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Donne sullo schermo Anatomia di una caduta Venerdì 22.03.2024 |
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Regia |
Justine Triet |
Filmografia |
Sybil – Labirinti di donna (2014), la battaglia di Solferino (2013) |
Genere |
Drammatico - giudiziario |
Interpreti |
Sandra Huller (Sandra), Swann Arlaud (Vincent), Milo Machado Graner (Daniel), Antoine Reinartz (Procuratore generale), Samuel Theis (Samuel) |
Fotografia / montaggio |
Simone Beaufils / Laurent Senéchal |
Musica |
Amine Bouhafa |
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TRAMA
Alpi francesi, in uno chalet immerso nella
neve vivono la scrittrice di successo Sandra, suo marito Samuel, anche lui
scrittore ma bloccato nella creatività, e il figlio preadolescente Daniel,
ipovedente. La loro quotidianità precipita quando Daniel si getta dalla
finestra e Sandra viene ritenuta responsabile della sua morte. Si apre un
serrato e teso processo, che non risparmierà nulla anche al piccolo Daniel…
RASSEGNA
STAMPA
La
forza di un’idea e la potenza di una regia-scrittura. È il segreto del
bellissimo film francese “Anatomia di una caduta” (“Anatomie d’une chute”) di
Justine Triet, scritto a quattro mani con il compagno Arthur Harari, con
protagonista un’intesa Sandra Hüller. Forte della vittoria della Palma d’oro a
Cannes76, 6 Premi EFA, 2 Golden Globe e al momento 5 candidature agli Oscar, il
film ha mostrato una straordinaria tenuta in sala, dallo scorso 26 ottobre. La
storia. Alpi francesi, in uno chalet immerso nella neve vivono la scrittrice di
successo Sandra, suo marito Samuel, anche lui scrittore ma bloccato nella
creatività, e il figlio preadolescente Daniel, ipovedente. La loro quotidianità
precipita quando Daniel si getta dalla finestra e Sandra viene ritenuta
responsabile della sua morte. Si apre un serrato e teso processo, che non
risparmierà nulla anche al piccolo Daniel… "La mia intenzione – ha
sottolineato la Triet – era quella di girare un film che raccontasse la caduta
di una coppia. La discesa fisica ed emotiva di un corpo diventa il simbolo del
declino della storia d’amore dei due protagonisti”. Più che il tema al centro
del racconto di “Anatomia di una caduta”, a colpire, a renderlo sensazionale, è
di certo il suo svolgimento in un sapiente accordo di regia e scrittura. Il
film è tutto nella scrittura, così puntuale, accorta e serrata. La Triet ha
firmato il film della carriera, quello che le ha garantito memorabilità e
riconoscibilità internazionale. Acuta e tagliente è la sua disamina della
relazione di coppia, condotta come una fredda dissezione di un cadavere in una
sala d’autopsia: la fine di un amore, l’emergere di rivalità e conflitti
sottaciuti, il rapporto con la scrittura che segue due direzioni differenti tra
moglie e marito; e ancora la gelosia, la sessualità e la dimensione
genitoriale. Una radiografia intima e al contempo un appassionante Courtroom
Drama che la protagonista Sandra Hüller governa magistralmente. Per i temi
declinati è spietato, ma per lo stile e la dinamica di racconto, gli sguardi di
regia, “Anatomia di una caduta” è magnifico e geniale. Lascia il segno,
tragicamente
Da
cnvf.it
La regista francese Justine Triet alza parecchio il tiro rispetto al suo
precedente Sibyl
- Labirinti di donna nel creare una storia (scritta insieme
all'attore e sceneggiatore tradizionali Arthur Harari) tesa e
inquietante che compie una scelta fondamentale: quella di ribaltare i ruoli di
coppia, non solo perché lei è un'autrice di successo e lui resta a casa ad
occuparsi del figlio, ma perché le rimostranze dell'uno verso l'altra,
scandagliate chirurgicamente in una delle scene principali del film, di solito
vengono applicate a generi invertiti.
