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Ciclo: “Cinema a km zero”  

LA TENEREZZA

 

Mercoledì           29 novembre 2017

Venerdì                01 dicembre 2017

 

 

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Regia

Gianni Amelio

Anno, durata

2017; 103’

Filmografia parziale

Colpire al cuore (1983); I ragazzi di via Panisperna (1988); Porte aperte (1990); Il ladro di bambini (1992); Il mercante - cortometraggio (1992); Lamerica (1994); Così ridevano (1998); La terra è fatta così (2000); Le chiavi di casa (2004); La stella che non c'è (2006); Il primo uomo (2011); L'intrepido (2013); Felice chi è diverso (2014); La tenerezza (2017)

Soggetto

Dal romanzo di L. Marone, La tentazione di essere felici (2015)

Interpreti

Elio Germano (Fabio), Giovanna Mezzogiorno (Elena), Micaela Ramazzotti (Michela), Greta Scacchi (Aurora), Renato Carpentieri (Lorenzo), Arturo Muselli (Saverio), Giuseppe Zeno (Giulio), Maria Nazionale (Rossana), Hieb Khili (Imputato tunisino), Valerio Comparelli (Paziente ospedale), Renato Carpentieri Jr. (Francesco), Fabio Cocifoglia (Notaio), Bianca Panicci (Bianca).

Sceneggiatura

Gianni Amelio, Alberto Taraglio

Fotografia

Luca Bigazzi

Montaggio

Simona Paggi

Musica

Franco Piersanti

Note

Globo d'oro 2017 a Renato Carpentieri come Miglior attore. Nastro d'argento 2017 per: Miglior film, Regia, Attore protagonista (renato carpentieri) e Fotografia.

 

TRAMA

Sentimenti che si incrociano tra il sorriso e la violenza. Un padre e i suoi figli non amati, un fratello e una sorella in conflitto, una giovane coppia che sembra serena. E i bambini che vedono e non possono ribellarsi. La storia di due famiglie in una Napoli inedita, lontana dalle periferie, una città borghese dove il benessere può mutarsi in tragedia, anche se la speranza è a portata di mano.

 

INTERVISTA A GIANNI AMELIO

«È un film d’occasione. Ma qualche volta le occasioni diventano spunti per trovare cose tue, alle quali magari non avresti pensato se lo stimolo non fosse arrivato da fuori. Io sono per cogliere le occasioni. Questa forse era rischiosa, perché il romanzo alla prima lettura mi è sembrato fuori dalla mia portata. Però, nel momento in cui ho chiesto e ottenuto una certa libertà di movimento, ho visto che c’erano anche delle possibilità che mi sarebbe piaciuto sperimentare. La prima è ambientare un film a Napoli. Napoli come parte del racconto, non come cornice. Poi la voglia di parlare di un uomo della mia età e di mettermi in gioco con qualche stimolo privato. Non c’è mai stata questa corrispondenza nei miei film, sono sempre stato o più giovane o più vecchio dei protagonisti. Non credo che Lorenzo mi somigli, ma in comune con me ha i disagi e le idiosincrasie di un’età molto speciale, che sono i settant’anni. Il rapporto con i figli, per esempio, tema che mi appassiona da sempre e che oggi vedo in un’altra prospettiva. Ma la cosa più importante è stata la possibilità di scegliermi gli attori giusti e mettere in atto la parte più interessante del mio lavoro, cioè dirigerli a modo mio, creando una complicità e un’intimità che coinvolge la persona, non solo l’interprete». [Gianni Amelio intervistato da Fabrizio Tassi, cineforum.it]

RASSEGNA STAMPA

 

Il fascino e la forza del film sono soprattutto (...) nell'accettazione silenziosa di un'aridità che Lorenzo ha finito come per trovarsi addosso, forse senza sapere perché (sono così tante le complicazioni della vita...) e che però accetta ineluttabilmente, come una condanna del destino. A volte certi dialoghi rischiano di dire o sottolineare troppo (l'incontro con Greta Scacchi, il dialogo intorno a un gelato col nipotino, l'ultima scena con la Ramazzotti), ma alla fine Amelio sa trovare il giusto equilibrio tra il bisogno di confrontarsi con l'intimità delle persone e la voglia di essere sincero fino all'(auto) flagellazione. (Paolo Mereghetti, Corriere della Sera, 21 aprile 2017)

