Oppenheimer
da domenica 19 a venerdì 24 maggio 2024
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O P P E N H E I M E R
REGIA DI CRISTOPHER NOLAN
IO CAPITANO
“Gocce di pioggia sollevano increspature sull'acqua di una pozzanghera: si apre così Oppenheimer, su quello che diventerà un motivo figurativo ricorrente, ripreso per esempio mentre il protagonista guarda una mappa e immagina la caduta di bombe atomiche sulle città, le cui esplosioni sollevano increspature come la pioggia dell'incipit. In mezzo c'è un episodio enigmatico, un breve incontro con Einstein che appare come un affronto agli occhi dell'egocentrico Lewis Strauss. Questi è una figura poco geniale ma con manie di grandezza, che sta a Oppenheimer come Salieri stava a Mozart. Il vero significato di quella sorta di Rosabella che è la conversazione con Einstein si aprirà solo nell'epilogo, quando alla reazione a catena acquatica dell'incipit risponderà un tripudio di fuoco. (…) La circolarità tanto cara al regista dunque non manca e neppure la grandiosità. Il primo film in cui è stata utilizzata pellicola in bianco e nero IMAX 70mm. andrebbe infatti visto in una sala consona, che purtroppo in Italia continua a non esistere. (…) Pur con le sue imperfezioni, che in fondo la rendono anche vitale nonostante l'approccio freddamente calcolato di Nolan al cinema, Oppenheimer è un'opera nel complesso affascinante, complessa e stratificata. Tratta dalla biografia del 2005 "Prometeo americano" di Kai Bird e Martin J. Sherwin, è una pellicola per nulla facile per la sbalorditiva quantità di dettagli storici e di personaggi coinvolti, ma sorretta da un cast stellare.”
Andrea Fornasiero di mymovies.it
“Non credo davvero che sia questo il vero Nolan. Più correttamente: è forse il Nolan che ottiene e otterrà lo universal acclaim ma non quello che merita di essere definito un autore (sempre che la definizione, qui e ora, abbia ancora un senso univoco e condiviso). L’Autore Nolan, semplificando molto ma non troppo, è quello che sviluppa un'idea /soggetto/sfida e cerca le modalità specificatamente cinematografiche più adatte a realizzare quest’idea/ soggetto/sfida (…) L’Autore Nolan è quello che inventa congegni narrativi e spiega agli spettatori come funzionano, trascinandoli quasi nel processo creativo. E dell’Autore Nolan, in Dunkirk prima e in Oppenheimer adesso, c’è poco. E il poco che c’è potrebbe (dovrebbe?) anche non esserci. Per converso, l’Autore Nolan non è un grande sceneggiatore. Di fatto, direi che è più un grande soggettista incapace poi di scrivere personaggi e dialoghi credibili e/o profondi (…) Oppenheimer è, insomma, un brutto film? Non esattamente. si potrebbe concludere dicendo che Oppenheimer è il Nolan che il grande pubblico e l’Industria Cinema merita(no) ma non quello di cui la Storia Del Cinema ha bisogno.”
