da domenica 18 a venerdì 23 dicembre 2016
LE RICETTE DELLA SIGNORA TOKU
REGIA DI NAOMI KAWASE
Scritto e diretto da Naomi Kawase, basato sull'omonimo romanzo di Durian Sukegawa, il film è stato scelto per aprire la sezione Un Certain Regard al Festival di Cannes 2015. La pellicola è stata inoltre presentata nella sezione Contemporary World Cinema del Toronto International Film Festival 2015. Le ricette della signora Toku guarda al cinema classico del Sol Levante, agli insegnamenti di Ozu, e propone una commovente riflessione sulla vecchiaia e l’avvicinamento alla morte, ma anche su quanto il progresso civile e sociale possa essere direttamente proporzionale al regresso umano. Dalle note di regia: “Al culmine della fioritura i ciliegi ci ricordano della morte. Non conosco nessun altro albero i cui fiori sboccino in modo così spettacolare e che con altrettanta rapidità perdano all'improvviso tutti i petali. È questa la ragione per cui i ciliegi in fiore ci affascinano tanto? È per questo che ci sentiamo obbligati a vedere in essi un riflesso della nostra vita? Sentaro, Toku e Wakana si incontrano quando i ciliegi sono nel pieno della fioritura. I percorsi di queste tre persone sono molto diversi. E tuttavia le loro anime incrociano il loro cammino e si incontrano sullo sfondo dello stesso paesaggio. La nostra società non è sempre predisposta a lasciare che i nostri sogni divengano realtà. Anzi, a volte, inghiotte le nostre speranze. Dopo che apprendiamo la vera storia di Toku, che nasconde un terribile segreto, il racconto ci trascina in una ricerca della vera essenza di ciò che ci rende umani. Essendo una regista, ho l'onore e il piacere di esplorare vite diverse attraverso il cinema, come ho fatto in questo film. Svelando i complessi meccanismi di questa società, spero di comprendere un po' di più l'essenza stessa dell'esistenza. Le ricette della signora Toku è l'incontro di due anime che si uniscono per affrontare gli ostacoli della vita. Quante volte dobbiamo essere buttati a terra prima di poter raggiungere il paradiso? Succede che un silenzio impenetrabile ci sommerga. Eppure, la gioia che ci deriva dall'impegno e dal legame che sentiamo con il mondo ci permette di apprezzarne meglio i cambiamenti e le evoluzioni. Attraverso questo film, desidero quindi rivelare e sottolineare la gioia che siamo in grado di provare in questi precisi momenti. Nel corso delle nostre esistenze, ci sono momenti in cui ci capita di sentirci pieni di rimpianti e di disperazione e di avere voglia di arrenderci. Malgrado questo, o forse addirittura a causa di questo, siamo tuttavia capaci di aggrapparci alle nostre speranze e di continuare ad avere fiducia nel futuro.”
matteo mazza
domenica pomeriggio
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Un film gentile, che non strilla, che però dichiara fin troppo le sue intenzioni, classico come non se ne vedono più (o con sempre maggiore difficoltà), simpatico, leggero. È un film religioso nel senso che riguarda i legami, i riti, i luoghi, lo spirito, la presenza nell'assenza, il senso (inteso come direzione da seguire, significato ma anche come qualcosa da sentire, gustare, odorare). Ovviamente l'aldilà in tensione con un aldiqua troppo parlato, troppo spiegato, troppo dichiaratamente poetico. |
giulio martini
domenica sera
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nell'arco del ciclo annuale dei ciliegi e della grande tradizione dell'Hanami - il film è una tipica storia zen ( con una vecchina protagonista ) che qui insegna ad armonizzarsi con il respiro dell'Universo, ascoltandolo attentamente. Il triste pasticcere di Tokio, pressato dall'esclusione sociale - come lei - ma anche da treni sferraglianti e da orribili palazzi , scopre la quiete rasserenate della contemplazione, prestando orecchio ai più piccoli i segnali che vengono da ogni essere. Girato con la dovuta devozione cinematografica per i gesti, i ritmi ed i volti , nonchè con continue gentili esitazioni nei dialoghi, il film dispiega un'emotività trattenuta ma che colpisce in profondità. |
angelo sabbadini
martedì sera
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Prima delle ricette vengono il cuore e i sentimenti. Questa la lezione della gentile signora Toku ("non ci metti cuore..." sussurra Kirin Kiki al suo allievo) Sensibile opera della nipponica Naomi Kawase, conosciuta soprattutto dagli spettatori dei festival cinematografici, che riesce a trasformare una tragedia (l'emarginazione dei malati di lebbra) in un racconto di grazia e tenerezza. |
carlo caspani
mercoledì sera
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Cinema giapponese, di sensibilità e gusto femminile con una serie di metafore su cibo, impegno, accettazione di malati e diversi, scontro/incontro generazionale, cicli della natura...Ritmo e velocità narrativa di altra cultura e di altri tempi e una cucina (fortunatamente) sconosciuta ai più che giocano a sfavore di un film delicato, forse perfino troppo. |
roberta braccio
giovedì sera
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Mi verrebbe da definire questo film una storia in incognito. Sotto un vestito semplice, e a tratti banale, si nasconde un film dai diversi risolti. In primis, porta sullo schermo un tema quanto meno inusuale al cinema (la lebbra) e un fatto ai più sconosciuto (la questione dei lebbrosari in Giappone, ”banditi” solo 20 anni fa). Ma il film prova a parlarci anche di famiglia e di società: la società dei malati e dei respinti è una famiglia a tutti gli effetti, mentre il mondo fuori non lo è affatto. Cambiano i tempi, si evolve la società ma il bisogno di famiglia resta, anzi si fa sempre più urgente: è comunque un passaggio di testimone da una generazione all’altra, e nel film non a caso ce ne sono quattro. Ci sono gli anziani, che hanno molto da insegnare, c’è “la mezza età” (con due esempi confusi e persi nei propri guai), ci sono gli adolescenti , con la loro voglia di fare, e ci sono i bambini, a cui bisogna insegnare i valori. Ma non è tutto, nel film c’è anche una riflessione tanto semplice quanto vera: le cose buone si riconoscono. Se mangiamo un dolce mediocre, potremo non farci troppo caso, ma se ne mangiamo uno buono sì, ce ne accorgiamo subito, e non ci accontentiamo più di quello mediocre. Che valga lo stesso per i film? |
giulio martini
venerdì sera
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