|
Cinema
europeo tra passato e presente Io,
Daniel Blake Mercoledì 21.02.2018 Venerdì 23.02.2018 |
PARTECIPA AL ‘FORUM DEL CINEFORUM’ !!!
www.ccorione.it –fai click sulla freccia, poi su ‘Cineforum’ e quindi
sulla costellazione
Regia |
Ken Loach 17/06/1936 (Nuneaton Gran Bretagna) |
Filmografia |
Attivo dai primi anni ’60 come documentarista per la BBC dirige, produce e, in alcuni casi, scrive 23 film, tra i quali: Poor Cow (1967); Riff-Raff (1991); Piovono pietre (1993); Ladybird Ladybird (1994); Terra e Liberta (1995); 11/9/2001 (opera collettiva del 2002); Il vento che accarezza l’erba (2006); Il mio amico Eric (2009); Jimmy’s Hall (2015). Vince 4 volte a Cannes e a Venezia… |
Genere, provenienza e durata |
Drammatico, Gran Bretagna/Francia (2016), 100’ |
Interpreti |
Dave Jones, Hayley Squires, Dylan McKiernan… |
Sceneggiatura, Fotografia e montaggio |
Paul Laverty; Robbie Ryan; Jonathan Morris |
Musica |
George Fenton |
Newcastle. Daniel Blake è sulla soglia dei sessant'anni e, dopo aver lavorato per tutta la vita, ora per la prima volta ha bisogno, in seguito a un attacco cardiaco, dell'assistenza dello Stato. Infatti i medici che lo seguono certificano un deficit che gli impedisce di avere un'occupazione stabile. Fa quindi richiesta del riconoscimento dell'invalidità con il relativo sussidio ma questa viene respinta. Nel frattempo Daniel ha conosciuto una giovane donna, Daisy, madre di due figli che, senza lavoro, ha dovuto accettare l'offerta di un piccolo appartamento dovendo però lasciare Londra e trovandosi così in un ambiente e una città sconosciuti. Tra i due scatta una reciproca solidarietà che deve però fare i conti con delle scelte politiche che di sociale non hanno nulla.
È bello ogni tanto verificare che i registi si
contraddicono. Era accaduto qualche anno fa con Ermanno
Olmi che, presentando Centochiodi, aveva dichiarato
che non avrebbe girato più film di finzione. Fortunatamente per noi ne ha già
realizzati altri due. Lo stesso succede ora per Ken Loach che sembrava, a sua
volta, rivolto al documentario e invece ci regala un film di quelli che solo
lui può offrirci. Carico cioè di uno sguardo profondamente umano e al contempo
con le caratteristiche del grido che invita a ribellarsi a quello che sembra
uno status quo inscalfibile. Per farlo è ritornato, insieme al fido Paul
Laverty, per documentarsi, nella sua città natale, Nuneaton, in cui partecipa
all'attività di sostegno di chi si trova in difficoltà.
Già dal titolo ritorna alla necessità
inderogabile di non cancellare la forza dell'identità individuale di coloro che
stanno tornando ad assumere le caratteristiche di classe sociale dei diseredati
come nell'800 dickensiano. I nomi di persona hanno segnato alcuni dei suoi film
più importanti (La canzone di Carla, My Name is Joe, Il mio amico Eric e il precedente Jimmy's Hall). Perché è la dignità della persona quella che si
vuole annullare grazie a un sistema in cui dominano i 'tagli' alla spesa
sociale e dove gli stessi funzionari che debbono applicarli si rendono conto
della crudeltà (è questo il termine giusto) delle regole che debbono applicare.
Daniel e Daisy conoscono il senso della solidarietà e non intendono farlo dissolvere per colpa di chi ne ha volutamente smarrito qualsiasi traccia. La scena più intimamente toccante, in un film che provoca commozione senza però utilizzare alcun artificio, si svolge non a caso in un Banco alimentare. Si tratta di quelle realtà che un tempo si sarebbero definite caritatevoli e che oggi prendono il posto che dovrebbe spettare a uno Stato degno di questo nome, con tutta la precarietà che deriva dal volontariato. Non è necessario andare a Newcastle essendo sufficiente passare nelle prime ore del giorno dinanzi ai punti di distribuzione di associazione anche laiche come, ad esempio, Pane Quotidiano a Milano per vedere lunghe file di persone che attendono di poter ricevere la razione alimentare. Il numero di coloro che non sono extracomunitari aumenta ogni giorno. Allora in questo mondo libero Ken Loach continua a proporci le esistenze di persone qualunque con la forza di chi non descrive ma partecipa attivamente al dolore di chi subisce una delle umiliazioni più profonde (la perdita o l'impossibilità del lavoro). Daniel, Daisy e i suoi due figli si aggiungono alla galleria di persone di cui Loach ci ha mostrato una tranche de vie con la forza e la sensibilità di chi non ha alcuna intenzione di arrendersi alla logica del liberismo selvaggio.
(da: Mymovies, Giancarlo Zappoli)
Prossimo film: 28 febbraio/2 marzo Il disprezzo di J.L. Godard 1963, 103’
(scheda a cura di Flavio Acquati)