Ciclo: “Diritti d’autore”
UNA DONNA FANTASTICA
Mercoledì 28 novembre 2018
Venerdì 30 novembre
2018
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Regia |
Sebastián Lelio |
Paese, anno, durata |
Cile, Usa, Germania, Spagna – 2017, 104’ |
Filmografia parziale |
La sagrada familia (2006), Navidad (2009), El año del tigre (2011), Gloria (2013), Una donna fantastica (Una mujer fantástica) (2017), Disobedience (2017), Gloria Bell (2018) |
Interpreti |
Daniela Vega - Marina, Francisco Reyes - Orlando, Aline Küppenheim - Sonia, Luis Gnecco - Gabo, Am-paro Noguera - Adriana, Antonia Zegers - Alessandra, Roberto Farías - Medico, Nicolás Gil Saavedra - Bruno, Néstor Cantillana - Gaston, Alejandro Goïc - Dottore, Sergio Hernández - Insegnante di canto |
Sceneggiatura |
Sebastián Lelio, Gonzalo Maza |
Fotografia |
Benjamín Echazarreta |
Montaggio |
Soledad Salfate |
Musiche |
Matthew Herbert |
Note |
Orso d'argento per la Miglior sceneggiatura al 67. Festival di Berlino (2017). Oscar 2018 come Miglior film straniero. |
TRAMA
Marina e Orlando sono innamorati e pianificano di passare le loro vite
insieme. Lei lavora come cameriera e adora cantare. Il suo compagno, di 20 anni
più grande, ha lasciato la sua famiglia per lei. Una sera, tutto cambia. Marina
è però una donna forte e coraggiosa e si batterà contro tutto e tutti per
difendere la propria identità e i propri sentimenti.
NOTE DI REGIA
«Ci troviamo ad un bivio storico: da una parte c'è chi vuole alzare muri,
chiudere frontiere, tenere separate le razze e le classi sociali, emarginando
chiunque sia in qualche modo diverso. Dall'altra una controcultura altrettanto
potente cerca invece di accogliere la complessità della vita e di imparare a
vivere insieme. È in gioco la sopravvivenza della specie umana, anche se non
credo che l'universo sentirà la nostra mancanza, qualora dovessimo soccombere».
[Sebastian Lelio]
RASSEGNA STAMPA
"Se il titolo non sembra aver
dubbi sulle qualità della sua protagonista - Una donna fantastica - il film gioca maggiormente sull'ambiguità.
(...) avanza come su due binari paralleli: da una parte le reazioni che
l'identità sessuale di Marina scatena in chi non è disposto ad accettarla, si
tratti della famiglia del defunto o di una commissaria di polizia, e dall'altra
la volontà della regia (di Sebastián Lelio) e della sceneggiatura (sempre di
Lelio e di Gonzalo Maza) di «difendere» il diritto alla riservatezza - se così
vogliamo chiamarlo - della protagonista e non rispondere mai alla domanda che
aveva fatto il figlio di Orlando. Un modo, questo, per sottolineare da una
parte il razzismo e il disprezzo che la buona borghesia cilena (ma
evidentemente il discorso vuole andare al di là dei confini geografici) riserva
a chi non rientra nelle categorie mentali dei benpensanti, ma dall'altro per
non fermarsi al solo discorso moralistico sull'accettazione di chi è
considerato «diverso» e spingere invece lo spettatore a identificarsi con
Marina e, soprattutto, a farsi carico della sua sensibilità ed entrare nella
sua psicologia. Se le scene di violenza verso Marina formano la parte
melodrammatica ma anche più prevedibile del film (...) la forza e il cuore del
film stanno piuttosto nelle scene in cui una sessualità che non sappiamo bene
come definire viene ribadita con belle intuizioni di regia. (...) un film che
sa spingere lo spettatore a superare i luoghi comuni per confrontarsi con le
prove e i misteri dell'ambiguità, e che l'ultimissima scena con la protagonista
che intona l'aria 'Ombra mai fu' dal 'Serse' di Händel suggella con il fascino
ineffabile di una musica che infrange le regole dell'identità sessuale".
