guglielmina
morelli
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domenica
pomeriggio
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Una sola parola per definirlo: eccessivo. Troppo lungo e troppo
frammentato; troppi episodi (alcuni depistanti o pletorici) e troppi
personaggi; troppo fragoroso e troppo confuso nelle scene di massa; troppo
inutilmente cerebrale (quel tempo finale che si attorciglia su se stesso con
un movimento frenetico e rotatorio che è, insieme, proletticamente e
analetticamente, alluso dalla trottola) e troppo macchinoso; troppo cinefilo
e autocitazionista; troppo didascalico nello squadernare la realtà e per
nulla concreto (quei fascisti da burletta sono, francamente, insostenibili);
troppo serioso e troppo “tipicamente siciliano”; nonostante
l’uso del dolly e dei grandangoli, troppo terrigno e greve.
E però ….. si arriva alla fine dei 150 minuti senza
soffrire eccessivamente l’immobilità e la poltrona; quei mostri di
Palagonia che si animano non sono affatto male (e ci raccontano
l’orrore che è nel mondo) e, soprattutto, ci scopriamo inavvertitamente
partecipi delle vicende del protagonista, sentiamo emotiva partecipazione
alla sua storia e a quella della sua famiglia, amiamo la sua vitalità e
riconosciamo che l’autentico amore che lega i personaggi (aldilà dei
mafiosi ciechi e dei metafisici serpenti) è, forse, il vero perno su cui si
incardina tutto il film.
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angelo sabbadini
(inversione
con
giulio
martini)
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domenica
sera
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Davanti all’indecifrabilità del presente il cinema
italiano ripiega sulla
struggente memoria delle radici. Dopo Virzì e Rubini, anche Giuseppe
Tornatore
ripercorre le strade polverose del luogo natio e dà libero sfogo al carosello
della sua immaginazione. Ci racconta le vicende della sua famiglia attraverso
un mitico centro topografico/emotivo (Bagheria) descritto attraverso una
caleidoscopica serie di aneddoti e schizzi di una multiforme serie di
personaggi. Ogni sequenza si conclude con la classica forma della dissolvenza
in nero. L’intento è quello dell’affresco corale ma quando la
trottola di Cicco
si ferma e la musica di Morricone termina di straripare l’esito appare
allo
spettatore più vicino al gustoso bozzetto di colore che all’organicità
di un’
opera compiuta. Anche perché sul campo rimangono tante storie accennate,
tanti tipi in attesa di un destino, tante attese spettatoriali inevase.
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giulio martini
(inversione
con
angelo
sabbadini)
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martedì
sera
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corrono tutti nel film ( bambini , donne, operai, soldati,
aerei...) in una frenesia irrefrenabile di emozioni, folate di
vento caldo, eventi storici sincopati ed appena decifrabili.
E si urla, si ansima, ci sia arrabbia, si tirano pugli e sberle, si gridano
affetti e richieste di diritti.
Con qualche simbologia irrisolta ( le uova, la mosca nella trottola,
le montagne che nascondono un tesoro, le serpi, la piovra...)
Peppuccio cerca di rendere al cinema lo "streaming
sensoriale" della sua terra. E'un affresco popolaresco con la
perenne esigenza di "un'amplificazione" scenica
(avanspettacolo, cinema, dipinti, processioni,mascheroni, comizii teatrali
...) che fanno anche da "contro-canto " all'azione.
Forse un aspetto irrinunciabile dell'animo della Sicilia, fin
dall'infanzia , fin nel più umile quotidiano...
E dato che Tornatore ha un carattere speciale, come dice dei
conterranei, pretende molto: ma ha braccia piccole e vuole stringere proprio
tutto ! Troppo di corsa...
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carlo
caspani
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mercoledì
sera
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Giudizio severo per chi ha grandi mezzi ma li applica male:
Tornatore
parte da un progetto ambizioso, utilizza (bene) enormi mezzi tecnici e
(con risultati alterni) un cast siculo vario e numeroso, ma manca di
lucidità. Così la passione diventa confusione frenetica, i ricordi
sbiadiscono in macchiette e non bastano i simboli facili (uova, bisce,
sassi, trottole con mosca incorporata) per dare al film Autorialità e
Serietà, con la maiuscola come piacerebbe al Regista...
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marco
massara
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giovedì
sera
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Concepito con l’ambizioso
obiettivo di raccontare la ‘sicilianità’ Baaria oscilla a volte
pericolosamente tra spiegazione ed illustrazione. Alterna momenti di lucido
linguaggio cinematografico (efficace la gestione del trascorrere del tempo,
l’accenno al Mito, al Mistero, al Ritardo) a sconcertanti colpi bassi
emozionali da ‘rosso diretto’. Troppi tronconi narrativi sono accennati
ed interrotti, mentre altre volte
c’è un inutile abbandono a forme di racconto eccessivamente
didascaliche se non bozzettistiche (si veda l’occasione perduta della
rappresentazione dell’ episodio di Portella) ; eppure ci sono
momenti ‘alti’ come il
duetto gattopardesco con Frassica in tenuta balneare o il dialogo sull’
antipatia tra Peppino ed il figlio al momento del commiato alla stazione;
guarda caso due scene che non hanno bisogno di centinaia di
comparse....Tornatore sembra dimenticare che la regia è soprattutto
sottrazione: Francois Truffaut, insuperabile nel dosaggio tra emozione e
semplicità cartesiana del racconto,
diceva che fare un film è mettere un litro di sceneggiatura in una
bottiglia da ¾: stavolta sulla tovaglia c’è rimasto un po’ troppo
Nero d’Avola.
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giorgio
brambilla
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venerdì
sera
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È un po' troppo questo Baaria: un sacco di soldi, di
attori più o meno famosi (quelli che più sembrano esser infilati a forza: la
Bellucci e Faletti), di storie (quella con la “S” maiuscola e
tante con la “s” minuscola), di stili (dal dramma alla commedia
passando per il realista e l'onirico) e di citazioni cinematografiche, più o
meno esplicite (da Fellini “in giù). C'è materiale per tanti film.
Tornatore cerca d'infilarlo tutto in uno solo. Ci sono molte sequenze belle,
dal punto di vista poetico (la mosca ancora viva alla fine), comico (quella
del cappotto), cinefilo (i frammenti di pellicola), consapevolezza
metafilmica (l'inizio e la fine). Il risultato globale però è un insieme
disomogeneo, che finisce per essere superficiale da ogni punto di vista,
anche se godibile. Un vero spreco
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