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Ciclo: “Famiglie” Ritratto di famiglia con tempesta (Umi yori mo mada fukaku) Mercoledì 16 maggio 2018 Venerdì 18 maggio 2018
117’
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Regia |
Hirokazu Kore-eda
(Tokyo, 1962) |
Filmografia |
Still
Walking (Aruitemo aruitemo) (2008) Father and
Son (Soshite chichi ni naru) (2013) Little Sister (Umimachi Diary)
(2015) |
Genere |
Drammatico |
Interpreti |
Hiroshi Abe (Shinoda Ryota), Yôko Maki (Shiraishi
Kyoko), Taiyô Yoshizawa (Shiraishi Shingo), Kirin Kiki (Shinoda Yoshiko), Satomi
Kobaiashi (Shinoda Kinatsu) |
Sceneggiatura |
Hirokazu Kore-eda |
Fotografia / montaggio |
Yutaka Yamazaki /
Hirokazu Kore-eda |
Musica |
Hanaregumi |
TRAMA
Fino a ieri Ryota aveva tutto: una consorte, un
figlio e un altro romanzo da scrivere dopo aver vinto un premio letterario
prestigioso. Poi qualcosa è andato storto, Kyoko gli ha chiesto il divorzio,
Shingo lo vede soltanto una volta al mese, il romanzo è rimasto un'intenzione.
Per pagare l'assegno mensile alla ex moglie, lavora per un'agenzia
investigativa, per dimenticare le indagini ordinarie gioca alle corse, alla
lotteria, a qualsiasi cosa possa restituirgli quello che ha perduto. Ma la vita
è più complicata di così, bugie, tradimenti, meschinità gli hanno alienato la
fiducia degli affetti. Ryota gira a vuoto e fatica a trovare il suo posto nel
mondo e in quello di suo figlio. Poi una sera un ciclone si abbatte su Tokyo e
sulla sua famiglia che trova riparo a casa della madre, felice di averli di
nuovo tutti e tre insieme. La notte porterà consiglio e Ryota proverà a
riguadagnare la fiducia di Shingo e a 'scommettere' questa volta sull'amore. Il
vento si placa e una mattina tersa si prepara.
RASSEGNA STAMPA
"Antica
quanto la settima arte, negli ultimi anni la cinematografia giapponese non ha
espresso personalità a livello del suo glorioso passato. Tra le più
interessanti c'è quella di Hirokazu Kore-Eda, autore a pieno titolo dalla
poetica ben riconoscibile: centrata, soprattutto nelle ultime opere ('Father
and Son', 'Little Sister'), sulla famiglia, il rapporto tra presente e passato,
i sentimenti individuali nel piano tematico, la sobrietà di regia in quello
formale. Frequentatore abituale di Cannes, l'anno scorso il cineasta nipponico
ci aveva portato 'Ritratto di famiglia con tempesta' (...). L'ultima parte del
film, che si svolge all'interno della casa, è una seduta a porte chiuse
condotta con un senso dell'intimità - e insieme del pudore- visto di rado nel
cinema più recente. Ne era maestro il grande Yasujiro Ozu: inarrivabile, certo,
ma del quale Kore-Eda è un po' il discepolo inconfessato. Simile la capacità di
rendere significanti i gesti di ogni giorno, di suggerire le tempeste interiori
senza ricorrere a sovra-toni, di caricare simbolicamente gli oggetti più banali
(qui i biglietti della lotteria che il ragazzino, ben più 'adulto' del padre,
vorrebbe vincere per riunire i genitori). Ma la sottigliezza del regista si
apprezza in particolare nel modo in cui ci spinge a percepire i suoi
personaggi. Quello del protagonista, soprattutto. Inaffidabile, geloso,
bugiardo e non troppo onesto, Ryota avrebbe tutto per risultarci antipatico; e
invece, nella sua immaturità puerile, ma unita a un sincero desiderio di riscatto,
finisce poco a poco per aggiudicarsi la nostra solidarietà." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica')
"(...)
è un altro dei bellissimi racconti famigliari a cui il regista ha dedicato i
suoi ultimi lavori. Dopo il mondo femminile di 'Our Little Sister', al cuore
della storia c’è un personaggio maschile. Non un uomo inflessibile - con gli
altri e con se stesso - come il padre di 'Like Father Like Son', ma un uomo
spezzato, deluso di sé, e che ha deluso chi gli sta intorno. (...) Kore-Eda
mette in scena una delicatissima coreografia dei personaggi, dei dialoghi e dei
sentimenti; in cui, dalle macerie di cose preziose perdute per sempre (...),
dalla malinconica accettazione di quanto certi sogni siano irrealizzabili,
dall'amarezza dei rimpianti, sboccia il senso di una realtà nuova, più profonda
- degli affetti e delle identità. Quando, il mattino dopo - e dopo la tempesta-
i personaggi escono alla luce del sole, nessuno è cambiato. Però è tutto
diverso."