(Paolo Mereghetti, 'Corriere della Sera', 19 ottobre 2017)
"Il cileno Sebastián Lelio
prosegue dopo il premiato Gloria la
sua esplorazione della dignità e dell'orgoglio femminili con un nuovo film,
anch'esso premiato (...) al festival di Berlino, e un nuovo forse un po' meno
indimenticabile ma altrettanto ben inciso personaggio. (...) Coprodotto dal regista
cileno Pablo Larraín, con il cui formidabile stile Lelio condivide solo in
parte l'asciutta crudezza. Qui la sua mano si rivela più incerta nell'alternare
l'impianto realistico del suo fiero ritratto femminile a divagazioni
gratuitamente estetizzanti." (Paolo D'Agostini, 'La Repubblica', 19
ottobre 2017)
"Un'altra struggente storia di
identità femminile raccontata da Sebastián Lelio (...) un intreccio sempre più
drammatico e nello stesso tempo intimo poiché il genere transgender di Marina
(la interpreta Daniela Vega, una celebre cantante lirica transgender) si svela
un po' alla volta come a mettere lo spettatore di fronte a un essere
continuamente flagellato per la sua condizione. E mette Marina stessa di fronte
alla sua identità, forte e decisa, persona che non si lascia intimidire. La
messa in scena procede in modo che lo spettatore possa osservare ogni suo
comportamento, ogni lato della sua persona (...). Un turbamento lungo tutto il
film coglie lo spettatore invitato a identificarsi, poi ad allontanarsi, a
porsi le stesse domande che vengono formulate, a subire l'empatia suggerita
dalla trama, a reagire di fronte alla mancanza di pietà. (...) È un film che
parla a tutti, ma è piuttosto interessante cogliere le aperture di una società
piuttosto conservatrice, dove conta soprattutto il nome di famiglia e il vero
scandalo non è tanto avere una relazione, ma averla con qualcuno di classe
inferiore." (Silvana Silvestri, 'Il Manifesto', 19 ottobre 2017)
"(...) un trans-gender movie ad
ogni livello, capace di travalicare etichette formali di cine-genere così come
riesce a dar conto di un personaggio/persona a tutto tondo, a prescindere dalla
sua identità sessuale. II 42enne Lelio, tra i principali esponenti della nuova
ed esplosiva generazione di cineasti cileni, si conferma abile narratore di
esistenze funamboliche, perennemente incrociate in un caparbio tentativo a
migliorarsi." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 19 ottobre 2017)
"(...) impossibile non
appassionarsi alla lotta messa in scena in uno dei migliori film del Concorso,
il cileno 'Una mujer fantástica', di Sebastian Lelio (...) una Daniela Vega da
premio (...) film, mai urlato, sempre sorprendente (produce Pablo Larraín), non
prende mai la strada facile dell'indignazione puntando invece sulla coerenza e
la fierezza di questa protagonista davvero fantastica. Il cinema cileno
continua la sua stagione d'oro." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 14
febbraio 2017)
"Lelio restituisce un ritratto
feroce della classe borghese e della sua rivendicazione mai affrancata dai
legami coi poteri anche quelli più sanguinari della dittatura, ma il suo centro
rimane lei, Marina splendidamente incarnata da Daniela Vega, è la sua presenza
che permea il film di fascino e di mistero rovesciando i cliché potrebbero
soffocarlo. L'ambiguità sessuale di Marina diviene l'ambiguità del film, ne
modella la sostanza spostando ogni riferimento nella dimensione del desiderio
in un modo per tutti gli altri insostenibile. Estranea a quel mondo Marina
mantiene il suo segreto, e con lei il regista che la filma senza mai mostrarne
il sesso, quello che tutti vogliono sapere volgarmente. È questa dimensione che
le permette di essere donna e uomo insieme, di passare da una parte e
dall'altra, di essere quasi hitchcockianamente una «vertigo», una donna che
visse due volte, diviene quella del film, fantasmagoria intelligente di
crudeltà e tenerezza." (Cristina Piccino, 'Il Manifesto', 14 febbraio
2017)
Ci vediamo il 12/14 dicembre con AMMORE
E MALAVITA, di Manetti Bros, Italia, 2017, 133’.
(scheda a cura
di Matteo Mazza)