gli
animatori lo hanno visto così :
BENE
COSI’-COSI’
MALE
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NOI CREDEVAMO |
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DOM pom |
DOM
sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Più che mai moderno e necessario in tempi in cui da alcuni l’unità d’Italia viene vista come un fatto obsoleto, il film ha il pregio di farci riflettere sullo iato tra il concetto di Patria come valore in cui credere, e l’opportunismo politico, dove tutte le buone intenzioni convergono in nome dell’opportunità. Non è da poco fare in Italia un film sull’unità di Italia, specie in un momento storico come questo: Martone ha dichiarato di voler fare una sorta di psicoanalisi per capire le ragioni per cui il Paese è malato. Alla fine di quest’analisi la tesi del film è chiara “l’albero è stato piantato, con le radici malate ma è stato piantato”... sarà, ma ammesso che non si possa combattere per guarire, almeno mi sarebbe piaciuta una chiusa un po’ più combattiva rispetto ad un laconico “Noi credevamo”. |
giulio martini |
domenica sera |
I 150 anni dell'Unità
d'Italia visti dal Meridione ( cioè la Calabria del nonno di Anna Banti e le
Puglie del co-sceneggiatore De Cataldo ) da militanti repubblicani pieni di ardore utopico e religiosità laica. Le brigate garibaldine erano la meglio gioventù del Risorgimento ? Di sicuro - per Martone - erano "rosse", cioè sanguigne e socialiste. E soprattutto erano fervide, intrise di misticismo mazziniano, disposte al martirio e angosciate dai tradimenti. Credevano nelle rivoluzioni, ma erano circondate da apostati, scapestrati ed opportunisti non solo del Nord. Dunque l' Italia è nata con radici malate, al pari di certi palazzi - specie del Sud - costruiti storti fin dalle fondamenta o addirittura lasciati a metà ad arrugginire. Film denso ed intellgente è la contro- Storia dell' epopea dei romani Blasetti e Rossellini ( o degli sceneggiati TV tipo '800 di Salvator Gotta) , senza i grandi dipinti antiquari del disincantato Visconti (Il Gattopardo / Senso) e con prevalenza di primi piani e di ansie e cocenti delusioni non corali ma gruppettare: speranze quasi nascoste per la somma vergogna di aver ingenuamente affidato tutto sè stessi alla politica. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Il problema vero non è quello di fare l'Italia ma di maturare un riconoscibile stile cinematografico. Come i suoi frastornati e disillusi eroi risorgimentali Martone abbozza una forma incerta tra lo sceneggiato televisivo e le suggestioni dell'inimitabile Rossellini. Il Risorgimento è un fallimento e il film un'ambiziosa occasione sprecata. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Martone svolge una personale
rivisitazione del mito fondativo d'Italia, il Risorgimento, in un melodramma
che tradisce il suo originale progetto di film in più parti per la tv. Ne scaturisce un potente affresco delle origini di una Nazione tra ideali altissimi messi in pratica con foga criminale, tradimenti, interessi e gattopardismo. I Padri della Patria non si vedono (Garibaldi, Cavour) o sono volute oleografie, lo spazio è occupato da quei borghesi e nobili che sognarono l'Italia credendoci, soffrendo, oppure cambiando opportunamente casacca, e rimasero comunque minoranza rispetto a un popolo lasciato a guardare o a ricoprire ruoli subalterni. |
marco massara |
giovedì sera |
La tesi del film – il Risorgimento
non fu il risultato di un sentimento condiviso e popolare bensì la
convergenza di interessi di parte, spinte oligarche da cui trarre un
tornaconto e pulsioni puramente terroristiche – è sviluppata con
intelligenza; vengono esclusi protagonisti e vicende acclamate sui testi
scolastici, mentre si privilegia la questione meridionale descritta con una
serie di episodi ‘minori’. Felice è la scelta, per indicare la mancanza di
un collante trasversale come la lingua nazionale, di recitare buona parte
del film in lingue straniere – dialetti compresi; un po’ più velleitario è
indicare il rispetto già scarso allora per il territorio facendo comparire
uno scheletro di villetta abusiva in cemento armato (nel 1862 !). Inoltre il
ritmo del film è eccessivamente lento (pre-televisivo?), l’impostazione
scenografica e la recitazione sono troppo marcatamente teatrali e si cade
spesso in un macchiettismo malamente abbozzato. Peccato perché noi (redevamo
che l’unico film celebrativo dei 150 anni avrebbe funzionato un po’ meglio,
boia faus ! p.s. che meraviglioso e incisivo cortometraggio risulterebbe giustapponendo soltanto la scena del giuramento di Angelo, Domenico e Salvatore alla 'Giovine italia' e la bellissima scena finale con Domenico che 'sogna' di sparare a Crispi nel parlamento deserto! |
francesco rizzo |
venerdì sera |
un film sull'unità d'italia costruito sull'idea, opposta, di frammentazione. dove dovrebbe brillare l'armonia, regna invece il caos (proprio come in una babele di dialetti). le famiglie si dividono nell'astio, gli amici si uccidono o vengono separati, gli ideali non trovano intesa nemmeno davanti a obiettivi comuni, gli aristocratici non si mescolano ai poveri neppure in carcere, il sud "liberato" sta (forse) peggio di prima, la bellezza del paesaggio viene uccisa dal cemento. anacronistico ma assolutamente coerente. martone fotografa crepe che si ramificano fino a oggi. rarissimo esempio di film con toni servillo in cui si potrebbe fare a meno di toni servillo: la rivelazione è valerio binasco (angelo da adulto). |