gli animatori lo hanno visto così :    BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

SHERLOCK   HOLMES

 

 

DOM

pom

DOM

sera

MAR

 

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

Questa settimana roberta è stata sostituita da giulio

giulio martini

domenica sera

visto James Bond, visti  i film sui maghi ( Potter compreso...), e soprattutto dopo i  fumetti ed i videogiochi sul detective scozzese, cosa si poteva inventare per sfruttare quest' ulteriore "icona anglosassone" ? L'adrenalinico Richtie, dall'inizio ci avverte  che costruisce una narrazione survoltata, per la quale  fa incetta dei luoghi comuni e delle situazioni precedenti per "drogarle".  E se poi il regista lascia qualche  spazio alla ironica flemma e alle minuzie  delle indagini positivistiche, alla lunga però si perde nel suo miscuglio surriscaldato. Perchè alla pazienza del microscopio preferisce il ritmo del frullatore.  E'vero: l'occulto ( massoneria compresa ? ) non la vince sul "lucido modello  britannico " di Holmes, ma il clima è intorbidato dagli eccessi del mix narrativo , che soffocano l'atmosfera d'assieme quanto lo smog ottocentesco intossica Londra, i suoi infiniti cantieri, i suoi poliziotti corrotti o i suoi politici fifoni.

angelo sabbadini

martedì sera

Anche il vecchio Sherlock Holmes deve adattarsi ai tempi sincopati della comunicazione contemporanea e dunque il regista Guy Ritchie reinventa con ironia e fisicità il celebre investigatore privato a cominciare proprio dalle sue inimitabili doti deduttive. Alla fine della gotica sarabanda l'eroe popolare mantiene intatto il suo fascino anche nel rumoroso congegno spettacolare del  regista inglese, che se avesse avuto l'accortezza di tagliare venti minuti di film avrebbe confezionato un giocattolo perfetto.

carlo caspani

mercoledì sera

Ritchie esegue secondo i dettami del mercato, con largo uso di effetti  di montaggio (ormai abusati) e di scenografia (belli). Ma dentro la confezione infiocchettata si agitano (troppo) le pallide ombre di Holmes e Watson, iperadrenaliniche, violente (quante botte...), senza stile né aplomb (Sherlock rivista perfino Fight Club), e il violino di  Holmes serve solo a tendere i nervi e far ballare le mosche. Gli  Irregolari di Baker Street protestano: ridateci Basil Rathbone, o  almeno La soluzione sette per cento!

fabio de girolamo

giovedì sera

Un film centrato sul confronto/scontro tra un regista/manipolatore e uno spettatore/detective attento ai dettagli. Blackwood si costruisce una maschera diabolica per suscitare il terrore nella popolazione e prendere il potere, gioco di prestigio costruito per distrarre l’attenzione su quello che realmente sta avvenendo. A fronte di questa messa in scena Ritchie dispone due spettatori. Da una parte il popolo, che cade nel tranello perché ha una percezione distratta e reagisce in modo esclusivamente emotivo a ciò che gli viene mostrato. Dall’altra Sherlock Holmes, concentrato sui dettagli apparentemente insignificanti ma fondamentali per ricostruire il quadro complessivo.

Il film fa uscire vincente il detective, naturalmente, ma il regista dà l’impressione di confidare che i suoi spettatori siano un po’ come il popolo londinese. Che si lascino docilmente prendere per mano e accompagnare in questo giro di giostra audiovisivo che è Sherlock Holmes. Il film è senza dubbio girato con maestria registica, ma alla fine sembra una scatola vuota, un giocattolo il cui compito si esaurisce nell’istante in cui si riaccendono le luci.

giorgio brambilla

venerdì sera

Lo Sherlock Holmes di Ritchie distrugge nel primo minuto di film l'icona che accompagna ormai da decenni lo spettatore, sbattendogli letteralmente in faccia l'atletico Robert Downey Jr. E poi via con gli ammiccamenti, tra riferimenti a sconvolgenti invenzioni “future” (armi chimiche, onde radio, silenziatori...), una tecnica di ripresa e di indagine da CSI, inquadrature, movimenti di macchina e avvenimenti pronti a spiazzare lo spettatore, come postmodernità comanda: divertire attraverso la storia ed il modo in cui è raccontata. Gustosi risultano i duetti tra Holmes e Watson, schiodato dal ruolo di semplice spalla e portato quasi all'altezza del grande detective, e le ricostruzioni mentali di quest'ultimo. È cinema di genere, con un sequel già inscritto (serialità che è ancora postmodernità, ma anche marketing e, paradossalmente, coerenza con le origini letterarie del personaggio), ma nel suo contesto funziona, anche se un po' si esagera.

P. s.: non so se è coerente con il personaggio di Conan Doyle, ma su questo penso: chissenefrega!