Ciclo: “Diritti d’autore”

L’INSULTO

 

Mercoledì           21 novembre 2018

Venerdì               23  novembre 2018


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Locandina italiana L'Insulto

 

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Regia

Ziad Doueiri

Paese, anno, durata

Libano, Francia, Stati Uniti d'America, Belgio, Cipro, 2017, 112’

Filmografia parziale

West Beyrouth (À l'abri les enfants) (1998), Lila dice (Lila dit ça) (2004), The Attack (2012), Affaire Étrangère (2013), L'insulto (L'insulte) (2017)

Interpreti

Adel Karam (Yasser), Kamel El Basha (Tony Hanna), Camille Salameh
 Rita Hayek

Sceneggiatura

Ziad Doueiri, Joelle Touma

Fotografia

Tommaso Fiorilli

Montaggio

Dominique Marcombe

Musiche

Éric Neveux

Note

Coppa Volpi Migliore interpretazione maschile a Kamel El Basha a Venezia 2017. Candidato Oscar miglior film straniero

 

TRAMA

Un litigio nato da un banale incidente porta in tribunale Toni e Yasser. La semplice questione privata tra i due si trasforma in un conflitto di proporzioni incredibili, diventando poco a poco un caso nazionale, un regolamento di conti tra culture e religioni diverse con colpi di scena inaspettati. Toni, infatti, è un libanese

cristiano e Yasser un palestinese. Al processo, oltre agli avvocati e ai familiari, si schierano due fazioni opposte di un paese che riscopre in quell’occasione ferite mai curate e rivelazioni scioccanti, facendo riaffiorare così un passato che è sempre presente.

 

NOTE DI REGIA

 

«La premessa per il film era qualcosa che in effetti è accaduta a me molti anni fa a Beirut. Ebbi una discussione con un idraulico, una cosa molto banale, ma i temperamenti sono andati scaldandosi velocemente, e praticamente dissi le stesse parole che sono nel film. L’incidente avrebbe potuto anche essere irrilevante, ma non i sentimenti subcoscienti. Quando ti escono parole simili, è perché sono stati toccati sentimenti ed emozioni molto personali. Joëlle Touma, mia co-sceneggiatrice nel film, quel giorno era presente. Mi convinse ad andare da lui per chiedere scusa. Finii per andare dal suo capo a presentare le mie scuse. Quando il suo capo usò questa, e altre ragioni, per licenziare quell’uomo, presi immediatamente le sue difese. Successivamente mi resi conto che questo era del buon materiale per una sceneggiatura. […] Il nostro passato in maniera inconscia ci aiuta a costruire una storia, non c’è dubbio. Per me la giustizia è sempre stata molto importante. Provengo da una famiglia di giudici e avvocati. Mia madre è avvocato ed è stata il consulente legale del film. Abbiamo avuto molte conversazioni intense durante la fase di scrittura del film. È molto abile! Mia madre ha fatto molta pressione per far assolvere il palestinese nel film... Parlando di cose serie, Joëlle ed io siamo entrambi molto preparati sulla storia della guerra civile libanese, e

conosciamo il prezzo pagato da entrambe le parti. Proveniamo entrambi da famiglie con profonde convinzioni politiche. Joëlle viene da una famiglia cristiana falangista mentre io da una famiglia sannita che ha difeso la causa palestinese, in modo alquanto virulento. Poi, da giovani adulti, abbiamo entrambi cercato, nel corso degli anni, di comprendere il punto di vista dell’altro. Ognuno di noi ha compiuto un passo, trovato un equilibrio, una forma di giustizia, in questa storia Libanese – in cui nulla è bianco o nero, dove è impossibile dire “questi sono i buoni e questi i cattivi». [Ziad Doueiri]

RASSEGNA STAMPA

 

"Nel film libanese tutto sembra nascere dal carattere fumantino dei due contendenti, affidati agli eccellenti Adel Karam e Kamel El Basha (...) le ragioni dell'uno o dell'altro diventano la miccia che accende la contrapposizione mai sopita tra cristiano-libanesi (assimilabili per certi versi ai nostri leghisti) e profughi palestinesi, forti della solidarietà militante che li accompagna. E che il film svela poco a poco, un interrogatorio dopo l'altro, mentre ci si srotola davanti la storia degli ultimi cinquant'anni di storia libanese, fatta di sangue e di odi incrociati." (Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 1 settembre 2017)

 

“Un'opera di immersione in profondità, dunque, tra lapsus e impulso, raccontata però in verticale, perché il conflitto, come la rabbia, come l'umiliazione, è qualcosa che monta. Raccontata in maniera diritta, appunto, attraverso tappe che si potrebbero dire prevedibili, eppure, non solo l'avverarsi del prevedibile è parte integrante del discorso, ma soprattutto è sfumato, colorato, drammatizzato da un ottimo copione, che si muove abilmente tra la sfera pubblica (e il film processuale) e il momento privato (dunque il dramma psicologico). Con il colpo di genio di fare dei due avvocati rivali un padre e una figlia, che non possono non portarsi in aula dell'altro: qualcosa che va al di là degli "atti", esattamente come il confronto tra Toni e Yasser va al di là dell'insulto pronunciato sul momento e affonda in una sofferenza, privata e collettiva, che ancora tormenta e fomenta”. (Marianna Cappi, MyMovies.it)

 

“È complesso il retroscena al quale rimandano mille riferimenti nel film di Ziad Doueiri. La storia del Libano postcoloniale retta su delicati equilibri tra diverse comunità con netta prevalenza demografica e politica di quella cristiana. La leadership del suo partito, conservatore, passata di mano tra i membri della dinastia Gemayel. La massiccia immigrazione palestinese vissuta come un'alterazione degli equilibri. L'interminabile stato di guerra civile e l'episodio del 1982 quando le milizie cristiane (di fatto schierate con Israele) contribuirono a fare strage dei profughi palestinesi. L'insulto riconduce però tutto alla lite tra un capomastro palestinese e l'inquilino (cristiano radicale) di un palazzo che affaccia sulla strada dove l'impresa di cui è dipendente il primo sta facendo lavori. Entrambi hanno un passato familiare e personale doloroso che condizionerà il processo scaturito dalla loro lite, a sua volta nucleo emotivo forte e centrale del film”. (Paolo D’Agostini, ‘La Repubblica’, 7 dicembre 2017)

 


Il problema di fondo di The Insult è principalmente di regia: educato al cinema in America, cresciuto sui set dei primi film di Tarantino, Ziad Doueiri confeziona il film disinnescando il potenziale politico della scrittura, e ne cava un prodotto spesso troppo enfatico, e al tempo stesso meno appassionante di un buon episodio di The Good Wife: perché non bastano certo i movimenti continui della camera, o le agnizioni di metà film (l’avvocatessa che difende Yasser è figlia del principe del foro che rappresenta Toni, carramba!), o flashback centellinati a bocconi, infiammati da effettacci fotografici, o lo scoresempre troppo roboante; e non aiuta la caratterizzazione degli altri personaggi femminili, le mogli soprattutto, abbozzate appena, a dare la profondità corale e la complessità psicologica e, ovviamente storica, che un’altra economia di mezzi avrebbe potuto cavare da uno spunto del genere”. (Alessandro Uccelli, Cineforum.it)

 

 

Ci vediamo il 28/30 novembre con UNA DONNA FANTASTICA, di Sebastian Lelio, Cile-Germania, 2017, 104’.

 

(scheda a cura di Matteo Mazza)