accettabile di emancipazione e autodeterminazione femminile.
Visionarietà ed eccessi sono la base su cui lavora Lanthmos, senza mai stordire lo spettatore, ma semmai affascinandolo progressivamente.
Emma Stone straordinaria.

Giorgio Brambilla

(venerdì sera)

Povere creature racconta il cammino d’emancipazione di una donna che in teoria sarebbe una specie di mostro, in pratica risulta essere molto meglio di tutti gli esseri cosiddetti normali che la circondano. Corpo adulto con un cervello da bambina, sorta di creatura di Frankenstein, si forma divenendo una persona consapevole e libera, superiore ai tre uomini che cercano di farne quello che desiderano, tutti a loro modo malati di qualcosa: God (win) di fiducia esagerata nella scienza, quella stessa per cui suo padre ne ha fatto un mostro in primis; Duncan di dipendenza dal sesso, del quale esalta la libertà, salvo non riuscire ad accettare quella di lei; e il generale Blessington di pretesa di possesso, il peggiore dei tre. Nata Victoria, recante quindi in sé il nome che caratterizza un’epoca di perbenismo ipocrita, diverrà Bella, di nome e di fatto, e giungerà alla maturità attraverso la ricerca del piacere e l’accettazione del dolore; il suo candore infantile si trasformerà in capacità di autodeterminarsi restando fedele a se stessa e ne farà una creatura simile al film che la racconta, eccessivo ma affascinante da ogni punto di vista

Guglelmina Morelli

(Jolly)

Tipico film divisivo: o piace o lo detesti, senza via di mezzo. Appartengo alla seconda schiera, da anni, da quando mi capitò di vedere Kinetta e Kinodontas: li giudicai eccessivi, disturbanti, sostanzialmente noiosi. Lo stesso mi accade anche per questo ultimo, che riprende uno dei motivi tematici di Kinodontas (un padre rinchiude i figli in casa per evitare loro il contatto col mondo) ma si differenzia per la prolissità della vicenda, per le scenografie (grottesche, eccessive, il sogno di un folle o di un gran burlone, sostanzialmente ridicole) e per la valanga di denari che devono essere costati i costumi, i costumisti, i truccatori e i tecnici di computer grafica. Inutile, sconclusionato, talvolta il registra dà la sensazione di non credere neppure lui alla sua storia e, quindi, di prenderci vagamente in giro. Si salva la Stone, così fuori ruolo da risultare magnifica, inutile la divina Hanna Schygulla, qui però non metaforicamente “sulla riva del Nulla”. Considerazione finale: checché se ne dica, il cinema è Hollywood e nessuna produzione nazionale può competere con la sua potenza di fuoco. Infatti il nostro Lanthimos ricorda la Grecia solo perché un cliente di Bella in versione prostituta ne parla. In Grecia il film più visto e premiato (e che mai vedremo, cfr sopra) si intitola L’assassina, trae spunto da un racconto di Papadiamantis, un contemporaneo di Verga, è girato nelle campagne del Mani, Peloponneso. Andateci, nel Mani: ve ne innamorerete (il racconto è tradotto in italiano, leggetelo, vi innamorerete anche di quello per la sua straordinaria modernità.)
Maria Cristina Cinquemani
Nonostante i premi e le ottime critiche che questo film ha ricevuto non riesco a farmelo piacere.
Bellissime certe immagini fiabesche, bravissimi Dafoe, Ruffalo e la Stone, ma troppo gotica la narrazione e troppo piena di tutto: dalle scene di sesso a quelle di sadismo, dagli squartamenti ali esperimenti di trapianto. Non vi ho trovato neppure una gran difesa della emancipazione femminile.
Del resto non possiamo avere tutti gli stessi gusti.