Gianluca Pelleschi da Spietati.it
“Basandosi sulla fluviale e dettagliatissima biografia di Kai Bird e Martin J. Sherwin (American Prometheus, Premio Pulitzer nel 2006), Nolan rompe come di consueto ogni linearità d’azione e intreccia tre linee temporali nella vita del “padre della bomba atomica”: nel 1942 Robert Oppenheimer (Cillian Murphy nel ruolo della vita) è incaricato dal generale Leslie Groves (Matt Damon) di guidare il Progetto Manhattan per arrivare alla costruzione di una bomba a fissione nucleare prima della Germania nazista; nel 1954 la Commissione per l’Energia Atomica interroga Oppenheimer sulle sue passate frequentazioni con il partito comunista americano e sulla sua attuale ritrosia alla sperimentazione della bomba a idrogeno; infine, nel 1959, il segretario al commercio Lewis Strauss (Robert Downey jr.) viene ascoltato in varie audizioni del Senato americano sui suoi rapporti con Oppenheimer e su presunte manipolazioni di molte verità per meri fini personali (prima che ideologici). In queste tre linee temporali incontriamo decisivi personaggi storici (interpretati da un numero impressionante di divi, difficili anche da nominare in una singola recensione) che strutturano un mosaico stilisticamente e narrativamente troncato in due da un evento. O meglio, dall’Evento per antonomasia. La detonazione del primo ordigno nucleare della storia, il Trinity test del 16 luglio 1945 nel deserto di Los Alamos, esperimento che non solo cambierà il corso della Seconda guerra mondiale “ma cambia definitivamente il mondo” (come sintetizza il fisico danese Niels Bohr interpretato da Kenneth Branagh).
Ecco il perfetto algoritmo nolaniano: tre linee temporali orizzontali (la scienza, il potere, la redenzione) e due blocchi verticali (divisi dalla bomba come rivelazione di un nuovo ordine mondiale). Nella notevole prima parte del film Nolan concepisce ogni inquadratura come estensione dello sguardo di un geniale fisico-teorico che utilizza la sua conoscenza per disarticolare la materia (decisivo in tal senso l’utilizzo della pellicola 70mm IMAX) riportandola a pura radiazione elettromagnetica (quindi a particelle di luce) con effetti di polverizzazione del visibile. (…) Lo spettacolo terribile del primo esperimento atomico, con la costruzione di un enorme set a Los Alamos e poi con la detonazione dell’immagine mancante della modernità, porta con sé i fantasmi in fuori campo dell’indicibile apocalisse di Hiroshima e Nagasaki. Ed è questa la parte più libera e densa del film di Nolan, con le auricolarizzazioni interne di un personaggio che fa esplodere continue bombe emotive represse. (…) Con Robert Oppenheimer sempre più in bianco e nero, roso dal senso di colpa e in cerca di redenzione (“i fisici hanno conosciuto il peccato e da questa consapevolezza non potranno mai liberarsi”). E con gli equilibri narrativi sbilanciati verso il thriller politico sui fantasmi del maccartismo nel quale solo la moglie Kitty Puening e il ricordo amoroso di Jane Tatlock (interpretate rispettivamente da Emily Blunt e Florence Pugh, bravissime entrambe) riescono a preservare l’ultimo afflato umanista. Questa è la parte più tradizionalmente nolaniana, geometrica, fredda, che tende a costruire con pazienza un the prestige narrativo custodito sin dalle prime inquadrature dal mentore Einstein. Ci risiamo, certo. Ma questa volta il discorso filmico del regista-prestigiatore-demiurgo è un po’ meno ingombrante del solito, perché è la densità della materia narrata a garantire la nostra aderenza emotiva.
Concludendo, con i suoi pregi e difetti, Oppenheimer è un film importante per il XXI secolo ed è probabilmente il film più riuscito di Christopher Nolan. Un film costruito su uno squilibrio narrativo e formale sin troppo pensato (e dialogato…) ma che sa cogliere in maniera lucidissima il perturbante balenare della bomba nella storia (e nelle storie) come rottura del tempo lineare e creazione di un nuovo cyberspazio. Nuovi colori, umori e formati dell’immagine che ridisegneranno i confini visibili del mondo tra orizzonti utopici e previsioni distopiche, fusioni fredde di estatica rivelazione e guerre fredde di lugubre manipolazione. Insomma, Cillian Murphy/Robert Oppenheimer chiude gli occhi e interroga urgentemente il nostro presente… per un film del 2023 non è certo una cosa da poco.”
