gli
animatori lo hanno visto così :
BENE
COSI’-COSI’
MALE
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HABEMUS PAPAM |
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DOM pom |
DOM
sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Un grandissimo film che corre,
veloce e preciso, su due binari: una leggerezza giocosa e una profodnità riflessiva ed intima. Nel farsi da parte del papa c'è il farsi da parte di Moretti, nella riflessione sulla responsabilità c'è lo sgomento dell'inadeguatezza di ciascuno (e anche suo, tirato in ballo, qualche tempo fa, come possibile risollevatore del PD). Un film completo e intelligente, su una chiesa come un microcosmo costruita sulla base delle proprie convinzioni (e senza nessuna pretesa di realismo) . che più verde non ce n'è.! |
giulio martini |
domenica sera |
in un temerario paragone con
Cechov ( cfr. il testo del "Gabbiano " continuamente citato fino alla
scena "risolutiva" in Teatro ) che avvicina il Papa al personaggio
sognatore e rinunciatario di Sorin, Moretti racconta in uno stile vaudeville
( quello auspicato per il dramma, appunto, dall'autore russo, teorico
dell'anti-teatro) una storia tanto fantasiosa quanto auto-biografica. In
realtà è sempre il solito Moretti, quasi sessantenne, e già Papà dubbioso de
"La stanza del figlio" e prete titubante ne "La Messa è finita " a voler
regredire all'infanzia e a non volersi decidersi mai a diventare adulto. Per lui non esiste ormai più nessuna figura simbolica capace di replicare la perdute solide certezze di suoi "genitori-professori" ( lo erano entrambi) che restano il suo sogno nostalgico ed il suo incubo. E da eterno contestatore sessantottino cerca allora di prendere "in giro" ogni forma di presunta autorevolezza, e cioè allestisce anche stavolta uno dei suoi burberi, giocosi ma pur sempre gradevoli, "girotondi" cinematografici. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Ci lascia con gli occhi lucidi questo Papa Melville che sceglie la rinuncia e dietro il quale si nasconde l'alter ego di Nanni Moretti che apre il suo cinema autobiografico all'ultima soglia: quella della vecchiaia. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Bravo Nanni: in una parabola
umanissima (chi si è offeso in Vaticano e altrove deve aver visto un altro film) gioca con il ruolo "infallibile" per definizione, quello del papa, appunto, per parlarci di solitudine, senso di inadeguatezza, coraggio di essere se stessi, amore per il prossimo, dolore per l'abbandono coniugale, supremazia della solidarietà, dello sport e dell'arte sulle miserie della vita... sempre con la speranza della ragione, perché "todo cambia". |
marco massara |
giovedì sera |
Film ‘mimetico’ che appunto affronta più temi profondi strutturandosi in modo che uno ne nasconda un altro. Si ‘naviga’con intelligente ironia appunto tra la destrutturazione della struttura organizzativa più rigida al mondo, la inaffidabilità della psicoanalisi, le passioni e la loro frustrazioni fino alla pesantezza della sfida del vivere contemporaneo. Il tema più profondo che emerge è quello della solitudine nella decisione; al momento della scelta profonda non ti aiuta né la società strutturata, né la “gente comune”. Sei solo, maledettamente solo. E trovi il coraggio di buttar via la 'comodissima' infallibilità. Cast perfetto con un memorabile Michel Piccoli. |
francesco rizzo |
venerdì sera |
non è un film
senza fede ma un
film sul dubbio laico (solo laico?) che la fede
non basti. e
sull'umiltà di un anziano porporato che non si sente all'altezza di
rinnovare la chiesa. un film pieno di una comprensione umana che si
stenta a rintracciare in certe miopi stroncature dei critici cattolici.
puro moretti, fin da quell'ingresso al conclave raccontato come una
maratona (c'è persino un bikila) che nessuno vuole vincere: commedia sul
potere (come il caimano)
giocata intorno a un personaggio non in sintonia con il mondo che lo
circonda (come il sacerdote de
la messa è finita o
il deputato di
palombella rossa). e che, come tale, mette in evidenza le assurdità
del mondo tutto intorno. e qui, in particolare, la teatralità del potere
stesso (e della vita), in un succedersi di sipari: le tende delle
finestre dell'appartamento papale, i drappi del balcone di san pietro,
il palcoscenico su cui va in scena
il gabbiano di
cechov. testo che si riflette su tutto
habemus papam.
pellicola troppo laica per un paese in cui terence hill che fa
don matteo su rai
uno raduna otto milioni di telespettatori. del resto, nemmeno la
psicanalisi e il gioco (del volley) ci salvano dal non-senso della vita.
tenetevi i pupi avati, le cristine comencini, i paolo genovese. datemi
un nanni moretti all'anno (e un birra moretti nel bar del cinema), e
vivrò felice.
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