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CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM

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flavio acquati


giulio acquati


marco massara                  

E’ difficile chiedere a James Ivory (“Camera con vista” do you remember?) una scrittura ‘asciutta’. Ma nonostante qualche momento puramente estetizzante e qualche sicura lungaggine di troppo non si può dire che il bersaglio non sia stato colpito. Basta l’invenzione bisex della pesca ed il colloquio finale del padre sulla ‘bancarotta dei sentimenti” per portare sullo schermo quella intelligenza che il nostro asfittico cinema sembra aver dimenticato, insieme alla inedita capacità di raccontare con garbo, sensibilità e senza ‘pruderie’ una tempesta ormonale adolescenziale probabilmente mai sopita.

matteo mazza Siamo il nostro sguardo, quindi, non possiamo amare ciò che non incontriamo con lo sguardo. Guadagnino anzitutto racconta questo dell'amore: la direzione dello sguardo amorevole, contemplativo, che apre al mondo, che libera dalle paure. 
Il suo film è questo: un elogio alla bellezza universale della natura, della cultura, della parola, del corpo dell'altro. E dentro questa alterità lo spettatore può sentirsi smarrito, disorientato oppure attratto da una visione estatica di rara profondità. Io guardo a questa seconda possibilità.

carolina papi

Dal libro di Aciman, Guadagnino realizza un’opera molto accurata nella sua ambientazione spazio-temporale, oltre che ben recitata dal giovane attore protagonista che, già da solo, dà grande valore al film, riuscendo ad esprimere bene tutti i turbamenti di un adolescente che si apre con ardore alla vita, con le sue esaltazioni e i suoi dolori.
Ciò che però non mi convince è l’incomunicabilità che ho riscontrato tra il mondo colto, sofisticato e altolocato dei personaggi internazionali e quello più autenticamente autoctono degli abitanti di quella campagna del nord Italia, in cui la vicenda si svolge. Complice il doppiaggio (contrapposto alla presa diretta delle battute dialettali della servitù) e i dialoghi, a volte pretenziosi, compiaciuti e contorti, il film perde spontaneità a vantaggio di un intellettualismo un po’ stucchevole che vuole per forza “elevare” la naturalezza della vicenda raccontata con continui riferimenti alla cultura classica, antica e moderna. Le irruzioni nell’attualità e nel “popolare” (musiche anni ‘80, feste di paese e  riferimenti politici) stridono con la tonalità altolocata del racconto e marcano ancora di più la distanza tra il “vero” paesaggio umano di quell’Italia e i “finti” abitanti della villa seicentesca, ricchi ebrei franco-americani che non si sa bene come siano arrivati in quella campagna e quanto le appartengano! A parte questi aspetti “astratti”, il film è comunque suggestivo perché riesce a rievocare negli spettatori le atmosfere emotive dei primi innamoramenti e dell’esplosione forte del desiderio, indipendentemente dall’orientamento sessuale di ciascuno.

giulio papi

Film pregevole per la delicatezza con cui tratta un argomento particolarmente scabroso. La fotografia è molto bella, sia che riprenda la vecchia villa, sia la campagna circostante. Quelle strade campestri, assolate e solitarie invitano ad amoreggiare dietro qualche cespuglio... La storia dell’amore fra i due giovani è condotta in punta di piedi, con discorsi mai espliciti, ma pieni di allusioni. Un’estate calda vissuta semi nudi, con frequenti bagni nei laghetti...tutto porta ad assaporare la sensualità. Il film ci dice che l’amore, da qualsiasi parte venga, è un incanto che merita di essere vissuto!