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Ciclo:
“Famiglie” Captain Fantastic Mercoledì 23 maggio 2018 Venerdì 25 maggio 2018
118’
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Regia |
Matthew Brandon
Ross, noto come Matt Ross (Greenwich, 3 gennaio 1970), è un attore, regista e
sceneggiatore statunitense. |
Filmografia |
28 Hotel Rooms (2012) |
Genere |
Drammatico Commedia (“dramedy”) |
Interpreti |
Viggo Mortensen (Ben Cash), George MacKay (Bodevan "Bo" Cash),
Samantha Isler (Kielyr Cash), Annalise Basso (Vespyr Cash), Nicholas Hamilton
(Rellian Cash), Shree Crooks (Zaja Cash), Charlie Shotwell (Nai Cash), Trin
Miller (Leslie Abigail Cash), Frank Langella (Jack) |
Sceneggiatura |
Matt Ross |
Fotografia / montaggio |
Stéphane Fontaine
/ Joseph Krings |
Musica |
Alex Somers |
TRAMA
Ben vive con la moglie e i sei figli, isolato dal
mondo nelle foreste del Pacifico nord-occidentale. Cerca di crescere i suoi
figli nel migliore dei modi, infondendo in essi una connessione primordiale con
la natura. Quando una tragedia colpisce la famiglia, Ben è costretto suo
malgrado a lasciare la vita che si era creato, per affrontare il mondo reale,
fatto di pericoli ed emozioni che i suoi figli non conoscono.
RASSEGNA STAMPA
"Pluripremiato
dal Sundance a Cannes e alla Festa di Roma, l'opera seconda di Matt Ross, educato
in una comune, è un prodigio formale e tematico, capace di smontare la
sacralità dell'ideologia hippy a vantaggio di un nuovo paradigma pedagogico,
fondato sulla sana mediazione. E tale 'compromesso' risiede anche nella scelta
linguistica adottata dal regista 48enne: squisitamente indie ma assai attraente
al grande pubblico, che riderà e si commuoverà." (Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto
Quotidiano')
"Tra
una 'Festa di Noam Chomsky' (niente Babbo Natale, mito consumista: si celebrano
solo spiriti liberi) e un blitz nell'allucinante mondo 'normale', molti nodi
verranno al pettine. Anche drammaticamente. Ma senza che questa irresistibile
commedia familiare perda mai in intelligenza, buonumore e piacere della
visione. È vero, Ross è così bravo che rischia l'autocompiacimento, proprio
come Ben/Mortensen. E la trovata finale, così dolciastra, non è all'altezza. Ma
il misto di gioia e sconcerto con cui i sei rampolli reagiscono alle sortite
del loro super-padre vale da solo la visione. Per non parlare dei dialoghi che
riescono a rendere credibili e naturali quei bambini preparatissimi e insieme
fuori dal mondo. Altro che Montessori, metodo steineriano o licei sperimentali.
Per papà Ben la vita è lotta, tanto vale dotarsi delle armi migliori, anche
intellettuali. Mai utopia fu rappresentata con tanto divertimento."
(Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero')
“Ross
mette a confronto in una serie di ottime scene (la cena a casa dei cugini, il
discorso in chiesa) quelle che sono, in fondo, due forme opposte di follia: la
follia del metodo di educazione oltranzista di Ben e la follia della gente
cosiddetta normale, ligia a una serie di dogmi assurdi ma che il conformismo
quotidiano non ci lascia avvertire come tali. Il raffronto fa uscire molto bene
tutto ciò, accostando i ragazzi intrisi di anticapitalismo a coetanei addicted
dei videogiochi e fieri della propria ignoranza; o nel confronto tra il padre
di famiglia estremista e il nonno conservatore, che lo ritiene responsabile
della morte della figlia. Fa piacere constatare come argomenti, al fondo, così
importanti possano essere trattati nei toni di un feel-good-movie accessibile a
tutti, intelligente, non manicheo e buono anche per chi cerca solo un piacevole
intrattenimento. Se la sceneggiatura, scritta dallo stesso regista, avesse
saputo conservare fino all'ultima scena quella leggerezza di tocco, il film
poteva diventare un piccolo capolavoro. Invece, verso la fine, s'insinua nella
vicenda una dose di mélo, riproponendo convenzioni non proprio inedite del
'dramma di famiglia'. Un po' spiace, anche se bisogna riconoscere che un finale
andava pur trovato; e che il compito di restare all'altezza di una premessa
così insolita non era dei più facili. Inappuntabile da capo a fondo, invece, la