 

Rielaborando in maniera molto personale la materia letteraria di partenza, Amelio toma dunque a riflettere sul rapporto tra padri e figli, scegliendo per la prima volta un protagonista suo coetaneo e aggiungendo un tassello importante al racconto di sé. Non si tratta ovviamente di un film autobiografico, ma di una storia però che consente al 'ragazzo di Calabria' di riflettere sul difficile dialogo tra generazioni e di fare i conti con la sua esperienza di figlio (suo padre viveva lontano, in Argentina), oltre che di genitore (adottivo). (...) Se ascolterete bene la canzone dei titoli di testa 'Mia ForaThymamai' che la greca Arleta cantava negli anni Sessanta, scoprirete che La tenerezza, forse il film più inafferrabile e inquieto di Amelio, ha lo stesso fascino poco orecchiabile di quella melodia, non facilmente accessibile, ma capace di schiudere le porte di un mondo misterioso, poetico, che il regista tratteggia con lo stile che caratterizza i suoi film più intimi e che racconta seguendo percorsi tutt'altro che scontati. (Alessandra De Luca, Avvenire, 21 aprile 2017) 

 

Con la sua abilità nel mettere in mostra i lati oscuri della nostra società, le zone da tenere nascoste (Colpire al cuore) fino a quelle in controtendenza (Intrepido ne è stato l'esempio folgorante) con La tenerezza Gianni Amelio compie un pericoloso percorso in un mondo che ha perso i sentimenti. Quasi a servirsi di un materiale scottante, porta lo spettatore a confrontarsi con una inesauribile gamma di emozioni che dapprima sono lievi e appaiono quasi timidamente, come una sorta di gentilezza e di accoglienza, di cura e di amorevolezza, per poi risalire la china con toni sempre più forti e aspri, come il dolore, il disgusto, l'abbandono, l'indifferenza, la mancanza di perdono. È come se Amelio mettesse il pubblico di fronte a una terapia per riappropriarsi di sfumature che non gli appartengono più, cancellate ormai quasi solo da una cupa tensione. Quasi un abbecedario, una grammatica da imparare nuovamente a furia di vedere le immagini a senso unico proposte quasi sempre dal nostro cinema, ma anche per riconoscere quelle sensazioni che si direbbero sparite dai rapporti umani come per un'anestesia generalizzata. (...) è (...) puro cinema questo rendere materia viva attraverso i personaggi un materiale tanto poetico e impalpabile ma anche quello più vistosamente drammatico tratto delle nostre cronache, come può essere il confronto con il migrante o con le famiglie «normali» che finiscono in cronaca nera. II film ti costringe a non cambiare pagina, a guardare negli occhi almeno per qualche secondo l'altro, a cercare ragioni. […] Senza proclami, ma con una sapienza rara, La tenerezza riesce a creare un mondo dove infine la cupa ostilità verso la vita che costringe inevitabilmente ad invecchiare si stempera dopo aver imparato nuovamente a uscire dal proprio egoismo (...). (Silvana Silvestri, Il Manifesto, 21 aprile 2017)

 

Si svolge a Napoli, la città dove Renato Carpentieri si è formato come uomo e come artista (è nato a Savignano Irpino). Ma potrebbe essere un film inglese: la trama è tutta costruita sulla paura di esprimere i propri sentimenti, sull'incapacità di trovare le parole giuste per dirli; e tutto il grande cinema britannico, da lo sono un campione di Lindsay Anderson al miglior Ken Loach, fino a Mike Leigh, racconta proprio questo 'pudore' che finisce per trasformarsi in vergogna. (...) La tenerezza è un meraviglioso viaggio nell'infanzia, un mondo nel quale Amelio ama ritornare e che si diverte a rintracciare anche laddove sembra essere obliterato. Naturalmente ostinarsi a rimanere bambino, per un adulto, è una nevrosi: per questo nella trama sono in agguato il dolore e la morte, e per questo Lorenzo deve attraversare l'inferno per ritrovare il paradiso; o, meglio, per vivere un gesto di tenerezza - appunto. (Alberto Crespi, L'Unità, 21 aprile 2017)

 

Ci vediamo il 13/15 dicembre con LALALAND, di D. Chazelle, 2016, 126’

 

(scheda a cura di Matteo Mazza)