gli animatori lo hanno visto così :    BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

LOURDES

 

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

Lourdes è prima di tutto un film coraggioso dove la lentezza e il silenzio sono anche quelli della disperata solitudine di chi soffre e non ha altro che sperare nell’impossibile. Il taglio quasi da documentario nel luogo del dolore e della fede, protagonisti che sembrano personaggi teatrali che si muovono nella gabbia dei propri ruoli, un palcoscenico scarno e gelido: tutto questo è Lourdes. E’ uno schiaffo in faccia che risveglia le grandi domande sul senso della propria esistenza, a volte sopite dalla quotidianità. “cosa voglio di più” era il titolo di un film di questa rassegna: il marketing non prevede un titolo uguale per due film diversissimi?

giulio martini

domenica sera

Lourdes è un pretesto ?  Il miracolo è una scusa ? Certamente !  Alla regista austriaca  più dall'attesa di un segno per credere ( cfr.: l'iniziale  l'Ave Maria di Schubert)  interessano le conseguenze  delle " casuali"  piccole soddisfazioni quotidiane. Anziché sperare nell'improbabile ( per lei ) intervento soprannaturale, i suoi personaggi aspirano all'auspicabile innamoramento di tutti i giorni , al  semplice mettere su famiglia, ai possibili - per quanto  rari - momenti di attenzione reciproca  ( cfr.: la  lunga canzone  finale di Al Bano, che quasi banalizza la ricerca spirituale).  La protagonista  - Christine di nome , ma non di fatto -  forse è la  "più brava pellegrina" perché  ( come la regista ? ) in questa valle di lacrime, di invidie, di gelosie e di false  generosità sa aspettare, senza ansia, un po’di fortuna e sa gestire i suoi ( per altro momentanei )  privilegi senza mai esaltarsi . Con un racconto  di calma estrema  ( privo di effetti speciali o miracolistici ) la regista non  dice nulla del passato e del futuro dei suoi tanti personaggi: su ogni cosa ( per lei e per loro ) domina il presente, l'unico istante da vivere, l'unica dimensione da descrivere.

angelo sabbadini

martedì sera

"Dio è buono o onnipotente?". Il dilemma attraversa il pensiero occidentale e viene posto con chiarezza nel gelido docudrama di Jessica Hausner. La regista non risponde al quesito ma pone allo spettatore una serie di interlocuzioni esistenziali che prendono spunto dal pellegrinaggio a Lourdes di un dolente gruppo di personaggi. Nel film, caratterizzato da un'algida e teutonica ironia, è assente la dimensione spirituale e alla fine la traccia di Dio sembra svanire nell'insensatezza dell'esistenza.

carlo caspani

mercoledì sera

Alla ricerca di un miracolo, o anche solo di una consolazione dello spirito. E se poi accade qualcosa, perché a chi sembra meritare di meno? Perché a lei e non a me? Perché a me? Ha forse ragione il Grande Inquisitore de I fratelli Karamazov di Dovstoevskij, quando dice «Appena l'uomo rinunzia al miracolo, rinunzia subito anche a Dio, perché l'uomo cerca non tanto Dio, quanto i miracoli»?

fabio de girolamo

giovedì sera

L’occhio laico della regista si concentra in prevalenza su due questioni. La prima è legata al luogo di pellegrinaggio in sé, rappresentato come una sorta di catena di montaggio del pellegrino, dove la varietà di aspirazioni e motivazioni dei singoli vengono incanalate in un percorso unitario e uguale per tutti.

La seconda consiste nell’osservazione dei singoli pellegrini prima e dopo il presunto miracolo. La Hausner, soprattutto, descrive una reazione molto poco cristiana alla sorprendente guarigione, perché invidia, scetticismo, lamenti sull’immeritatezza di cotanta grazia, reazioni quantomai prosaiche, sostituiscono praticamente in tutti la disponibilità alla fede, a credere cioè di aver potuto anche solo per un attimo percepire (mi verrebbe da dire toccare con mano) la presenza di Dio.

giorgio brambilla

venerdì sera

Il senso di Lourdes è già tutto nella prima inquadratura: un gruppo di pellegrini con vari problemi fisici nella sala da pranzo di un hotel, ovvero come il turismo finisca per mescolarsi alla fede. La regista Jessica Hausner fotografa con glaciale assenza di giudizio il viaggio di queste persone mostrando come nessuno di loro sia davvero “all'altezza” dell'esperienza che vorrebbe vivere. Intendiamoci, rispetta tutti: non rimprovera troppo al povero sacerdote di non saper svelare i più profondi misteri della vita e della sofferenza, né ai pellegrini di interrogarsi o di voler guarire, né ai volontari di essere lì un po' superficiali, anche se talvolta ciascuno dà del proprio peggio. Drammaticamente però il pellegrinaggio sembra per quasi tutti (tranne Cécile, la capogruppo, che però eccede in senso inverso) una pratica a cui sottoporsi senza grandi ambizioni, per stare in compagnia o vedere un po' il mondo. La vera fede sembra latitare; il miracolo desiderato, ottenuto, pare creae più problemi di quanti ne risolva. Quasi è rassicurante, quando sembra esser stato solo un abbaglio. Un quadro inquietantemente verosimile; grazie a Dio non l'unico possibile.