gli animatori lo hanno visto così :    BENE

                                                       COSI’-COSI’

                                                       MALE

                                                

INVICTUS

 

 

DOM

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DOM

sera

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GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

Invictus:  per la vittoria, un capitano di rugby deve riuscire a muovere, con
il cervello, gli sforzi fisici, i lividi e la fatica della propria squadra. Per
la vittoria, un leader politico deve saper muovere, con lungimiranza e
intelligenza,  i cuori della propria gente. In una parola, è il carisma. E
anche - si spera - un'etica ferma ed invulnerabile. Clint Eastwood ci emoziona con la storia di un leader che ha davvero cambiato il suo paese in meglio e, con lucida razionalità, fa riflettere sulla politica (nel senso greco di polis) e su cosa sia un vero leader.

giulio martini

domenica sera

 Metafora rugbistica riuscita ( "Il passaggio all'indietro" per vincere, l'integrazione del gruppo con inni e canti identitari, il "far play" con l'avversario, mai nemico in  democrazia  e allo stadio...)  é raccontata  nel noto stile tradizionale ma senza retorica di Clint, che insaporisce e intenerisce  la  sua consueta storia  di sacrifici e di  eroismi privati con dosate autoironie.  Gli errori storici  ( la portace di Mandela era una bianca, il testo davvero letto in cella non era  "Invictus", ma il celebre discorso di Roosevelt  " Man in  Arena"... indicati dai pignoli) non tolgono legittimità a questo film politicamente impegnatissimo.

angelo sabbadini

martedì sera

Questa volta Eastwood fa il mediano e con assoluta disponibilità si mette al servizio della coraggiosa intuizione politica di Nelson Mandela. Ne deriva un film didascalico di classica linearità che attinge al repertorio del miglior cinema sportivo. Alla fine il film raggiunge la sua agognata meta, anche se altri sono i film memorabili del regista di San Francisco.

carlo caspani

mercoledì sera

Eastwood in positivo per un film "regalato" a Morgan Freeman e alla sua interpretazione: agiografico, trionfale, ma con qualche tocco personale (l'incipit, i rapporti tra poliziotti, il bambino nelle scene finali) che rivela la mano del grande classico.

fabio de girolamo

giovedì sera

Secondo tentennamento, dopo Changeling. Mandela usa la retorica sportiva per unire emotivamente il proprio popolo, Eastwood la raddoppia stilisticamente per ottenere lo stesso effetto sui suoi spettatori. Ma mentre quella dell’uomo politico è una scommessa, che potrebbe essere anche persa, quella del regista è una costruzione artificiale, una semplice applicazione delle regole del linguaggio cinematografico, con esiti previsti e prevedibili. In gran parte la sovrapposizione risulta inutile e ridondante e costringe Eastwood a usare espedienti di linguaggio (ralenti, scene madri, percorso narrativo di discesa e risalita) che sono dei clichè del genere, cosa che non giova alla qualità del risultato finale.

giorgio brambilla

venerdì sera

Invictus tenta di fare un discorso, semplice ma non banale, sul tentativo di integrazione tra bianchi e neri nel Sudafrica della fine del secondo millennio. Sembra l'allargamento ad una nazione dell'idea di Gran Torino dell'importanza di riuscire a convivere con l'altro, il diverso, addirittura il nemico, andando oltre pregiudizi, diffidenza, legittimo risentimento per le umiliazioni subite. Il problema non è ottenere una “giustizia” astratta, che riesca a far pagare tutti i torti ingiustamente subiti, ma costruire una nazione nuova, dove la convivenza sia realisticamente possibile. Eastwood racconta questo facendo una sintesi tra film sportivo e biopic su un grande statista; si tratta di due generi che usano abbondantemente la retorica, ma il nostro riesce a limitarla abbastanza e a darci un film che, se non è uno dei capolavori con cui ci ha viziato ultimamente, vale comunque la pena di vedere, anche per caprie come dovrebbero essere la politica e coloro che la fanno