ORION MOVIES
CENTRO FRANCESCANO ARTISTICO ROSETUM
via Pisanello 1
20146 - MILANO
GLI ANIMATORI COMMENTANO
CHIAMAMI COL TUO NOME
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commenti dei film precedenti
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flavio acquati |
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giulio acquati |
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marco massara |
E’ difficile chiedere a James Ivory (“Camera con vista” do you
remember?) una scrittura ‘asciutta’. Ma nonostante qualche momento puramente
estetizzante e qualche sicura lungaggine di troppo non si può dire che il
bersaglio non sia stato colpito. Basta l’invenzione bisex della pesca ed il
colloquio finale del padre sulla ‘bancarotta dei sentimenti” per portare sullo
schermo quella intelligenza che il nostro asfittico cinema sembra aver
dimenticato, insieme alla inedita capacità di raccontare con garbo, sensibilità
e senza ‘pruderie’ una tempesta ormonale adolescenziale probabilmente mai
sopita. |
matteo mazza | Siamo il nostro sguardo, quindi, non possiamo amare ciò che non incontriamo con
lo sguardo. Guadagnino anzitutto racconta questo dell'amore: la direzione dello
sguardo amorevole, contemplativo, che apre al mondo, che libera dalle paure.
Il suo film è questo: un elogio alla bellezza universale della natura,
della cultura, della parola, del corpo dell'altro. E dentro questa alterità lo
spettatore può sentirsi smarrito, disorientato oppure attratto da una visione
estatica di rara profondità. Io guardo a questa seconda possibilità.
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carolina papi |
Dal libro di Aciman, Guadagnino realizza un’opera molto accurata nella sua
ambientazione spazio-temporale, oltre che ben recitata dal giovane attore
protagonista che, già da solo, dà grande valore al film, riuscendo ad esprimere
bene tutti i turbamenti di un adolescente che si apre con ardore alla vita, con
le sue esaltazioni e i suoi dolori. Ciò che però non mi convince è l’incomunicabilità che ho riscontrato tra il mondo colto, sofisticato e altolocato dei personaggi internazionali e quello più autenticamente autoctono degli abitanti di quella campagna del nord Italia, in cui la vicenda si svolge. Complice il doppiaggio (contrapposto alla presa diretta delle battute dialettali della servitù) e i dialoghi, a volte pretenziosi, compiaciuti e contorti, il film perde spontaneità a vantaggio di un intellettualismo un po’ stucchevole che vuole per forza “elevare” la naturalezza della vicenda raccontata con continui riferimenti alla cultura classica, antica e moderna. Le irruzioni nell’attualità e nel “popolare” (musiche anni ‘80, feste di paese e riferimenti politici) stridono con la tonalità altolocata del racconto e marcano ancora di più la distanza tra il “vero” paesaggio umano di quell’Italia e i “finti” abitanti della villa seicentesca, ricchi ebrei franco-americani che non si sa bene come siano arrivati in quella campagna e quanto le appartengano! A parte questi aspetti “astratti”, il film è comunque suggestivo perché riesce a rievocare negli spettatori le atmosfere emotive dei primi innamoramenti e dell’esplosione forte del desiderio, indipendentemente dall’orientamento sessuale di ciascuno. |
giulio papi |
Film pregevole per la delicatezza con cui tratta un argomento particolarmente scabroso. La fotografia è molto bella, sia che riprenda la vecchia villa, sia la campagna circostante. Quelle strade campestri, assolate e solitarie invitano ad amoreggiare dietro qualche cespuglio... La storia dell’amore fra i due giovani è condotta in punta di piedi, con discorsi mai espliciti, ma pieni di allusioni. Un’estate calda vissuta semi nudi, con frequenti bagni nei laghetti...tutto porta ad assaporare la sensualità. Il film ci dice che l’amore, da qualsiasi parte venga, è un incanto che merita di essere vissuto! |