gli animatori lo hanno visto così :    BENE

                                                       COSI’-COSI’

                                                       MALE

                                                

BRIGHT STAR

 

 

DOM

pom

DOM

sera

MAR

 

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

Non mi ha convinto, questo Bright Star: ho trovato la narrazione un po’ legnosa e tutto un po’ troppo “di genere”. Le schermaglie, le rigidità di una vita quotidiana d’altri tempi, lo stesso approccio creativo (alla poesia da un lato e dall’altro all’inventare gli abiti). Dove il film mi è piaciuto è nella dicotomia tra discutere di poesia (i poeti che si trovano a discutere, ad analizzare, a eviscerare fredde riflessioni) e invece la forza dirompente del fare poesia. Che è d’altronde la dicotomia tra analizzare l’amore e viverlo, e ugualmente tra criticare di cinema e la forza creativa di fare cinema. Eppure questo interessante aspetto mi sembra anch’esso gelato in una rigidità narrativa.

giulio martini

domenica sera

Perchè questo film melanconico non rifulge della splendente inventiva della Campion ?
La regista dà per scontato che si sappia la drammatica vicenda del romanticissimo Keat.  Sarebbe come fare un film sul Leopardi e  "Silvia":  chi mai  li conosce, fuori della Penisola ?
Ma c'era la materia.  E ci sono anche delle suggestioni cinematografiche ( il rapporto amoroso che lei "cuce  lentamente " e su cui "ricama", il  continuo  vegetare di  siepi ed alberi che "assecondano"  ed  "ospitano"  le invenzioni di Keats, anche se lui ogni tanto sembra "rinsecchirsi" , il modellarsi degli abiti di lei a seconda del  suo tono fino all'abito da "vedova" nel finale...).  Però il fragile  plot è sommerso dalle  celebri citazioni  (ignote ai più...).
 Perciò il pubblico non british, tenuto all'oscuro di troppi tragici fatti, utilissimi al Cinema, dell' infelice biografia del poeta, si scuote appena, appena.

angelo sabbadini

martedì sera

Sono passati sei anni dalla sciagurata impresa di “In The Cut” e la Campion si
ripresenta al pubblico con l’intento di dimostrare di essere ancora una “Bright
Star”, una fulgida stella del cinema internazionale. Per raggiungere l’intento
riparte dal cinema in costume in cui eccelle e intreccia una palpitante storia
d’amore tra Fanny Brawne e John Keats, genio della poesia ottocentesca. Ne
nasce una ballata struggente che ci regala una pagina del romanticismo inglese
d’intima, vibrante quotidianità tra interni pittorici e magnifici campi di
giunchiglie. Alla fine del film si ha la commossa sensazione che la stella
della Campion rifulga ancora e che la regista abbia conquistato nella brughiera
di Bedfordshire una forma cinematografica più sommessa e lineare che ci fa
presagire una nuova giovinezza artistica

carlo caspani

mercoledì sera

Faticoso, l'approccio della regista neozelandese, più britannica che 
mai: ma se si resiste alla lenta progressione della prima mezz'ora, si  entra nella rarefazione dei tempi narrativi e nella soluzione, molto romantica, di far parlare l'amore di due protagonisti (lui poeta universale, lei quasi sconosciuta) attraverso la condivisone dei versi  del primo da parte della seconda, Per quanto ben tradotto, il film soffre della mancanza del rito e della musicalità dei versi che ne  scandiscono le immagini.

marco massara

giovedì sera

La straordinaria versione ‘a cappella’ dell’andante della Serenata per fiati K 361 esprime il senso della operazione voluta da Jane Campion; se il cinema ha forse raccontato tutte le storie possibili, il modo di raccontarle può sempre rinnovarsi. E proprio appoggiandosi ad una biografia (forse non tanto ‘calda’ alle nostre latitudini) di cui lo spettatore conosce il tragico epilogo, sa raccontarla in modo da appassionarlo e da fargli quasi sperare “che sia tutto un sogno”/incubo da cui risvegliarsi. Una ricchezza ed efficacia di segno che va dalla leggerezza del volo di una farfalla alla fisicità dei rumori delle porte che sbattono, passando per la razionalità di un gatto che aggredisce proprio  la farfalla quando l’estasi crolla e un commovente scambio di carezze attraverso un muro, si unisce ad una rappresentazione con una gamma tonale sempre coerente con il ruolo della scena senza mai cadere nella vuota calligrafia di un “Ritorno a Brideshead”.

Unico neo i titoli di coda: non si può simultaneamente leggere i credits e ascoltare il poema di Keats con lo stupendo Mozart in sottofondo….

giorgio brambilla

venerdì sera

Non è un film facile Bright Star. I lunghi silenzi ed il ritmo lento lo rendono difficile da digerire, soprattutto per il pubblico maschile, generalmente meno incline al romanticismo con la “r” minuscola. Se però si decide di “nuotare in questo lago” e lo si guarda con occhio paziente si notano: le inquadrature impeccabilmente costruite; l'uso della profondità dello spazio e le barriere (si tratti dei vetri delle finestre o del muro che divide le stanze dei giovani amanti) che visualizzano le difficoltà di un rapporto create da convenzioni sociali, problemi economici, malattia e morte; le parole scritte, che possono annullare le distanze, come le lettere, o aprire uno spazio per l'immortalità, come la poesia che una Fanny in lutto continua a recitare; le immagini della natura, fonte di gioia e d'ispirazione creativa, come l'albero sul quale il poeta non trova il nido dell'usignolo che cercava, ma un momento di pace piena e l'ispirazione per una poesia che renderà questo stesso momento eterno; e soprattutto la relazione tra gli amanti, così inattuale nel suo pudore estremo, ma così archetipica nella sua assolutezza. Non è un film facile, ma vale lo sforzo che esige .