Titolo

Emily

 

 

da domenica 21 a  venerdì 26 aprile 2024

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EMILY

FRANCES O'CONNOR

 

 

“Le tre sorelle Brontë - Charlotte, Emily e Anne - vivono a Haworth, comunità isolata dello Yorkshire, sotto l'egida del padre, un reverendo protestante severo e autoritario, e insieme al fratello Branwell, allegro e scapestrato. Charlotte ha accantonato il suo talento naturale per la scrittura per diventare insegnante e ad Emily è riservato lo stesso destino socialmente accettabile: ma Emily è troppo "strana" e viene rimandata a casa dopo essersi dimostrata poco incline a relazionarsi con il mondo "normale". L'arrivo nella parrocchia di Haworth di un nuovo pastore, William Wieghtman, sconvolgerà ulteriormente gli equilibri domestici: Emily ne avverte la pericolosità ma è attratta dal giovane uomo che, a sua volta, riconosce l'unicità di quella che diventerà l'autrice del capolavoro Cime tempestose, che Charlotte (a sua volta destinata a firmare un altro capolavoro, Jane Eyre), descriverà come "un libro pieno di gente egoista che pensa soltanto a se stessa". (…) O'Connor si muove agilmente fra impostazione drammaturgica classica e suggestioni contemporanee, riuscendo a dare un'impronta personale al racconto, e facendo leva su due attori particolarmente convincenti: l'anglo-francese Emma Mackey e che finalmente trova qui un ruolo da protagonista assoluta (peccato che il suo volto sia eccessivamente moderno per incarnare una donna dell'Ottocento), e Fionn Whiteheadche riesce a cogliere tutte le sfumature di un personaggio complesso come Branwell Brontë. Molto efficace nel ruolo del patriarca Brontë anche Adrian Dunbar, attivissimo negli anni Ottanta e poi quasi scomparso dal grande schermo.

Quel che manca a Emily è una maggiore sicurezza nel compiere scelte narrative radicali, evidente ad esempio nei molteplici finali. La sensibilità e l'intelligenza di O'Connor risultano comunque evidenti, avrebbero solo bisogno di una spinta ad osare ancora di più, e a permettere ai suoi personaggi di uscire definitivamente dalla composizione oleografica ed entrare a gamba tesa in questa storia di originalità e talento femminili confinati ai margini di un'epoca perbenista e patriarcale.”

Paola Casella da mymovies.it

“È considerata “strana” e non riesce a trovare un posto nella società grigia e ottocentesca dello Yorkshire. Il suo talento, il mestiere di scrivere, vive nel baule nascosto nella sua stanza. Le lande accolgono la sua immaginazione, nutrendola e colmandola di pensieri e conversazioni che, tra le mura di casa, sono proibite. La vita familiare di Emily Brontë è tutto ciò che potremmo aspettarci dai costumi dell’epoca.

Una giovane donna può insegnare, altrimenti deve cucinare, pulire, rammendare e andare in Chiesa: non ha diritto ad avere una propria opinione. Emily rifiuta questo stato delle cose, permettendosi di pronunciare quesiti che mettono in dubbio Dio, la fede e i ruoli sociali. La sua voce, così come la sua penna, è libera dell’oppressione alla quale vorrebbero ridurla.

Dedicato alle nuove generazioni, Emily è un sogno nella vita di una delle voci più significative della letteratura gotica dell’Ottocento; un sogno fatto di tante piccole realtà. Nel microcosmo nel quale vive infelicemente, l’unica via di fuga dell’autrice è l’immaginazione; slancio che le permette di correre tra le lande in compagnia di un cavaliere, un capitano, o chiunque la sua voce riesca ad evocare, con parole sempre misurate, calibrate a seconda del ruolo che mette in scena, tra sé e sé, nel silenzio della natura. Emma Mackey regala un’interpretazione fatta di sguardi, allibiti e tormentati ma anche divertiti, davanti al mistero della creazione a cui riesce ad abbandonarsi. Sono infatti dei primi piani studiati, all’insegna delle ombre, che permettono di entrare in contatto con questo personaggio, misterioso e sognante – inafferrabile, lontano da tutti e da tutto. Ribelle come lei è il fratello, Branwell, che la introdurrà all’oppio, ulteriore stimolo per la creatività alla quale sogna di abbandonarsi completamente. Insieme, nella notte, fratello e sorella spiano i vicini, i Lintons, riuniti attorno al camino acceso in un tipico salotto inglese dell’Ottocento. Per tanti versi l’amato Heathcliff vive dei tratti del fratello, condannato ad un’umiliazione plateale, sempre incompreso.

