gli
animatori lo hanno visto così :
BENE
COSI’-COSI’
MALE
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LE DONNE DEL SESTO PIANO |
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DOM pom |
DOM
sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Abilmente costruita sui contrasti , dove di solito l’ironia regna sovrana, questo film indossa i panni della favola forse anche fin troppo a lieto fine, per svelare, nelle pieghe, ricchi spunti di riflessione: quella porta di servizio che si affaccia sulla scala tutta scrostata fa da contrasto alla perfezione formale del servizio di lino o di cristallo (che non si faccia confusione per carità!), tanto quanto i luminosi schiamazzi delle spagnole fa da contrasto alla rigida compostezza dei padroni. Se loro, nella fatica e nel lavoro, si aiutano, dall’altra parte le amiche della padrona insinuano dubbi e malignità. Nella Francia aperta e moderna di allora si può divorziare ma è inconcepibile che un “padrone” si innamori di una cameriera. Una storia che si è sempre sentita, al di là dei tempi e dei confini, qui trattata con leggerezza e ironica intelligenza. La chiave? un Luchini travolgente. |
giulio martini |
domenica sera |
L'infanzia del regista ( cresciuto
con una tata spagnola ) rende morbido e nostalgico il mondo dell'infanzia
parigina e delle migranti, anche se confinate in luride mansarde, per nulla
bohémienne. Ma al di là del facile "gioco retro' " il film profuma di garbo,
di intelligente cordialità, di simpatia non snobistica per un vivace
ambiente proletariato e femminile in cerca di riscatto (dalla toilette fino
alla vasca da bagno). E si sente sia la critica al franchismo, sia alla vanesia borghesia francese pre -( e anche post ) sessantottina. Ma su tutto domina una voglia di pulizia, di primavera: dall'igiene in casa alla genuinità dei sentimenti. Riuscirà il nostro "autore-conte" a conservare questa bella fragranza anche fuori dai facili sentieri della memoria ? Speriamo. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
È Fabrice Luchini a scaldare la platea del Bazin! È grazie alla curiosità dei suoi occhi che percorriamo la scala del signorile palazzo parigino per conoscere il vitale gineceo di domestiche. E la salita vale davvero il piacere della scoperta: rivediamo con gioia l’aldomovariana Carmen Maura e conosciamo una compagnia di attrici teatrali di grande temperamento (Lola Duenas, Nuria Sole, Berta Ojea, Concha Galàn) che incarnano al meglio l’esuberanza, la forza e la volubilità delle donne spagnole. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Una gradevole fiaba: ovvero, come fare buon uso dei cliché, con gusto (per il cinema, per il chorizo e le uova alla coque), confezionando una classica histoire d'amour che diventa apertura verso nuovi orizzonti e liberazione dai vincoli di censo ed educazione. In più, una ricostruzione ambientale e scenografica inappuntabile. Li avessimo noi questi prodotti "medi", invece di tanta roba mediocre e "pompata" al cinema e alla tv... Luchini è perfetto nel suo ruolo di merluzzo che si ammolla piano piano; la squadra femminile spagnola: "quanta alegria!" |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
Sappiamo che la commedia di
costume tende a stilizzare, a semplificare la complessità del reale per
meglio fustigarne gli aspetti negativi. Ma non arriva mai alla
semplificazione radicale, che è invece propria dell’andamento caricaturale
del comico, quindi non si allontana mai del tutto da un certo realismo di
fondo. Le donne del 6° piano perde più volte di vista questa regola aurea, eccede nella semplificazione dei tratti e sfocia nel bozzettismo folkloristico (quando rappresenta il gruppo delle spagnole) o nel clichè borghese (soprattutto nella messa in scena della moglie di Jean-Louis). Inoltre la visione edenica dell’ambiente sociale del 6° piano di contro al grigiore indegno sia di inferno che di purgatorio di quello parigino indigeno sa un po’ di presa di posizione ideologica calata dall’alto. |
francesco rizzo |
venerdì sera |
"pane e tulipani" alla francese. o alla spagnola. "pane e paella", diciamo. mi piace, di questo film, il modo in cui trasforma un condominio in un luogo della mente. la casa di jean-louis jobert è fredda e sa di muffa come i cerimoniali che regolano la sua vita, una casa senz'aria, come quelle inquadrature strette della macchina da presa, una casa in cui si tiene chiusa per mesi la camera di una madre "che non ha mai amato nessuno". ma al sesto piano, "sopra le nostre teste", per dirla con jean-louis, il broker che non ha mai viaggiato, c'è il sogno di un'altra vita: e naturalmente, per accedervi, bisogna arrampicarsi da una scaletta a chiocciola dietro la cucina. misteriosa e scomoda quanto i pensieri proibiti. scoprirlo riaccende i sensi e la voglia di vivere: "finalmente l'ho trovata!", esclama jean-louis brandendo la manopola per alzare la tapparella. e fare entrare il sole. |