La diva Julia

(Being Julia, 2004) 

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Il cast (torna su)

Regia: 
István Szabó

Sceneggiatura:
Ronald Harwood

Attori: 
Michael Gambon .... Jimmie Langton
Annette Bening .... Julia Lambert
Leigh Lawson .... Archie Dexter
Shaun Evans .... Tom Fennel
Mari Kiss .... Mr. Gosselyn's Secretary
Jeremy Irons .... Michael Gosselyn
Ronald Markham .... Butler

Prodotto da: 
Robert Lantos

Fotografia: 
Lajos Koltai

Montaggio:
Susan Shipton

Costumi:
John Bloomfield

Scenografia:
Luciana Arrighi

Musica:
Mychael Danna

Nazione: USA

Durata: 105'

La trama (torna su)

Storia d'amore e vendetta nella Londra anni '30. Una diva piena di successo e fama, Julia Lambert, si innamora perdutamente di un giovane americano, che scoprirà presto essere solo un arrivista.

La critica (torna su)

Corriere della Sera (6/11/2005)
Tullio Kezich
Nel 1933 William Somerset Maugham, fecondo drammaturgo oltre che popolare romanziere, smise di scrivere per il teatro. Non ancora sessantenne e destinato a sopravvivere altri 32 anni, si era convinto di aver perso l'indispensabile piglio giovanile. Tutto ciò che aveva assorbito nella sua lunga militanza lo travasò in «Theatre» (1937), un compendio di scienza del palcoscenico in salsa da romanzo rosa. Tradotto da Elio Vittorini, diventò «Ritratto di un'attrice» nella Medusa di Mondadori (1938): e fu un significativo cambiamento di titolo, al quale ne seguirono altri. Se infatti la commedia che Guy Bolton trasse da Maugham nel 1942 si chiamò ancora «Theatre» , lo stesso testo ripreso nel '50 diventò «Larger Than Life» (Più grande della vita). Fu un successo, ma niente a paragone di ciò che accadde in Francia nel '54, dove nell'adattamento leggerino di Marc Gilbert Sauvajon «Adorable Julia» Madeleine Robinson la recitò per oltre quattro stagioni (in Italia una Giulia insuperata fu nel '56 Andreina Pagnani). Lilli Palmer la portò sullo schermo, in coppia con Charles Boyer, nel film austro francese Giulia tu sei meravigliosa (1962) di Alfred Weidenmann. E poiché Adelphi ha riproposto il romanzo come «La diva Julia», questo titolo è stato attribuito da noi al film Being Julia di István Szabó, che ha meritato ad Annette Bening il Golden Globe e la nomination all'Oscar. Sette cambiamenti di intestazione rappresentano un record e vanno spiegati. L'intuizione «commerciale» di Vittorini di polarizzare la complessa materia del romanzo sulla figura dell'eroina è stata ripresa da tutti gli adattatori. Se nel libro troviamo l'intera storia del matrimonio fra Julia e Michael tra innamoramento e stanchezza, divagazioni e delusioni, commedie e film (incluso quest'ultimo) ritagliano soltanto l'amorazzo fra la protagonista e un giovane furfantello. Il quale non esita a tradirla con un'attrice debuttante sulla quale Julia si prende la sua rivincita in scena nella classica situazione tipo Eva contro Eva (Mankiewicz certo conosceva il testo di Maugham). Ciò che si perde nel quadro d'ambiente si recupera, in un buon film da «cinema di papà» , nell'incarnazione della Bening che ha l'età esatta del personaggio e l'aria di condividerne gli estri. La nota simpaticamente insolita è lo sfacciato buonumore che mettono a Julia le sue scappatelle erotiche. Purtroppo le figure del coro, a cominciare dall'impeccabile Jeremy Irons, non hanno abbastanza spazio. La cornice è accurata e plausibile, anche se Londra '38 è stata ricostruita a Budapest, e le musiche sono d'epoca: sui titoli di coda scivola suadente «Smoke Gets in Your Eyes».


il Manifesto (6/10/2005)
Roberto Silvestri
Aspettando Hotel, opera seconda, noir politico, di Jessica Hausner, austriaca, che ha studiato e ben assimilato cattivi maestri come Fassbinder e li saccheggia, già nelle sale c'è l'ultimo film, troppo ben vestito e pettinato, di un altro mitteleuropeo, Istvan Szabo, ungherese, il regista di Mefisto e Colonnello Redl, che stavolta lavora, alla James Ivory, sul romanzo di W. Somerset Maugham La diva Julia (che in realtà, già nel titolo originale, Theatre, non dissimulava supreme ambizioni, ed è pubblicato da Adelphi). Annette Bening, la diva, era quasi obbligata a conquistare almeno il Golden Globe: è lei Julia Lambert la più grande attrice del teatro inglese degli anni 30 del novecento, alle prese con la fase più delicata della sua vita e con una pièce difficile da maneggiare (visto che anche l'autore s'era smarrito). Nel mezzo del cammin della sua vita, così, Julia - un matrimonio finito con un impresario (che resta eccentrico e stravagante, però, è Jeremy Irons), un amante americano che ha vent'anni meno di lei, e i soliti complotti e coltelli volanti dei talenti emergenti che, da Eva contro Eva in poi, ben conosciamo e che lei sapeva fino ad allora scansare - sta proprio per essere travolta... Ma il finale, un happy end di rara sagacia compositiva, rimetterà tutte le cose a posto. Anzi le cambierà in meglio. Un vero augurio per le femministe (e per il resto del mondo civile) che vanno alla guerra domenica e lunedì prossimi. Merito di questo congegno sofisticato che John Cassavetes dovette studiare bene prima di darci uno dei suoi capolavori assoluti, La sera della prima che già ci dimostrava come per una mattatrice niente conta di più di un successo scenico travolgente, costasse pure la solitudine più disperata e aristocratica, e una birra. Il doppiaggio affidato a un'altra mattatrice della scena (Mariangela Melato) però scombussola. Due dive fanno meno di un personaggio.


