gli animatori lo hanno visto così :         BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

IL DISCORSO DEL RE

 

 

DOM

pom

DOM  sera 

MAR

 

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

Questa settimana roberta è stata sostituita da giulio

giulio martini

domenica sera

il filone Windsor si rivela una miniera d'oro per il cinema British. Il papà di "The Queen"" è raccontato con il giusto aplomb BBC e strizzando l'occhio
allo spettatore comune. Il nobile - "handicappato", che con il microfono e la voce ha rapporti difficile, la spunta sul suo avversario
- istrione Hitler, dopo un dilemma molto amletico ( "essere o non essere re" ?) un senso della sorte molto shakespeariano ( "Il mio regno per un microfono...")
e un tocco di stregoneria logoterapica (degna di Calibano ). Evviva il teatro se cercato da dilettanti un pò allo sbaraglio ( Giorgio VI e lo stesso terapeuta)
ma mossi da nobili e sacrosanti principi. Come è bello che un suddito fedele,senza titoli ufficiali ma tanto amor patrio, sospinga il suo amato re, da dietro le quinte, come un suggeritore d'altri temi, ... alla Vittoria !

 

angelo sabbadini

martedì sera

Se i reali inglesi non hanno buona stampa possono consolarsi con il cinema: dopo il film di Stephen Frears anche Tom Hooper confeziona un convincente prodotto cinematografico di classica fattura sulle vicissitudini fonetiche del dimenticato Giorgio VI.

carlo caspani

mercoledì sera

Cinema classico, piacevolmente senza sorprese, con una prestazione
attoriale eccellente (la versione originale è ricca anche di
sottigliezze linguistiche). Colin Firth riesce a dare sentimento a una
figura che rischia di rimanere imbalsamata nei libri di storia, tra il
fumo delle sigarette, rendendo l'impaccio umano di un uomo pinguino
nei sentimenti e nei rapporti umani, ma leone nei suoi obblighi di re
contro voglia.

fabio de girolamo

giovedì sera

In un film perlopiù ancorato alla tradizione del cinema “maieutico” colpisce la presenza di raffinatezze stilistiche che lo allontanano dalla banalità della produzione “media”. Interessante, per esempio, la scelta stilistica di presentare lo studio di Lionel (spoglio, coi muri scrostati) come il luogo dove si fa piazza pulita degli orpelli e si va all’essenza (di sé, del proprio io). Inoltre al centro di quella stanza campeggia un modellino di aereo, sintesi simbolica del rimosso infantile di Bertie, probabile prima causa della sua balbuzie.Il film alterna la soggettiva (soprattutto di Bertie) a un punto di vista oggettivo. L’ansia angosciata per la menomazione fisica che coglie il Duca nei momenti di tensione è resa attraverso una distorsione dell’immagine ottenuta con un grandangolo esasperato. In una delle sequenze centrali il punto di vista soggettivo è ottenuto attraverso una soluzione acustica molto raffinata. Lionel fa recitare l’Amleto a Bertie con le cuffie alle orecchie. Mentre la cinepresa si mantiene in un’ottica oggettiva, noi spettatori siamo proiettati nella soggettiva acustica del paziente e non abbiamo modo di sentire quello che esce dalle sue labbra.

giorgio brambilla

 

venerdì sera Il discorso del re è una perfetta macchina da Oscar: ben scritto, egregiamente recitato, diretto con uno stile un po' originale ma non tanto da disturbare lo spettatore. La storia poi è l'archetipo del politically correct: racconta che un re è comunque un uomo, che può essere sopraffatto dalle sue paure, soprattutto se non si sente accettato o adeguato al proprio ruolo, e che, per esprimersi, ha bisogno di avere di fronte lo sguardo di un amico che lo sostenga, non un congegno elettronico o un pubblico che lo compatisca. Mostra bene le difficoltà dei regali a convivere con la modernità, si tratti di un ascensore, della radio, o della drammatica scelta tra trono e amore. È fatto così bene che quasi convincerebbe, se non usasse degli stratagemmi banali per suscitare il riso, come fa dire al re “le parolacce”, e soprattutto se il rapporto re - terapeuta non risultasse così prevedibile, addirittura un dejà vu se si conosce la pazzia di re Giorgio (cineforum ed. 1996 – 97). Peccato.