L'altro asso nella manica di Triet sono due superbi attori: Swann Arlaud nel
ruolo dell'avvocato Renzi e soprattutto Sandra Huller in quello della
protagonista sua omonima (il che fa venire il sospetto che la parte sia stata
scritta su di lei): la sua risata, allo stesso tempo salvifica e ferina, è al
centro di una caratterizzazione magistrale.
Sandra Voyter non si relaziona alle persone se prima non ne ha individuato
l'archetipo animale, e quale sia l'archetipo di Samuel lo si capirà solo alla
fine. Nel frattempo emergerà tutta la disfunzionalità di una coppia in cui le
rinunce dell'uno in nome dell'altra (e viceversa) sono vissute come imposizioni
mal tollerate, e di un sistema giudiziario che preferisce soffermarsi sul come
che sul perché di certe derive destinate a finire in tragedia. Triet dirige
avvicinandosi e allontanandosi dai suoi personaggi, talvolta oscurandoli e poi
riportandoli in piena luce, altre volte dissociando l’immagine dal suono, senza
abbandonarsi a inutili virtuosismi ma mettendosi a servizio di una storia di
doppie verità e di invisibilità a se stessi, senza scene madri ma attraversata
da mille piccoli scollinamenti morali. Anche i “trending topic” della
contemporaneità – la fluidità di genere, le pari (o dispari) opportunità – sono
gestiti con parsimonia, e spesso indicati più come manipolazioni retoriche che
come circostanze rilevanti.
Perché la verità, suggerisce Triet, è scomoda e sottile, crea dissociazione e
disagio. E la vita secondo la regista è “un caos in cui tutti siamo persi”,
dove la compulsione a giudicare è superiore alla disponibilità a comprendere, e
tutti si sentono in credito: di attenzione, di riconoscimento, e soprattutto di
amore privo di condizioni e giudizi.
Da mymovies.it
C'è ancora un altro volto di donna
nel cinema di Justine Triet. Anche Anatomie d'une chute potrebbe avere il nome
della protagonista nel titolo come era già successo con Victoria e Sybil.
Proprio dal suo precedente film arriva il personaggio di Sandra Hüller che
interpretava il ruolo della regista. E in effetti anche qui potrebbe essere il
motore della messinscena, lo sguardo parallelo di Justine Triet, la possibile
angolazione soggettiva sugli eventi. Determinante in Anatomie d'une chute è la
location, lo chalet di montagna sulle Alpi francesi
Da Sentieri selvaggi
La prima regista normanna a
vincere la Palma d'oro di Cannes è la 45enne Justine Triet che nel '23 ha
battuto tutti con Anatomia di una caduta, un giallo classico, ma anche atipico,
di 150 minuti, categoria inferno coniugale. Non spoilero nulla, inizia subito
col protagonista, scrittore in crisi, trovato esanime al suolo, caduto dal
secondo piano dello chalet sulle Alpi svizzere, dove abita con la compagna e
figlio ipovedente. Non c'è ragione apparente, solo un rigagnolo rosso di sangue
dalla testa sul candore della neve, ma poiché non c'è gente di passaggio in
zona, dove la coppia si era trasferita da Londra per ritrovare tranquillità, ci
sono solo due ipotesi: l'uomo era disperato e voleva suicidarsi, come sostiene
la difesa della compagna che è subito la maggior imputata, oppure è la crudeltà
della donna che l'ha spinto alla morte.
Da Cult Week
Dopo aver rilasciato un'intervista
disturbata dalla musica a tutto volume sparata dal marito Samuel al piano
superiore, la nota scrittrice Sandra si ritira a riposare. Più tardi, tornando
allo chalet (sulle Alpi nei pressi di Grenoble) con il cane, Daniel, il
figlioletto non vedente della coppia, scopre sul selciato innevato il corpo
senza vita del padre. Che è accaduto? Si è suicidato? O qualcuno lo ha spinto
giù dalla finestra? E in questo caso, chi altri se non l'unica persona in casa,
cioè la moglie? Definendosi innocente, Sandra non si allarma più di tanto, ma a
preoccuparsi e molto è l' amico avvocato che ne assume la difesa.
(scheda a cura di Marco Massara)