gli animatori lo hanno visto così :    BENE

                                                            COSI’-COSI’

                                                            MALE

                                                

AFFETTI & DISPETTI

 

 

DOM

pom

DOM

sera

MAR

 

MER

GIO

VEN

 

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roberta braccio

domenica pomeriggio

Raquel vive in una gabbia/castello di cui lei si sente al tempo stesso prigioniera (se non lava i piatti prima comunque lo deve fare di lì a poco) e regina (vedi ad esempio le merendine) e anche i colori del film seguono l'azione: all'inizio algidi, si riscaldano man mano che si svegliano le sue emozioni. Raquel controlla il mantenimento quotidiano della casa e della famiglia, ha tutti nelle proprie mani, ma si annoia e soffre perchè è sola con il suo potere. Ci sono piccoli segnali che questo potere si sta crepando, che le sue certezze non sono poi così certe, ma communque trova il modo di tenere a bada tutte queste interferenze (con le pillole da un lato e con atteggiamenti ormai consolidati dall'altro). Tutto questo finchè non arriva il crollo fisico ed emotivo prima, e poi la mina impazzita che Raquel non conosce: la vita. Un film spontaneo che deve tutto ad un'ironia graffiante, e a qualche tocco di autentico grottesco che lo rende originale, oltre che ad una protagonista che riesce cn maestria a schivare di diventare una caricatura.

giulio martini

domenica sera

Il giovane borgenese Silva rende omaggio alla sua "tata" (dopo il Belleocchio de "La balia"...) con un ritratto rabbioso e malinconico. Come  ci si può asservire
ad'altra famiglia ?  Come si può condizionarla dal basso, pensando di posserderla ed invece finendo col morirci dentro ? Se non ci  fosse nessuno che ti fa uscire dalla catacombe ( o dal fondo della miniera... tante ce ne sono in Cile!?!)  e  fa conoscere l'aria aperta e un'alternativa possibile, gli umili ed i semplici si  renderebbero chiavi da soli ? Una domanda  forse troppo grossa per un piccolo, ma grande film, che allude forse ad altro: al mondo sommerso  delle classi subalterne che - non solo in Cile -  faticano ad emanciparsi ?    il giovane borgenese Silva rende omaggio alla sua "tata" (dopo il Belleocchio de "La balia"...) con un ritratto rabbioso e malinconico. Come  ci si può asservire
ad'altra famiglia ?  Come si può condizionarla dal basso, pensando di posserderla ed invece finendo col morirci dentro ? Se non ci  fosse nessuno che ti fa uscire dalla catacombe ( o dal fondo della miniera... tante ce ne sono in Cile!?!)  e  fa conoscere l'aria aperta e un'alternativa possibile, gli umili ed i semplici si  renderebbero chiavi da soli ? Una domanda  forse troppo grossa per un piccolo, ma grande film, che allude forse ad altro: al mondo sommerso  delle classi subalterne che - non solo in Cile -  faticano ad emanciparsi ?

angelo sabbadini

martedì sera

Nuovo segnale di vitalità del cinema cileno: Sebastiàn Silva rappresenta con Pablo Lorraìn, Josè Torres Leiva e Matìas Bize la nuova generazione di artisti che ha raccolto con determinazione  l’eredità della storica rinascita dell’industria cinematografica del 1990. Con slavati colori pastello il giovane Silva ci racconta la storia di una cameriera affetta dalla "sindrome dell'angelo sterminatore" che nei lontani anni sessanta affliggeva altre classi sociali. La particolarità dell’operazione sta tutta nel  tono cinematografico che utilizzando gli stilemi della commedia analizza con arguzia i rapporti di classe all’interno di un appartamento claustrofobico. Bravi gli attori e in particolare convincente appare la performance di Catalina Saavedra nella parte dell’ispida colf.

carlo caspani

mercoledì sera

Una sorpresina cilena apparentemente minimalista, con un lavoro di scavo psicologico sfaccettato e per nulla banale: cameriera e  datori di lavoro, adulti e adolescenti,  solitudine, affetti negati...Ben più approfondito e serio di quanto  faccia presagire il banale titolo italiano, con una protagonista  sconosciuta e bravissima.

marco massara

giovedì sera

Zero ‘appeal’ , niente musica, a meno che non abbia un significato ben preciso, toni dominanti grigio-verdi (il colore meno cinematografico) a bassissimo contrasto, un senso dello spazio angusto e claustrofobico gestito alla perfezione . Questo è lo stile della ‘Nana’ (il titolo italiano si arrampica un po’ sugli specchi per dissimulare la schiettezza di quello originale) con cui si racconta la battaglia di Raquel per conquistare e garantirsi il suo spazio vitale all’interno degli equilibri tra il rispetto dei ruoli (la famiglia ‘padrona’ e il personale di servizio) ed il riconoscimento dell’importanza della sua presenza per il buon funzionamento della casa. Una gestione del ‘dentro’ e del ‘fuori ‘ di rara efficacia , rumori che diventano protagonisti (l’aspirapolvere sembra un allarme aereo) ,l’indicazione discreta di una ‘lacuna’ nel passato di Raquel ed un finale aperto alla speranza; Raquel riceve una scarica di energia vitale dalla reazione di Lucy al suo ripetitivo dispetto e letteralmente ‘si mette in moto’, dapprima con passo incerto,  ma via via sempre più convinto .  

giorgio brambilla

venerdì sera

Questa settimana Giorgio è stato sostituito da Roberta