Titolo

Cento domeniche

 

da domenica 19 a venerdì 25 ottobre 2024   

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Cento domeniche

regia di A.Albanese

 

“E’ proprio di fiducia che Cento domeniche parla: quella con cui Antonio mette in mano il suo futuro a persone che dovrebbero tutelare i suoi interessi, e non solo i propri. Perché le brave persone come lui appartengono ad un mondo antico in cui la solidarietà e l'aiuto reciproco erano moneta corrente, e la parola data era oro. Nella prima parte del film quel mondo sembra ancora vivo: compagni della bocciofila, colleghi affettuosi, persino un datore di lavoro bonario che gli lascia in gestione un orto e un pollaio (dopo però averlo prepensionato per suo comodo). Ma a poco a poco quel mondo viene sostituito da personaggi che sembrano gli alieni di L’invasione degli ultracorpi rotelle dell'ingranaggio più o meno consapevoli. Un ingranaggio che stritola gli indifesi - i pensionati, i giovani, le donne - lasciando "viaggiare" solo i pochi potenti. Albanese come sempre è magistrale nell'incarnare l'uomo comune, quello che ci rimette perché è in buona fede, che mostra empatia e attenzione (spesso non reciprocata) verso gli altri. Nella prima parte i dialoghi sono eccezionalmente precisi e credibili, mentre diventano più forzati nella seconda parte, forse perché lì Albanese deve raccontare persone molto lontane da lui, e moralmente incomprensibili. Ma i suoi incontri con la madre, interpretata da una monumentale Giulia Lazzarini, sono pieni di verità e infine di strazio. (…) Dal punto di vista della regia Cento domeniche (quelle in cui Antonio ha lavorato per tutta la vita) è convenzionale, quasi scolastico nelle transizioni fra una scena e l'altra, ma ha anche intuizioni bellissime e in qualche modo visionarie: la silhouette della madre di Antonio dietro la porta a vetri, la bambina che gioca a nascondino e gli fa segno di tacere. Al prossimo film speriamo che dia più ascolto a quelle intuizioni e si preoccupi di meno che tutto torni.”

Paola Casella, da mymovies.it

 

Giulio Martini

            (domenica pomeriggio)

Un film onesto, nonostante qualche scricchiolio - in termini  di verisimilianza - della situazione, dove un asciutto  Albabese affronta un tema quasi tabu' per il cinema : la finanza ( il termine deriva da...fiducia !) per dirci del ruolo essenziale  della con - fidenza e della reciproca af-fidabilità  nei rapporti quotidiani, che hanno i loro momenti cruciali nel matrimonio ( scambio delle fedi ) o nel consegnare tutti i propri averi al qualcuno.

Effetto "familiarità" sugli spettatori  lombardi,ormai rassegnati a continui  ritratti deprimenti al cinema del loro rapporto tormentato con i dane'.

 

 

 

 

Angelo Sabbadini

(Lunedì sera)

Coraggioso l’uomo d’acqua dolce! Affronta di petto un tema da cui il cinema italiano si è tenuto accuratamente alla larga: il default delle banche. E lo analizza in modo informato grazie alla collaborazione di due figure centrali: il giornalista Marino Smiderle che ha scandagliato il fenomeno e la psicologa Emilia Augelli che ha aiutato i risparmiatori truffati. Questo basta a fare di Cento Domeniche un film riuscito? No di certo perché poi c’è il cinema con le sue leggi inesorabili. E qui i visionari del Bazin sono unanimi nel sottolineare come la seconda parte del film sia troppo frettolosa e lavori troppo poco sul dramma di Antonio. Un difetto di sceneggiatura e di regia che limita le ambizioni della quinta regia di Antonio Albanese.

 

Guglielmina Morelli

(mercoledì sera)

Certo, il focus del film è sui colpevoli fallimenti bancari che hanno rovinato piccoli risparmiatori. Ma anche su un lavoratore orgoglioso di essere un ottimo operaio, uno che fa bene il suo mestiere. Un boomer, come si dice con una punta di disprezzo, che sembra vivere in un passato di tradizioni, abitudini e mentalità. Non si accorge che è fuori tempo, che il lavoro è cambiato, la sua abilità è inutile e la sua fiducia negli altri pericolosa. Il film procede con la lentezza della vita, del succedersi delle generazioni: sono i mutamenti (in peggio, direi) della società a sconvolgere e annientare il protagonista. Forse solo per questo (e per una mostruosa Giulia Lazzarini) darei un bel verde.

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

(Venerdì sera)

 

 

 

 

 

 

 

Antonio Albanese ci racconta la storia di un uomo con una vita dignitosa che viene improvvisamente devastata da un investimento suggeritogli dalla sua banca, della quale si fida completamente. Così perde quasi tutto il suo denaro, e realizza pure di essere stato tradito in molti modi, dalla banca, dal suo capo e dall’amante. I compagni di bocce vanno per aiutarlo, ma anche a rimproverarlo per la sua ingenuità; sembra di vedere la scena di Giobbe con i suoi teorici amici venuti a consolarlo. Anche la psicoterapia non è in grado di sostenerlo davvero, poiché ovviamente non può aiutarlo materialmente. Rischiando di diventare un peso per l’amatissima figlia, preferisce farla finita. Una tragedia che tanti hanno vissuto nel nostro paese, e che ci viene illustrata attraverso la storia esemplarmente tragica di un uomo per bene raggirato e distrutto da un sistema che tutela sempre chi di protezione ha meno bisogno. Il regista abbandona completamente lo stile comico che lo ha reso famoso, risultando comunque adeguato nella sua semplicità, creando un’opera moralmente specchiata, come il protagonista al quale presta il proprio corpo

 

 

 

Marco Massara

(jolly)

Il cinema italiano frequenta poco i filoni della finanza e dei drammi aziendali. Eccezione significativa è l’ottimo ed inconsueto (anche per il regista) “Il capitale umano” di Paolo Virzì che ispira un po’ “Cento domeniche”, anche se con finali profondamente diversi. Se il lessico lombardo mette lo spettatore a suo agio, la discesa all’inferno finanziario del protagonista non può non trasmettergli un retrogusto sicuramente angosciante.

Il film sviluppa anche un interessante secondo livello di lettura: quello del confronto generazionale tra quella delle “Cento domeniche “ di straordinari per finanziare il matrimonio della figlia e quella cavallo tra spigliatezza, cinismo e ‘pelo sullo stomaco’ dei giorni nostri.

Qualche incertezza di sceneggiatura nella fase iniziale ed il personaggio dell’amante abbandonato in maniera troppo rapida e superficiale sono peccati veniali di un film che fa riflettere.