(Giulia D'Agnolo Vallan, 'Il
Manifesto')
“Un
cinema minimalista, intimo che elegge Kore-Eda erede poetico del grande Ozu,
dove i personaggi si chiedono come e perché sono scomparsi i loro sogni, di
qual corto circuito siano rimasti vittime. Hiroshi Abe (un bravissimo Gregory
Peck nipponico), vaga insicuro e goffo, offrendo un sorriso. L'autore dice che
in punto di morte porterà a Dio questo film come prova del suo impegno
terrestre: pronti a fargli da garanti per la dolcezza con cui esprime le
emozioni invisibili di tutti e rende il tempo del cinema uguale a quello
reale."
(Maurizio Porro, 'Corriere della
Sera')
"(...)
bellissimo film, del regista giapponese Kore-Eda Hirokazu. Anche in questo suo
nuovo lavoro (...) ci porta al cuore di una vicenda familiare raccontata, come
nelle sue corde, soprattutto scandagliando i legami affettivi tra padre e
figlio per allargare poi il discorso a quelli tra marito e moglie, tra il
giovane padre e l'anziana madre dove, ad essere messa in scena, è proprio la
delicata trama dei rapporti e dei sentimenti che lega tra di loro le persone.
(...) Con il suo stile delicato e rarefatto, il regista racconta la trama dei
rapporti familiari legando il passato e il presente in un intelligente lavoro
di introspezione. Al centro di tutto la riflessione su come si diventa quello
che si è, di come accettare che la vita che si sognava non si sia avverata, di
come affrontare la vita giorno per giorno e, una volta adulti, prendere atto,
per esempio, che in una coppia non basta più solo l'amore." (Andrea Frambrosi, 'L'eco di Bergamo')
Ritratto
di famiglia con tempesta sembra un film ancora più essenziale nel cinema di
Kore-eda. Non pedina neorealisticamente il protagonista, ma ne cattura lo
scarto tra desiderio di ricominciare e una sottile autodistruttività. C’è
sempre un tempo dell’attesa, una sottile incertezza vicina all’inquietudine
quando l’inquadratura successiva potrebbe mostrare una sorpresa che potrebbe
rimettere in gioco tutto. Invece delle case in collina o i giardini di
provincia, c’è un dichiarato ritorno ai quartieri della sua infanzia, i
caseggiati dell’Asahigaoka House Complex di Kiyose, a Tokyo. E dietro una
rappresentazione apparentemente impassibile, si avvertono fratture del passato,
piccoli e grandi dolori e una malinconia del tempo che passa mostrati con una
magica trasparenza simile al cinema di Ozu. Il cinema di Kore-eda balla
sottilmente tra il dramma e le forme di una commedia leggera. La giornata di
Ryoka con il figlio ha momenti esilaranti come l’acquisto degli scarpini da
calcio che vengono intenzionalmente rovinati dal protagonista prima di andare
in cassa per poter pagare così di meno. Lì si avverte l’inadeguatezza di Ryoka
davanti alla normalità del rapporto padre-figlio, che diventa invece qualcosa
di straordinario, e la tentazione impossibile di trasformarsi in qualcos’altro.
Sono tutte geometrie che intrecciano i rapporti del personaggio principale
anche con la madre e l’ex moglie, protagonisti tutti e tre di un folgorante
momento: i due parlano seduti per terra; quando arriva la tempesta, sono come
intrappolati, mentre la madre prepara da mangiare. La vita continua a scorrere
normalmente, in una tranquilla immobilità come gli anziani che ascoltano
Beethoven. Un tempo provvisorio, sempre sul punto di fuggire, un momento di
serenità, di pace che appena ci si rende conto è già passato. La magia del
cinema, dello sguardo di Kore-eda, sta nell’attraversarlo consapevolmente in
uno stato continuamente sospeso tra allegria e tristezza, dove la visione
diventa esperienza, memoria di un’esistenza. Quella propria.
(Simone Emiliani, cineforum.it)
(scheda a cura di Carolina Papi)
prossimo film
23/25 maggio: Captain
Fantastic (ore 21 e 15,30)