gli
animatori lo hanno visto così :
BENE
COSI’-COSI’
MALE
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LA VERSIONE DI BARNEY |
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DOM pom |
DOM
sera |
MAR |
MER |
GIO |
VEN |
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dei film precedenti
roberta braccio |
domenica pomeriggio |
Passare dal libro al film crea sempre reazioni "drastiche", tra chi ama e chi odia la traduzione visiva e la libera interpretazione che l'operazione inevitabilmente porta con sè. Scelta particolarmente coraggiosa quella di portare sullo schermo un personaggio, sicuramente filmicamente completo, come quello di Barney e di cambiare la struttura del libro (scandito dalle mogli di Barney) in una visivamente più scorrevole alternaza temporale. Giamatti funziona benissimo, in questa operazione, il film nel complesso - a mio avviso - un po' meno. Sarà perchè si diluisce quel nocciolo ruvido, politicamente scorretto e antipatico che è Barney o perchè la vita d'artista bohemien a Parigi viene stemperato in una Roma da cartolina patinata, rinnegando così l'intimo conflitto di Barney, sarà perchè il film rende fprse tutto un po' più facile e mordibo. |
giulio martini |
domenica sera |
Con un testo così era difficile
fare un brutto film . Il regista e lo sceneggiatore insistono molto sulle
tante dissociazioni mentali di Barney ( progetti/mezzi - affetti /
sessualità - intenzioni /gesti reali) che culminano nella "demenza senile,
ne registrano i tanti inciampi involontari ma decisivi ( resi visivamente 2
volte nei momenti cruciali, del treno e del colpo di pistola) ma
anestetizzano la sua cattiveria, il suo cinismo, molto mirato - nel libro -
anche verso il gruppo di apparteneza. Il film funziona piuttosto bene ( a
parte le banalità su Roma...) ma si innesta il solito dibattito: era questo il vero spirito originario? Bravi gli attori, tra tutti il vegliardo Hoffman. |
angelo sabbadini |
martedì sera |
Ha senso affidare a un regista televisivo la trasposizione cinematografica del fluviale Barney's Version? La risposta è il film di Richard J. Lewis che ordina, normalizza, anestetizza l'opera tellurica di Mordecai Richler. Anche gli attori si adeguano e pur bravissimi giocano a fare i "piacioni" evitando di avventurarsi nelle acide sgradevolezze degli antieroi del fortunato romanzo. |
carlo caspani |
mercoledì sera |
Il libro è altra cosa, certo, e lo scorrettissimo Mordecai Richler, morto dieci anni fa, non può nemmeno più prendersela con l'onesto mestierante Lewis. Che però si salva buttandola sul sentimento, e concentrandosi sull'amore, degno di un cantico biblico, di Barney per Miriam, più che sul suo vivere tre, quattro o cinque vite come nel libro, con un consumo smodato ma comprensibile di Montecristo e whisky. Giamatti e Hoffman adeguatamente malinconici per questa versione generalista, tra una Roma da operetta e una Rosamund Pike che invecchia fin troppo bene. |
fabio de girolamo |
giovedì sera |
La versione di Barney è un film
che punta tutto sul personaggio protagonista, sulla complessità della sua
costruzione e sulla credibilità della recitazione. Ne risulta un Barney
guidato nelle scelte di vita da due pulsioni contraddittorie
contemporaneamente attive: un cinico disincanto rivolto all’uomo e alle sue
capacità relazionali e un romanticismo assoluto che lo sospinge verso
innamoramenti per l’eternità. Due pulsioni in perenne collisione che lo
fanno essere sempre inadeguato alle situazioni e perennemente insoddisfatto
e lo portano a imboccare una china autodistruttiva. Tanto quanto funziona la costruzione del personaggio, così convince poco l’aspetto stilistico. Tenendo conto che il film è un percorso in flashback visto con gli occhi del protagonista, non si capisce come possa essere credibile una ricostruzione mnemonica così ordinata, cronologica e precisa da parte di un personaggio esuberante e scapigliato come Barney. Tanto più considerando che il flashback comincia in un periodo in cui comincia in lui a manifestarsi l’Alzheimer. Ci sarebbe voluto più coraggio, soprattutto nella costruzione temporale. |
giorgio brambilla |
venerdì sera |
Premessa maggiore al discorso. Non
ho letto il libro di Mordecai Richler, quindi non posso fare quei
confrontiche molti critici hanno ritenuto essenziali. È un problema, ma
tant'è. Il film in sé è il ritratto di un uomo che si sforza di costruire dei buoni rapporti umani, per il quale gli amici, i figli e l'unico vero amore della sua vita sembrano essere la cosa più importante del mondo. Queste buone intenzioni si inseriscono però in una vita globalmente sregolata; non a caso la prima inquadratura ce lo presenta mentre fuma, beve e causa con una telefonata un infarto al marito della sua ex moglie. Siamo di fronte alla tipico santo peccatore, che fa ogni giorno il suo massimo, ma ad essere davvero bravo proprio non ce la fa. Una figura non banale, interpretata da un ottimo Giamatti, supportato da altri attori ben in parte, a cominciare da Hoffman. Lo stile frammentario, giustificato dai flashback pressoché casuali, crea un testo che sorprende e coinvolge. Il risultato globale è una buona opera di genere, che non osa troppo ma mantiene quel che promette. |