gli animatori lo hanno visto così :    BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

LA PIVELLINA

 

 

DOM

pom

DOM

sera

MAR

 

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

Un film essenziale in tutti i sensi: senza addobbi o patinature la macchina da presa ci mostra la realtà nuda e cruda, in cui la capacità di sorprendersi e di amare esplodono tenaci come capelli rosso fuoco nel grigiore circostante. Certo è facile commuoversi davanti alla spontaneità tenera di Asia, ma non basterebbe se il messaggio del film non fosse solido. Di questi tempi, è essenziale ripensare non solo anche all’abitudine di guardare con fiducia al prossimo e alla vita, ma anche al saper aspettare.

giulio martini

domenica sera

l'accoglienza, la disponibilità verso chiunque, un senso largo della "parentela"tra  esseri umani, sempliciità : il mondo sarebbe così se ci fossero solo i sentimenti buoni?
Come  capita spesso -  al cinema -  nei mondi idealizzati del circo e dei bambini, alla fine ci crediamo: in fondo possiamo diventare tutti bravi genitori adottivi, anche se vivessimo in una situazione precaria e  degradata.
Se  gli ennesimi due registi autarchici  avessero più mezzi  potrebbero offrire pellicole molto originali, senza cadere mai nei toni di "Paperissima". Ma devono guardarsi da un certo autocompiacimento stile " specchio segreto", per puntare dritti all'essenziale. Comunque un bell'esordio produttivo-tecnico-emotivo.

angelo sabbadini

martedì sera

Patty è un’artista circense e per professione è abituata a schivare i coltelli, ma inopinatamente è colpita al cuore da un affilato sentimento materno rappresentato da una trovatella di nome Asia. Questo lo spunto del pauperistico docudrama dei coniugi Frimmel che con determinazione e rigore ci descrivono l’umanità di una piccola comunità di artisti di strada con un cinema costruito sull’idea del pedinamento della realtà. Il risultato rappresenta una bella ricognizione sulla borgata romana di San Basilio, anche se qualche vezzo (l’abolizione della luce artificiale) sembra francamente inutile.

carlo caspani

mercoledì sera

Sul filo del documentario, ma con un forte elemento catalizzatore (la
deliziosa Pivellina del titolo) un film dai mezzi frugali ma dal cuore
forte: nel Gran Circo della vita personaggi che si mascherano
(capelli rossi e trucco da pagliaccio) ma non nascondono gli affetti,
sotto la protezione di Charlie Chaplin e Federico Fellini, evocati per
nome e nello spirito.

fabio de girolamo

giovedì sera

Ambientazione pasoliniana per un film che ha come principale riferimento ideologico Rossellini, riletto attraverso un filtro stilistico post Dogma.

Di Rossellini ritroviamo soprattutto la volontà di ricostruire i caratteri dei personaggi attraverso i gesti, il loro semplice agire, e la scelta di mettere i protagonisti in una situazione difficile per poi osservare il modo con cui reagiscono, in cui superano la prova, per così dire.

Inoltre si nota la tipica ossessione del cinema realista di evitare di costruire la tensione narrativa o lo stato emotivo dei personaggi attraverso il lavoro del linguaggio cinematografico, inseguendo l’utopia di lasciare che sia la realtà a mettersi in mostra da sé. Da questo punto di vista, però, il risultato è esagerato per difetto. La reazione quasi del tutto tranquilla della piccola bambina (che non chiede quasi mai la presenza della mamma) piuttosto che il quotidiano senza tensioni di questo particolare nucleo familiare sembrano derivare più da una scelta ideologica a priori che non dal semplice pedinamento della realtà,  generando un paradossale effetto irrealistico di direzione contraria agli intenti iniziali.

giorgio brambilla

venerdì sera

La pivellina mette in scena la storia semplice e commovente di una bambina che piomba dal nulla in un mondo chiuso di emarginati e porta una gioia che progressivamente si allarga, da Patti a Walter, a Tairo e a tutti gli altri che alla fine si trovano a festeggiarla. Con l'esterno i contatti sono pochi, a parte l'invadente rumore di fondo. Certo non è il migliore dei mondi possibili, tanto che Tairo da piccolo voleva morire e tutti rischiano di essere sfrattati; però tutti si aiutano reciprocamente e accettano che la vita offra e riprenda, e così riescono a vivere un'esistenza quasi felice. La camera a mano immerge profondamente nel racconto. Gli attori non professionisti reggono generalmente bene i primi piani cui sono sottoposti (tranne la fidanzatina di Tairo, che infatti viene presto ripresa di spalle). È vita colta lì dove appare e fa bene ogni tanto averne un assaggio, anche se costa un po' di fatica, perché siamo abituati ad un cinema sempre più bravo a creare mondi virtuali, secondo l'insegnamento di Georges Meliès, e sempre meno a seguire quello dei fratelli Lumière, cioè a restituire il reale