Titolo

Woman in gold

 

da domenica2 a venerdì 7 ottobre 2016

 

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WOMAN  IN  GOLD

REGIA DI A. SIMON CURTIS

 

Uno dei dipinti più famosi d'Austria, Ritratto di Adele Bloch-Bauer di Gustav Klimt, è detenuto dallo stato indebitamente, in seguito al sequestro operato dai nazisti ai danni dei legittimi proprietari, una famiglia ebrea. Alla fine degli anni '90 la morte di una delle due sorelle ultime eredi della stirpe, fa scoprire all'altra l'esistenza di una lotta per riavere il quadro, proprio in coincidenza con la decisione dello stato austriaco di inaugurare una politica di restituzione delle opere d'arte rubate dai nazisti.
Determinata a riavere il quadro come forma di risarcimento per tutto quello che lei e la sua famiglia hanno subito dagli austriaci, Maria Altmann, da decenni residente in America, si reca in loco con un avvocato e scopre che in realtà lo stato non vuole assolutamente dare via il suo quadro più importante. Parte così una battaglia legale di Davide contro Golia.
Dietro a Woman in gold si intravede la sagoma di Philomena, il sorprendente film di Stephen Frears del 2013. Nella vera storia della dolce anziana Maria Altmann e del suo riluttante desiderio di ottenere giustizia, coadiuvata da un avvocato inizialmente poco convinto, non è difficile riconoscere la struttura del film con Steve Coogan e Judi Dench. Anche l'obiettivo, un racconto che scaldi il cuore e infervori gli animi, sapendo alleggerire quando serve e addolcire quando necessario (sempre attraverso la protagonista, eroina della quotidianità), appare il medesimo, solo sostituendo agli abusi di un convento contro una madre l'ancor più toccante tema della persecuzione degli ebrei ad opera dei nazisti.
Ma Simon Curtis non è Stephen Frears, nè i suoi sceneggiatori sono all'altezza della sagacia di Steve Coogan e Jeff Pope. Nelle loro mani questa materia molto popolare si scioglie nella ruffianeria invece che brillare nell'equilibrio tra intelligenza di scrittura e equilibrio narrativo.
Pensato tutto intorno a Helen Mirren, il film indugia su di lei, si affida alla sua capacità di comunicare ogni stato d'animo senza mai cercare di farlo da sè. L'individuazione della più nobile delle cause e il ritratto del più perfido dei nemici (la burocrazia di una nazione che non si cura dei dolori individuali), completano la facile parabola di un film mai capace di affermare con forza quel che desidera dire. Woman in gold si limita a scorrere, a lasciarsi guardare e dimenticare, senza trasformare la vera storia in grande epica oppure in piccola e toccante quotidianità, senza cioè individuare nelle pieghe della vita reale qualcosa sul quale porre la propria attenzione. Simon Curtis sembra documentare l'accaduto (romanzando quando serve) invece che mettere la lente d'ingrandimento su cosa, in tutti questi eventi, sia in grado di suggerire più dei semplici fatti esposti con simpatia.

 

giulio martini

domenica pomeriggio

la sceneggiatura  punta su valori certi e condivisi dal pubblico ( l' Assolutezza dell'Arte, il Nemico  n.1 del '900, il sacrosanto diritto alla proprietà privata...) e innesta il tutto in una trama ( cfr. "Il ponte delle spie" o  "Pholomena" ) che prevede sia il superamento di vari ostacoli ( sempre... internazionali) sia  un esito  dove la  Protagonista-  meglio se femminile - aiutata da un collaboratore  al maschile ( giornalista o avvocato, che si consumano alla fin fine per la causa.... ) la spunta contro tutto e contro tutti. Per fortuna c'è una straordinaria Helen Mirren a rendere emozionanti le varie situazioni e anche  il discorso - altrimenti un po' scontato - sull' Olocausto.

giulio martini

domenica sera

vedi domenica pomeriggio

angelo sabbadini

martedì sera

Cosa manca a"Woman in gold" per convincere appieno lo spettatore del Bazin? La risposta è immediata: la regia di Simon Curtis. Il regista inglese sembra strutturare la storia in modo molto scolastico, puntando le sue carte su una linearità di narrazione che va a scapito del pathos che la coinvolgente storia Maria Altmann porta con sè. Poteva essere davvero un bel film ma Curtis sembra unicamente preoccupato di mettere diligentemente in fila le figurine del puzzle. Chi ha visto il suo film precedente (Marilyn) non si sorprende.

carlo caspani

mercoledì sera

Occasione d'oro mezza sprecata: i paragoni con "Philomena" di Frears, oltre che fuorvianti, risultano dannosi. Un compitino corretto, molto tv vecchio stile, che ha come colpa grave il non veder sfruttate appieno le capacità di Dame Helen Mirren, confinata in un ritrattino poco convinto di Maria Altmann: una che aveva una zia ritratta su fondo oro da Gustav Klimt, con un padre che suonava uno Stradivari e che vince in tribunale contro il governo austriaco doveva, per forza, essere più interessante di quanto il film ci propone.

giulio martini

giovedì sera
 

vedi domenica pomeriggio
giorgio brambilla

venerdì sera

Woman in Gold  si sforza di riflettere su temi importanti: la mostruosità dell’Olocausto; come un popolo civile come quello austriaco possa lasciarsi prendere dal fanatismo nazista e osannare coloro che umiliano pubblicamente persone che, fino al giorno prima, erano assolutamente rispettabili; quanto lavoro e impegno sia richiesto oggi per risarcire chi ha subito un torto allora, così che molti preferiscono, quindi, far finta di niente; quante opere d’arte trafugate durante la guerra siano ancora disperse; quanto la giustizia possa essere ingiusta, nel momento in cui si richiede, per intentare un processo, cifre che solo una persona molto ricca può permettersi di spendere. E gli esempi potrebbero continuare ancora a lungo.

Tutti questi temi, però, vengono proposti seguendo un canovaccio alquanto prevedibile, per cui si ha l’impressione di vedere un film già visto molte volte e di trovarsi di fronte un compito svolto con impegno, onestà e buona (in ogni senso) volontà. E basta.