gli animatori lo hanno visto così :    BENE

                                                       COSI’-COSI’

                                                       MALE

                                                

IL PROFETA

 

 

DOM

pom

DOM

sera

MAR

 

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

Un film spietato dove l’unica legge è quella della sopravvivenza, un’epica
cinica del moderno profeta del dio Potere. Tanti gli spunti di riflessioni e
una narrazione serratissima che si chiude con un ghigno beffardo. Alla faccia
di tanto cinema holliwoodiano che ne ha fatto un genere!

giulio martini

domenica sera

Che moderno  "profeta" è questo musulmano non devoto, ma ancora suggestionato dall' antica cultura del suo clan ( "i sogni ", "le offerte all' imam ", "le  preghiere  del venerdi", "le danze  mistiche dei sufi-dervisci “..)?
 Analfabeta, come all'inizio l'Ultimo e il più grande dei Profeti - cioè Maometto - orfano come lui, come lui istruito, senza poter interloquire e sotto "dettatura
/ dittaura" in un luogo recluso ( là la caverna qui il carcere ) da un Angelo ( là Gabriele, qui del Male ) alle cui regole si sottomette ( Islam = Sottomissione )
il nostro immigrato scala poi i gradini del Successo ( là  la Conquista de "La Mecca", qui il Potere della spaccio di Droga). Non c'è più spinta religiosa ormai, ma anzi solo il lucido adeguamento alle regole ineluttabili  dei padrini atei dell'evoluto Occidente (?), descritte da Audiard con esemplare lucidità e durezza.   

angelo sabbadini

martedì sera

Dopo l’isola di Polanski e il manicomio di Scorzese: ecco il carcere di Audiard! Si direbbe che i film d’inizio rassegna abbiano una predilezione per gli spazi claustrofobici e concentrazionari. Ma questa volta a essere prigioniero è soprattutto il nostro sguardo che è forzosamente costretto ad assumere il punto di vista del protagonista e a condividere la sua ascesa criminale. Ingabbiati in un vero e proprio cinema della crudeltà, scopriamo con sgomento che il carcere è la metafora del  nostro mondo e Audiard un novello Bertold Brecht iperrealista che riscrive e riaggiorna la storia di Mecky Messer.

carlo caspani

mercoledì sera

Come Mackie Messer, Malik  ha solo un coltello, ma vedere non lo fa. 
Pratica, "per male", tutte quelle belle cose che si predicano sempre 
ai giovani: studia, leggi, impara le lingue, stai in mezzo agli altri,  datti da fare... Con ottimi risultati in quel mondo rovesciato che è  il carcere, specchio in negativo delle strutture e dei meccanismi  della società "per bene".

fabio de girolamo

giovedì sera

Lo spaesamento di un ragazzino buttato dentro un luogo del quale, forse, ha sottovalutato la spietatezza, si trasforma nella sicurezza, anche un po’ arrogante, dell’uomo che si è costruito il proprio “solido” spazio nel mondo. In un carcere in cui l’autorità si mostra o come burocratica applicazione delle leggi o come elemento al servizio (leggi al soldo) dei carcerati e dei loro gruppi di potere. Un ambiente, quello del carcere, completamente gestito dalle gang con gli unici criteri che conoscono e che per questo si mostra come una replica esasperata del mondo criminale esterno, non già un luogo protetto dove tentare un eventuale recupero.

Un film spietato, quello di Audiard, che non gira intorno ai problemi e non si concede neppure un finale consolatorio (la sconfitta del criminale che si è spinto troppo in alto) come facevano i vecchi gangster movie hollywoodiani.

giorgio brambilla

venerdì sera

Il profeta di Jacques Audiard  mette in scena l'ascesa quasi suo malgrado di un giovane signor nessuno, che si ritrova al termine del film “semplice” come all'inizio, ma contemoranemaente criminale affermato (va aprendere l'autobus, ma scortato da tre macchinoni sulle note di Mack the knife, dall'Opera da tre soldi). Secondo la logica della dialettica hegeliana servo-padrone, fa strada proprio perché tutti, incluso il suo capo Luciani, lo stimano una nullità fin quando è troppo tardi. In galera impara tante cose: a leggere e scrivere, a fare affari (sporchi), e soprattutto a servire e ingoiare soprusi diventando un pezzo grosso senza darlo a vedere,  superando gli esami che la vita gli presenta con l'umiltà di uno studente motivato. Lo stile realista fino talvolta alla crudezza, pur con qualche inserto onirico-fantastico, cattura lo spettatore, mettendolo a fianco del personaggio e rendendogli assai difficile giudicarlo moralmente. È grande cinema: se volete farvi un favore  recuperate i precedenti Sulle mie labbra  e  Tutti i battiti del mio cuore.