prestazione di Viggo Mortensen: abbastanza carismatico, tenero (e un po'
schizzato) da rendere credibile l'identificazione dei figli. Però è al livello
tutto il cast, da un fantastico gruppo di ragazzini al veterano Frank Langella
nella parte del nonno." (Roberto Nepoti, 'La Repubblica')
Matt Ross non riesce a raccontare davvero l’incontro-scontro tra due
modi di intendere la vita e neppure a proporre un discorso universale sul
rapporto tra genitori e figli, sulla fatica e gli equivoci dell’educare alla
vita. Perché è troppo evidente e ideologico il disprezzo canzonatorio con cui
viene descritto il mondo dei “normali” e troppo numerosi gli stereotipi. Perché
i ragazzi consumisti (ignoranti e cattivi) indossano le scarpe Nike mentre
quelli alternativi (buoni e acculturati) conoscono la dea della vittoria;
perché da una parte ci sono gli orribili videogiochi e dall’altra le variazioni
Goldberg di Bach, naturalmente eseguite da Glenn Gould (i luoghi comuni del
culturalmente corretto). Altro che paradiso ispirato alla Repubblica di
Platone. Siamo più dalle parti del qualunquismo hipster. Ed è un peccato, visto
che l’attore Matt Ross si dimostra ottimo direttore di attori e visto che non
mancano i momenti di verità ed emozione (quelli in cui si intuisce il film che
avrebbe potuto essere, con meno presunzione), dentro questo “cinema
indipendente” posticcio, convenzionale, insincero. (Cineforum.it Fabrizio Tassi)
"Arriva
uno di quei casi in cui ci vuole un pizzico di coraggio per osteggiare il
trasporto della maggioranza del pubblico che si percepisce raggiante. «Captain
Fantastic», infatti, è un tipico film «indie», un prodotto cosiddetto
alternativo che potrebbe fungere da manifesto del festival off-Hollywood di
Sundance e non a caso ha elettrizzato la platea del festival di Roma dove ha
vinto l'unico premio disponibile. Il secondo titolo firmato dell'ex attore di
seconda fila Matt Ross gode, inoltre, del protagonismo di un ottimo attore come
Mortensen, per l'occasione immerso nei ricordi dell'infanzia del regista
trascorsa in seno a una comunità simil-hippy (...). «Captain Fantastic», molto
meno onestamente di quanto proponeva l'affine «Little Miss Sunshine», si serve
di sequenze che dovrebbero essere poetiche e risultano invece goffamente
didascaliche (...), mentre per quanto riguarda lo stile si ritrova a filmare
l'anonimo grigiore dei sobborghi civilizzati esattamente come filmava
l'inebriante vitalismo delle foreste inaccessibili."
(Valerio Caprara, 'Il Mattino)
"Quasi
un sottogenere l'avventura della 'famiglia disfunzionale' (l'ultimo, con la
stravagante coppia Walken-Kidman di 'La famiglia Fang'). Negli Usa, al cinema
come in letteratura (Jonathan Franzen ci lavora da 20 anni), rimescola le carte
del biografismo sociale e rilancia la differenza e il rifiuto di consumismo e
appiattimento. In questo caso l'egoismo patriarcale, pieno di contraddizioni
tra dura educazione fai-da-te e organizzazione militare, incrocia idealismo,
estremismo antropologico ed esotismo, ricordando quando vestivamo alla hippy.
(...) Da esperienze del regista e sceneggiatore Matt Ross, è interessante quando
profila le diverse reazioni dei ragazzi al potentato del padre e il rischio di
nuocere al loro futuro praticando l'autonomia da ogni convenzione." (Silvio Danese,
'Nazione-Carlino-Giorno’)
"In
questo racconto antropologico da Lévi-Strauss, certi costumi sono fin troppo
sottolineati e il paradosso talvolta barcolla in cerca dell'effetto Sundance,
come si dice, l'indipendenza di forma e sostanza sottolineata tre volte: per
capirci, l'esatto contrario di 'Tutti insieme appassionatamente'. La lezione
funziona, convincendo in parte: l'allegra tribù che vuole evitare l'intera
civiltà occidentale, ha un lato folk intelligente tardo hippy per cui i nonni
sono l'emblema dell'establishment Trump, ma non si cade mai nel banale e la
ricerca dell'impossibile armonia tra natura e cultura, pancia e testa, crudo e
cotto, dà vita a un esercizio «nature» spesso trascinante e originale." (Maurizio Porro, 'Corriere della
Sera’)
(scheda a cura di
Carolina Papi)
Buone Vacanze a tutti! Ci rivediamo ad ottobre!