Film TV (17/5/2005)
Enrico Magrelli
Istvàn Szabò. 67 anni, bravissimo regista ungherese, torna dopo «Mephisto» (1981) all'ambiente teatrale e alla sua star protagonista, ma senza politica: l'unico accenno sta nella data, 1938, vigilia della seconda guerra mondiale. A Londra una celebre e applaudita attrice teatrale sui quarant'anni s'annoia: il matrimonio è tedioso, il lavoro è monotono, libertà e amore e divertimento mancano. È la crisi dell'età di cui donne e uomini soffrono, da cui tutti cercano di guarire con la stessa medicina provvisoria ma efficace: l'eros, il sesso. L'attrice si innamora di un bel ragazzo americano, suo fan appassionato. La medicina sembra funzionare, dare vitalità e gioia. L'attrice, resa oblativa dall'amore, regala al ragazzo orologio e portasigarette preziosi, gli dà soldi, prima d'accorgersi che quello di lui è un rapporto d'uso, che intende sfruttarla per sé e per la carriera della sua ragazza. È un colpo che non avvilisce né mortifica l'attrice: la spinge invece alla vendetta e, aiutata dal grande talento, a una rivalsa che la riporta al centro della scena. Recita e salva la sua vita, vince l'infelicità per le insidie del tempo: recitare non altera ma rafforza l'esistenza. Brillante, spiritoso e non superficiale, tratto dal romanzo scritto negli Anni Trenta da W. Somerset Maugham (editore Adelphi), girato in Ungheria, di realizzazione cosmopolita, doppiato per la protagonista da Mariangela Melato, il film è molto ben fatto. Il periodo in cui è collocato, unito alla perenne attualità della convivenza tra realtà e finzione, tra schiettezza e falsità, rendono la storia (quel teatro, quelle idee, quegli amori) un poco antiquato. Lo stile classico è sottolineato dall'eloquente ricorso a molti primi piani. Annette Bening è molto brava, opportunamente manierata, con vestiti e gioielli di grande eleganza; Jeremy Irons è perfetto in uno di quei personaggi di uomini impeccabili e mediocri che il cinema usa affidargli; scenografie e costumi (Luciana Arrighi, John Bloomfield) sono ammirevoli.


l'Unità (6/10/2005)
Alberto Crespi
Checché ne dicano gli innamorati di New York, Londra continua ad attirare sguardi, curiosità e intelligenze un po' da tutto il pianeta. Woody Allen vi ha appena ambientato uno dei suoi film più belli (Match Point), molti divi americani - da Madonna in giù - ci vanno a vivere nonostante i prezzi proibitivi e ben due film oggi in uscita mettono in scena due ambienti «mitici» della città: Wimbledon e il West End. (...) Il West End è invece il centralissimo distretto dei teatri, ed è il vero eroe di La diva Julia, il film che riporta agli onori delle cronache l'ungherese Istvan Szabo a suo tempo vincitore dell'Oscar con Mephisto, l'attrice protagonista, candidata all'Oscar ma sconfitta da Hilary Swank con Million Dollar Baby, è l'americana Annette Bening. Altri due talenti sedotti dalla vecchia Londra. Annette Bening, da qualche anno, si dedica più al mestiere di madre e moglie, che alla recitazione: suo marito è Warren Beatty, si sono sposati nel '92, hanno 4 bambini. Questo testo di Ronald Harwood, tratto da un romanzo di William Somerset Maugham, deve averla stuzzicata nel profondo: famosa per il cinema, Annette ha in realtà un prestigioso curriculum teatrale, ha vinto un Tony (l'Oscar del teatro) e ha calcato i più prestigiosi palcoscenici di Broadway prima di sfondare nel cinema a 31 anni, con Valmont di Milos Forman, dove era meravigliosa. Interpretare una «divina» teatrale degli anni '30 deve essere stata, per lei, una goduria. Nel film, Julia Lambert è un'attrice, è moglie di un potente impresario e ha tutta Londra ai suoi piedi. Il suo unico problema è il tempo: la gioventù e la beltà stanno sparendo. Ma la vita rifiorisce quando Julia incontra Tom, un giovane americano che sembra pazzo di lei. Ben presto scoprirà che Tom è solo un arrampicatore sociale e vuole «usarla» per far carriera. Curiosamente, La diva Julia ha in comune un tema con entrambi i film citati poco fa, Wimbledon e Match Point: il robusto, vigoroso sangue americano che viene a ravvivare i lombi esausti della vecchia Inghilterra. Al tempo stesso, Szabo riprende un discorso - la dialettica tra Essere e Apparire - che gli è cara dai tempi di Mephisto. Nella sua filmografia spiccano personaggi di attori, attrici, direttori d'orchestra, musicisti, cantanti d'opera. Non tutti i film sono belli (e La diva Julia è molto meno bello di Mephisto) ma il filo rosso c'è: il '900 come il secolo dello Spettacolo.


