Holy spider
da domenica 11 a venerdì 16 febbraio 2024
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HOLY SPIDER
REGIA DI ALI ABBASI
“Siamo a Mashhad, seconda città più grande dell'Iran e importante sito religioso. Nel 2000, un serial killer locale inizia a prendere di mira le prostitute per strada, strangolandone diciassette dopo averle attirate una ad una a casa sua. La stampa lo chiama "il ragno", e tra i giornalisti che coprono il caso c'è Rahimi, una donna che viene da Teheran e si mette sulle tracce dell'assassino. (…)
Il thriller e in particolare il sottogenere relativo agli assassini seriali si arricchiscono con Holy Spider di un esemplare affascinante, che grazie al cinema "ibrido" dell'autore di sensibilità europea Ali Abbasi mescola spunti narrativi familiari al grande pubblico con una proficua esplorazione della misoginia radicata nella società iraniana. Il risultato è un'opera lucida e metodica che non somiglia a nessuno dei suoi ingredienti.
Abbasi si era fatto notare nel 2018 con il film svedese Border, mentre qui torna ad avere a che fare con l'Iran che gli ha dato i natali. Proprio all'epoca dei fatti, Abbasi stava per lasciare il suo paese e iniziare il percorso che l'avrebbe portato a stabilirsi in Svezia e poi in Danimarca. (…) Abbasi conosce l'importanza di una regia d'effetto, e lavora in modo impeccabile sulla fotografia e soprattutto sulle musiche, poco legate al luogo e che dunque contribuiscono al paradosso di una storia ultra-specifica nel contenuto ma al tempo stesso ibrida e non del tutto identificabile nella forma.”
Tommaso Tocci da mymovies.it
Giulio Martini (domenica pomeriggio) |
colpo di ariete frontale non solo contro il potere politico iraniano ma addosso a tutta la mentalità del Paese sui temi della concezione e ruolo della donna, del funzionamento della Polizia e dei Tribunali, della condizione della libertà di opinione e di stampa. Pur mutuando modelli occidentali, conserva il timbro e le genuine tonalità civili del più recente cinema persiano, che non smette di stupire per la sua determinazione ed il suo coraggio.
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Angelo Sabbadini (lunedì sera) |
Reduce dal convincente Border Al Abbassi si presenta al Bazin con Holy Spider presentato a Cannes nel 2022. L’intento programmatico è ambizioso: contaminare il genere noir con una vicenda tragica della cronaca iraniana. Chi ha avuto la possibilità vedere su YouTube l’inquietante documentario di Maziar Bahari And Along Came a Spider sa di cosa si tratta. Al Abbassi comunque ricostruisce con puntualità gli accadimenti e irretisce lo spettatore in una tela narrativa disturbante e paranoica. Se la parte dell’investigazione risulta efficace l’epilogo processuale sembra però procedere con eccessiva sintesi. Ne risulta un’opera diseguale di un giovane autore che merita attenzione. |
Guglielmina Morelli (mrcoledì sera)
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Film a due facce (oppure va bene anche "il film ha due facce"): ora requisitoria contro le vessazioni che le donne devono subire in Iran, ora giallo perfettamente costruito con i meccanismi più collaudati della cinematografia (e della TV) occidentale (che non elenco, pena la trasformazione delle "tre righe" in "tre volumi"). Si può abbracciare e difendere l'una o l'altra tesi portando significative pezze giustificative che possono però essere comodamente smontate. Faccio un esempio: la protagonista è stata licenziata perché non cedeva sessualmente al proprio capo; si tratta di un episodio tipico del fondamentalismo isalmico oppure è comportamento più o meno universale di certa mascolinità? I deliri religiosi che sfociano in omicidi sono comuni solo dalle parti di Mashad oppure li troviamo anche ben più vicino a noi? La protagonista pretende la fustigazione del condannato a morte: per giusta vendetta "islamica" o per rispondere a un rigore personale tutto occidentale? E così via. Però non male, nel complesso. |
Rolando Longobardi (venerdì sera) |
un film disturbante e claustrofobico quello di Abbasi, capace di far emergere le contraddizioni di una società iraniana, dove ad emergere deve essere la violenza di stato e non quella individuale. bella e positiva la figura femminile, che emerge soprattutto nella figura della giornalista, vittima ma anche in un certo senso carnefice. bello anche il simbolismo del velo che copre i cadaveri ma nello stesso tempo uccide anche se non toglie la dignità.
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Marco Massara (Jolly) |
Ho sempre avuto scarsa simpatia per i film che cambiano bruscamente registro narrativo e drammaturgico, mentre mi sono sempre piaciuti quelli che ‘cambiano pelle lentamente e progressivamente. Qui abbiamo all’inizio gli stilemi di un thriller all’occidentale in cui il regista si muove bene, poi si ricorda della condizione iraniana tra misoginia e sospetto reciproco degno della migliore Stasi, ma lo fa senza la stessa convinzione. Infine imbocca la strada del legal movie compresa capovolta finale con l’effettiva esecuzione del ‘colpevole’ facendo saltare gli accordi della sua liberazione sotto banco Insomma un film ondivago e in più con un doppiaggio decisamente migliorabile |