Gelosie e rivalità popolano la casa Brontë, come spettri tormentati. Tra maschere che annullano il confine tra vita e morte, anche i confini sociali vengono sfumati all’insegna di un romanticismo che può vivere solo nell’inchiostro della fantasia; l’unica giustizia che queste giovani donne riescono a conquistarsi.”

Valentina Vignoli da sentieriselvaggi.it

 

Giulio Martini

(domenica pomeriggio)

Tentativo parzialmente riuscito di districarsi nell'enigma psicologico e fantastico della Bronte, rinchiusa nella prigione di tre maschi amati e detestati, di uno Yorkshire lontano dal mare, ma umidissimo e minacciato dalla desolazione e ricoperta da una strana maschera/ espressività facciale che ne nasconde/ svela le emozioni tempestose.

L'invenzione narrativa riempie gli ampi vuoti di una biografia ambigua, ma a momenti è lacunosa e incerta nel presentare le motivazioni dei personaggi attorno a lei e nell'articolare le scelte di regia.

 

 

Angelo Sabbadini

(lunedì sera)

Le sorelle Bronte con i loro struggimenti hanno da sempre folgorato il cinema. Il film capostipite è Devotion del 1946 dove Emily Bronte era interpretata dalla fascinosa Ida Lupino. L’ultima variazione sul tema arriva nel sottofinale del nostro cineforum diretta dalla solida attrice Francis O’Connor che si prova alla regia cinematografica. Al debutto la regista mostra di avere le idee chiare e tra la possibilità del biopic e l’occasione del melo sceglie senza indugi la strada del melodramma, concentrando la sua attenzione sulla figura di Emily. Del resto poco si sa della vita delle Bronte: la biografia di Emily scritta dalla sorella Charlotte è poco veritiera e risente pesantemente del controverso rapporto tra le due. Dunque la O’Connor costruisce la vicenda intorno alla passione tra Emily e il curato William Weightman, interpretato da un legnoso Oliver Jackson-Cohen. E tra brughiere, romantici tormenti, piogge e interni vittoriani centra l’obiettivo. Certo i visionari del Bazin arrivano all’epilogo del film sfiniti e senza dubbio una bella sforbiciata avrebbe giovato all’impresa. Rimane impressa la significativa interpretazione di Emma Mackey, nota per il ruolo di Maeve Wiley nella serie televisiva Sex Education. Facile pronosticare per lei un avvenire radioso!

 

 

 

Guglielmina Morelli

(mercoledì sera)

Gradevole, senza essere un capolavoro, questa Emily, opera prima della attrice ora regista Frances O'Connor, si inserisce bene nel nostro panorama femminile che ha visto Chiara, Freddie, Emily e terminerà con Delia, al protagonista di C’è ancora domani. Uno scenario variegato che parte nel 1200 e arriva ai nostri giorni, tra Italia, Francia, Inghilterra e Corea, ma che ha in comune ritratti di donne volitive, magari “strane”, ma dalla grande personalità. Emily è tra i quattro il film più tradizionale, nell’impianto e nella forma: la protagonista vive la propria vocazione letteraria parallelamente alla vicenda d’amore che ne costituisce la sostanza, in un contesto familiare e sociale maschilista e avvelenato. Il film cede talvolta al gusto modernizzante del postmoderno, magari nel gioco ironico per cui l’unico maschio della famiglia Brontë tenta - vanamente - di essere un artista mentre sono celebri scrittrici tutte e tre le sorelle, Emily, Charlotte e Anne. E però le brughiere solitarie e le burrasche nello Yorkshire fanno tanto “voce nella tempesta”, nell’indimenticabile opera di william wiler del 1939.

 

 

 

Giulio Martini 

venerdì sera

 

Giulio ha sostituto Marco

Jolly

(Rolando Longobardi)

Opera prima della regista e attrice Frances O'Connor, con il suo Emily, la regista sembra voler dare una lettura del tutto personale dell'autrice inglese. Per questo motivo non si tratta di una biografia (alcuni riferimenti cronologici e narrativi non coincidono con la vita dell'autrice), ma di una narrazione comunque emotiva e profonda che scruta gli aspetti più importante della relazione tra l'artista (di qualunque arte si tratti) con la sua opera. La letteratura e la scrittura diventa un'esigenza esistenziale in simbiosi con tutti i sensi del "sentire". In questo il film di O'Connor è fedele: lo spettatore "sente" nascere l'opera attraverso le luci, i suoni, i colori e il chiaro scuro. Non mancano i toni gotici e un "goccio" mistica e alchimia che allarga la pupilla (e la visuale), facendo della macchina da presa, un oppiaceo non tossico.