Pietro Masciullo da sentieriselvaggi.it
Giulio Martini (domenica pomeriggio) |
Strabiliante rievocazione del tormentato scienziato ebreo, che voleva sconfiggere i demoni nazisti ma poi temette l'Apocalisse. I problemi più ardui e astratti delle teorie fisiche del '900, le complesse relazioni interpersonali, i labirintici intrighi politici ed i rebus morali si accavallano e scavalcano in un racconto montato "alla Nolan", con immagini splendide e dialoghi spinosi. Tre ore appassionanti di cinema.
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Angelo Sabbadini (lunedì sera) |
Bella la stagione di cinema che abbiamo vissuto al Bazin ! Si chiude con un campione: Christopher Nolan. Il regista inglese mette alla frusta gli aficionados del cineforum con la sua ardita scomposizione della linearità degli eventi. Costringendo così il pubblico in sala a confrontarsi con il loro significato, più che con il loro sviluppo. Idea geniale che conduce gli spettatori nella mente di Oppenheimer (Cillian Murphy). Quest’ultimo è di gran lunga il personaggio più ambiguo della filmografia di Nolan. Oppenheimer infatti non è uno scienziato che ripudia il suo lavoro, opta invece per il suo contenimento, diventando, come è stato osservato, il primo tecnocrate della Storia. |
Guglielmina Morelli (mercoledì sera) |
Tra rutilanti colori, stupefacenti effetti speciali, musiche fragorose, andirivieni temporali, ottima recitazione, Nolan, che è uno bravo, ci ammansisce un film monstre. Al termine però, invece di entusiasta meraviglia, ho provato un disagio sottopelle, intenso e fastidioso. Perché, mi sono chiesta. Perché è prolisso, noioso e scontato nei personaggi e nei passaggi chiave della storia? Perché Einstein è ridicolo e sembra quello che fa la pubblicità ad un supermercato? Perché asseconda il luogo comune dello scienziato matto? Tutto vero, ma troppo poco. Perché non problematizza nessuna tra le infinite questioni legate all’atomica? Ma è solo un film, non un trattato di morale o di filosofia della scienza. Perché dobbiamo gioire per un lieto fine perché a Oppenheimer viene finalmente resa giustizia? E già qui le cose si complicano. Perché i cattivi sono i politicanti arrivisti e i loro tirapiedi? Perché chi è davvero un patriota è americano (e viceversa)e russi (ugualmente bolscevichi e anticomunisti), tedeschi, inglesi e altra umanità sono crudeli oi nfidi? E questa spiegazione mi piace di più. Perché è un film smaccatamente patriottico e ideologico, come non se ne vedeva da anni (ah, la falsa coscienza che non mette in discussione la narrazione americana circa la scelta di sganciare non una ma due bombe su un Giappone sconfitto, giusto perché faceva brutto provarla direttamente sui sovietici, i cui scienziati però erano così tonti da costruire la bomba solo grazie ad una spiata di un anglo-tedesco)? Non so, non ho ancora deciso e quindi mi fermo qui.
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Giulio Martini (venerdì sera) |
Giulio ha sostituito Giorgio |
Marco Massara (Jolly) |
“le dimensioni contano” diceva il trailer di Gozilla. E in effetti ogni tanto realizzano oggetti cinematografici poco maneggevoli. Molto interessante il modo in cui Nolan costruisce la narrazione della prima e nella terza delle parti in cui il film è strutturato: una narrazione che ‘avvolge’ lo spettatore consapevole del fatto che non riesca a recepire ed organizzare tutte le informazioni che gli vengono trasmesse e che costruisce un ‘modello’ di Oppenheimer sostanzialmente definito, anche se incompleto. (del resto anche la teoria quantistica “non arriva fino in fondo” Cit.) In mezzo Nolan ci mette la cronaca del “Trinity test” in una forma classica, quasi fumettistica e avvincente al punto giusto. Lo spettatore esce con una idea del protagonista abbastanza solida, ma anche con una sensazione di un certo sovraccarico. Io lascerei un lenzuolo appeso ad asciugarsi……..
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