Sole 24 Ore (22/5/2005)
Roberto Escobar
Chi scrive non è tra gli estimatori del cinema "colto" e "prezioso", elegantemente decorativo, che si fregia come di un titolo di nobiltà della derivazione letteraria. Il cinema di cui è per esempio tra i massimi campioni James Ivory. Gode di molte buone entrature e del favore di ottimi salotti, ma spesso è arredamento, o sartoria, più che cinema. Tutt'al più procura lustro a scenografi e costumisti, ancorché di provato talento e meritatamente lodati. Si è largamente associato a tale trend l'ungherese Istvan Szabo riducendo per lo schermo La diva Julia di William Somerset Maugham. Romanzo (e film) di sottili schermaglie sul tema: qual è il confine fra teatro e vita? Siamo nella Londra di fine anni Trenta e si tratta di un'attrice adorata dalle platee ma anagraficamente sulla linea d'ombra che per una donna di quel tempo rappresentava l'anticamera della vecchiaia. Ha un marito-impresario che non la sfiora più da tempo ma l'adora, la stima e la sostiene. Ma non le basta più, o quantomeno così le fa credere la stagione di crisi che attraversa. La storia si snoda tra l'infatuazione per un giovane ammiratore americano che le regalerà qualche appuntamento bollente e una passeggera illusione di ritrovata giovinezza ma si rivelerà rapidamente meschino, e la rivincita in palcoscenico (ma è il palcoscenico della vita) ai danni della giovane attrice emergente che lo yankee le ha preferito e che lei, malvagiamente vendicativa, ha dapprima mostrato di voler promuovere con magnanimità per poi stecchirla e rubarle la scena. Per uscire trionfatrice e nuovamente sicura di sé. Abbastanza stucchevole, compreso Jeremy Irons (attore feticcio di ogni operazione tronfiamente "colta") nei panni del marito di Julia, ma non privo di qualità nel gioco di scherma sul filo sottile del banale dilemma di cui si è detto già: per un'attrice la finzione è tutto, è la verità. Questo principalmente per merito della protagonista Annette Bening, magnifica attrice che non è mai riuscita a raccogliere pienamente i frutti delle sue potenzialità. Diciamo che il film è lei, in tutto e per tutto. E' vero che il doppiaggio di Mariangela Melato è pertinente, anzi è un lavoro di fino, nel senso di rielaborare e restituire l'enfasi propria del personaggio e delle sue civetterie. Tuttavia (e non è una diminuzione della bravissima attrice italiana), come avrebbe un tempo detto Antonio Di Pietro non c'azzecca proprio niente con l'attrice americana. Forse anche perché la sua è una voce per noi così riconoscibile e associata a una fisicità tanto diversa.


Film TV (6/14/2005)
Enrico Magrelli
Che cosa c'entra il teatro con il cinema? Può essere una domanda retorica, strutturale, oziosa, fondante, teorica. Dipende dai punti di vista. Per il regista ungherese Istvàn Szabó, che ha portato in più fasi della sua carriera la macchina da presa sulle tavole del palcoscenico, una delle risposte riguarda quel girotondo di maschere a cui tutti sono invitati o costretti. Tutto è lecito in amore, a teatro, nel cinema, purché non si dimentichi mai che l'essere umano indossa una maschera, un ruolo, un personaggio. Gli attori che interpretano attori, come nel caso della diva Julia Lambert (Bening), signora dei teatri inglesi degli anni '30, esaltano le contraddizioni di una vita come rappresentazione sotto mentite spoglie. La popolare e non più giovanissima Julia è sulla cresta dell'onda e di una gentile nevrosi. Sposata, con un'unione libera e disinvolta, con il suo impresario (Irons) si lascia irretire da un furbo giovanotto americano (Evans) e il rimescolamento del sangue porta una ventata di novità e di allegria. Fino al giorno in cui nella relazione di Julia scattano le consuete trappole. Il palcoscenico diventerà strumento di tremenda e sarcastica vendetta. Dal romanzo di Somerset Maugham un film apatico che si apprezza soprattutto per l'elegante confezione. La Bening ha avuto, per il film, una immeritata nomination.



I link (torna su)

Sito ufficiale - http://www.sonyclassics.com/beingjulia/