Titolo

Il signore delle formiche

 

da domenica 22 a venerdì 27 ottobre 2023

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IL SIGNORE DELLE FORMICHE

REGIA DI GIANNI AMELIO'

 

“Un caso di cronaca mostrato come un torbido noir. Sono le stesse atmosfere che attraversano il cinema di Gianni Amelio quando emerge, sottotraccia, la violenza dei poteri dello Stato come in Porte aperte. Sotto certi aspetti, i due film sono quasi speculari. In Porte aperte Tommaso Scalia chiede di essere fucilato così come in Il signore delle formiche Braibanti dice che non c’è niente da cui si deve difendere. C’è rassegnazione, sfiducia, debolezza. E la figura del giornalista de L’Unità Ennio, interpretata da Elio Germano, richiama direttamente quella del giudice Di Francesco interpretato da Gian Maria Volonté in Porte aperte. Da una parte l’Italia degli anni Trenta, dall’altra l’Italia degli anni ’60. Nulla sembra cambiato però nella rappresentazione del cinema regista di un paese dove prevalgono ottusità e discriminazione, dove i giudizi sono nascosti nei silenzi e amplificati dagli sguardi o nella risata chiassosa di un avvocato.

Liberamente ispirato ai fatti accaduti in Italia negli anni ’60, Il signore delle formiche ha come protagonista il drammaturgo e poeta Aldo Braibanti che era stato condannato a nove anni di reclusione con l’accusa di avere plagiato, sia dal punto di vista fisico e psicologico, un ragazzo poco più che maggiorenne che poi è stato rinchiuso dalla sua famiglia in un ospedale psichiatrico.

Amelio porta sullo schermo una storia a più voci dove il punto di vista dello spettatore sul protagonista s’incrocia con quello degli altri personaggi. Parte sulle rive del Tevere, quasi un Riso amaro con Germano con cappello in testa che, fisicamente, sembra uscito da un post-noir italiano del dopoguerra, segue la ricostruzione di quel decennio con la meticolosità di Così ridevano dove però non è il set a prevalere sulla storia. Amelio si approccia al caso del protagonista, già portato sullo schermo dal bel documentario Il caso Braibanti di due anni fa, unendo una meticolosa ricerca di materiali evidenziati dalla sceneggiatura scritta con lo stesso regista assieme a Edoardo Petti e Federico Fava (…) Prima delle mura del carcere, sono proprio le strade, il clima dell’Italia di quegli anni ad essere soffocanti. A tratti è trattenuto (il dettaglio delle formiche del titolo) ma forse serve per far uscire alla distanza la figura di Braibanti, che poteva anche arrivare dal cinema di Visconti di cui si sentono le tracce nella scena del casale. Si vede quando litiga su Il disprezzo di Moravia, quando libera il malessere e la gelosia nel piano-sequenza in cui cerca Ettore, nelle sue foto segnaletiche e impronte digitali dove da quel momento la sua figura resta sul confine tra ricostruzione e verità da far tornare a galla. Luigi Lo Cascio sembra uscito da Bellocchio ma anche Elio Germano offre una prova di alto livello. Amelio ritrova la compattezza ma anche la passione della sua filmografia migliore, soprattutto quando dalla cronaca sprigiona il suo cinema nel raccontare l’Italia come aveva fatto con il terrorismo in Colpire al cuore.”

Simone Emiliani da sentieriselvaggi.it

Giulio Martini

(domenica pomeriggio

 con una appassionata difesa - per interposta persona - della propria sensibilità gay Amelio realizza uno dei suoi film più intensi. La carica civile della protesta non soffoca la vera tematica: il tentativo di raccontarsi a lungo nelle emozioni profonde, nel disagio sociale, nelle sublimanti aspirazioni artistiche.

Rabbioso verso l'ideologia marxista, censoria della emotività individuale, astioso contro il perbenismo emiliano di marca religiosa, il film è 

sincero, disperato, coinvolgente.

 

 

Angelo Sabbadini

(Lunedì sera)

È stato Marco Bellocchio ad offrire a Gianni Amelio l’opportunità di ridare corpo a una pagina nera della cronaca italiana affogata nel lontano 1968. Al centro Aldo Braibanti (1922/2014) scrittore e drammaturgo caro a Carmelo Bene e a una ristretta accolita di intellettuali. Amelio, che in gioventù aveva assistito al processo contro Braibanti, ha accettato di buon grado la consegna. Il risultato è però diseguale: il film è appesantito da un approccio eccessivamente didascalico che spesso cozza con la volontà di farne un melodramma. Alcune sottolineature appaiono poi gratuite come la stilettata contro Maurizio Ferrara che in realtà scrisse sull’Unità un appassionato editoriale in difesa di Braibanti.

 

 

Carlo Caspani

(mercoledì sera)

Gianni Amelio dedica ad Aldo Braibanti, intellettuale, autore letterario e teatrale e studioso delle formiche (insetti sociali e politici) un'opera particolarmente sentita, a tratti romantica, sofferta e disturbante. Così non ridevano gli omosessuali, altro che gay, negli anni del boom e oltre: e se Amelio sostiene che, al netto di correttezze lessicali e regole formali, la situazione nei confronti dei "diversi" non sia tanto cambiata, il film gira soprattutto nella prima parte seguendo stile e argomentazioni alla Marco Bellocchio, cui si devono progetto originale e produzione, poi accentua una serie di dualismi contrastanti ed efficaci: campagna e città, madri affettive e bigotte ,fratelli rivali minati dall'invidia l'uno dell'altro, clericalismo d'altri tempi e laicismo a marce ridotte del Grande Partito dei Lavoratori (un PCI ancora distante dalle battaglie sociali degli anni 70). Pubblico attento e partecipe, tre quarti d'ora di dibattito: evviva, e grazie

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

(venerdì sera)

Gianni Amelio racconta la storia di un intellettuale omosessuale degli anni ‘60 mettendolo in netto contrasto con la società perbenista dell’epoca: un uomo certo non simpatico ma speciale, contro una società miope e omologata, i cui rappresentanti non riescono neppure a capire che curare la devianza sessuale di una persona con l’elettroshock vuol dire usare un rimedio peggiore del male. D’altronde se si vive di pregiudizi, religiosi, perbenisti o intellettuali che siano, non si può davvero comprendere la realtà, e persino la testimonianza di Ettore, che vorrebbe essere difensiva, peggiora la situazione, in quanto viene interpretata come frutto del plagio che si sta cercando di dimostrare. Certo il film sembra creare una contrapposizione semplicistica, dato la differenza di profondità umana delle parti coinvolte. D’altra parte rende bene la sensazione di accerchiamento che doveva (deve!) provare una persona omosessuale in una società dove le voci più forti del dibattito sono violente, sprezzanti o, se va bene, ottusamente benintenzionate

 

Marco Massara

(Jolly)

Alla fine della visione si sente il bisogno di aria fresca, probabilmente rappresentata personaggio abbozzato della ragazza attivista, perché la situazione morale che Amelio porta sullo schermo è opprimente ed asfissiante.

Aver deciso di portare sullo schermo una vicenda di omosessualità in un tempo in cui il tema è apparentemente omologato se non insistentemente proposto, sovrapponendovi la propria vicenda personale e ricostruendo con precisione ed efficace l’insostenibile pesantezza di quegli anni, al di là di qualche dovuta perdita di ritmo nella ricostruzione delle fasi processuali, è un’opera di alto impegno civile e morale.