gli
animatori lo hanno visto così : BENE
COSI’-COSI’
MALE
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IL PROFETA |
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DOM pom |
DOM sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta
braccio |
domenica
pomeriggio |
Un film spietato dove l’unica legge è quella della sopravvivenza,
un’epica |
giulio
martini |
domenica
sera |
Che moderno "profeta" è questo musulmano
non devoto, ma ancora suggestionato dall' antica cultura del suo clan ( "i
sogni ", "le offerte all' imam ", "le preghiere del venerdi", "le
danze mistiche dei sufi-dervisci “..)? |
angelo
sabbadini |
martedì
sera |
Dopo l’isola di Polanski e il
manicomio di Scorzese: ecco il carcere di Audiard! Si direbbe che i film
d’inizio rassegna abbiano una predilezione per gli spazi claustrofobici
e concentrazionari. Ma questa volta a essere prigioniero è soprattutto il
nostro sguardo che è forzosamente costretto ad assumere il punto di vista del
protagonista e a condividere la sua ascesa criminale. Ingabbiati in un vero e
proprio cinema della crudeltà, scopriamo con sgomento che il carcere è la
metafora del nostro mondo e Audiard un novello Bertold Brecht
iperrealista che riscrive e riaggiorna la storia di Mecky Messer. |
carlo
caspani |
mercoledì
sera |
Come Mackie Messer, Malik ha solo un coltello, ma vedere
non lo fa. |
fabio de
girolamo |
giovedì
sera |
Lo spaesamento di un ragazzino buttato dentro
un luogo del quale, forse, ha sottovalutato la spietatezza, si trasforma
nella sicurezza, anche un po’ arrogante, dell’uomo che si è
costruito il proprio “solido” spazio nel mondo. In un carcere in
cui l’autorità si mostra o come burocratica applicazione delle leggi o
come elemento al servizio (leggi al soldo) dei carcerati e dei loro gruppi di
potere. Un ambiente, quello del carcere, completamente gestito dalle gang con
gli unici criteri che conoscono e che per questo si mostra come una replica
esasperata del mondo criminale esterno, non già un luogo protetto dove
tentare un eventuale recupero. Un film spietato, quello di Audiard,
che non gira intorno ai problemi e non si concede neppure un finale
consolatorio (la sconfitta del criminale che si è spinto troppo in alto) come
facevano i vecchi gangster movie hollywoodiani. |
giorgio
brambilla |
venerdì
sera |
Il profeta di Jacques Audiard
mette in scena l'ascesa quasi suo malgrado di un giovane signor
nessuno, che si ritrova al termine del film “semplice” come
all'inizio, ma contemoranemaente criminale affermato (va aprendere l'autobus,
ma scortato da tre macchinoni sulle note di Mack the knife, dall'Opera
da tre soldi). Secondo la logica della dialettica hegeliana
servo-padrone, fa strada proprio perché tutti, incluso il suo capo Luciani,
lo stimano una nullità fin quando è troppo tardi. In galera impara tante
cose: a leggere e scrivere, a fare affari (sporchi), e soprattutto a servire
e ingoiare soprusi diventando un pezzo grosso senza darlo a vedere, superando gli esami che la vita gli
presenta con l'umiltà di uno studente motivato. Lo stile realista fino
talvolta alla crudezza, pur con qualche inserto onirico-fantastico, cattura
lo spettatore, mettendolo a fianco del personaggio e rendendogli assai difficile
giudicarlo moralmente. È grande cinema: se volete farvi un favore recuperate i precedenti Sulle mie labbra
e Tutti i battiti del mio cuore. |