Titolo

The quiet Girl

 

da domenica 18 a venerdì 23 febbraio 2024

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THE  QUIET  GIRL

REGIA DI COLM BAIREAD

“Irlanda, primi anni Ottanta. Cáit (Catherine Clinch) si nasconde in mezzo all’erba alta. Le sorelle la chiamano ma non riescono a trovarla. A casa il letto diventa il nuovo nascondiglio, forse più adatto per sfuggire ai rimproveri di una madre che la cerca solo per redarguirla. Il silenzio e l’introspezione sono le armi con cui risponde inconsciamente all’apatia e alla noncuranza di genitori e sorelle. Il disagio interiore, celato dalla piccola a parole, si manifesta visivamente attraverso le macchie di urina che si presentano ogni mattina sul suo letto. Ma, durante le vacanze estive, si presenta un’insolita occasione per Cáit, la quale viene affidata dalla famiglia ad una coppia di amici per trascorrere l’estate lontano e imparare a lavorare in fattoria. Superato un primo momento di titubanza, la piccola riceverà dalla coppia un amore genitoriale inedito, pieno di precauzioni e di piccoli gesti. Colm Bairéad colpisce nel segno. Il suo piccolo e delicato trattato sull’infanzia, ripercorre, passo dopo passo, le tappe per la costruzione del rapporto genitore-figlio. Lo sguardo di taglio sull’Irlanda e sulle sue difficoltà si mescola ad una preziosa riflessione (decisamente più contemporanea) sul valore del silenzio. Pesare le proprie parole è uno dei valori fondamentali che il neopapà di Cáit cerca di insegnarle una sera, in riva al mare. Nella vita come nel cinema il muto si posiziona allo stesso livello del parlato, mostrandosi talvolta di un grado maggiormente esplicativo.”

Giorgio Amadori da sentieriselvaggi.it

 

Giulio Martini

(domenica pomeriggio)

In un racconto scandito dalla simbologia dei liquidi che dissetano/ nutrono o sporcano/affogano ( acqua nel termos, continue offerte - richieste di bevande: latte, pozzo limpido  vs  fango, melma da stalla, liquame...) e da simboli di contenitori da cui si è  costretti o si vuole uscire ( i due "grembi" diversi delle case e delle automobili ) la storia si e ci interroga sulle attese/ delusioni che coinvolgono lo scoprirsi  figli e/o genitori.

Il film diventa così una Metafora dell'essere partoriti e del partorire, nella speranza che entrambe le condizioni ed entrambi i legami di natura  siamo sia voluti, sia affettuosi.

Film a filiera tutta femminile, è comunque asciutto e senza sdolcinerie, neppure nella pastellata scelta fotografica. 

 

Angelo Sabbadini

(lunedì sera)

Serata rookie al Bazin ! Debutta nel lungometraggio il regista irlandese Colm Bairead (1981) che non ha incertezze e chiama a raccolta gli spiriti dell’isola. Come lingua sceglie il gaelico, per la produzione si appoggia alla locale rete televisiva Tg4, come ispirazione punta su Forster il romanzo breve della conterranea Claire Keegan che è stata incoronata dal New Yorker. Ne esce un film pastorale e minimalista che nel clangore del cinema contemporaneo si ritaglia uno spazio di attenzione giocando con i silenzi e il non detto. E la corsa finale di Cait verso lo zio/padre, punto di accumulazione della vicenda, è paradossalmente l’unico evento narrativo esplicito del film

Marco Massara

(mercoledì  sera)

Una bellissima favola, costruita come un racconto di formazione sospeso mel tempo e nei luoghi.

Non mancano Orchi, Streghe ed il confronto con la Morte.

Si fa il tifo perché Cait cominci a correre verso un ambiente ‘famigliare’ più consono alla sua sensibilità e la sua corsa ricorda i momenti che segnano la sua crescita operativa ed effettiva. Intrigante la possibilità di una doppia interpretazione di quel ‘Papà’ che può chiudere la favola o riaprirla verso cupe prospettive.

Piccolo grande film con attori splendidi ed una ambientazione impeccabile.

Giorgio Brambilla

(venerdì sera)

 

 

 

 

Il titolo del libro da cui è tratto The Quiet Girl è Foster, termine che ha a che fare con il crescere, l’allevare, l’incoraggiare, e che si usa per indicare figli e genitori affidatari. Il senso del film è tutto qui: di cos’ha bisogno un bambino per crescere, se non incoraggiamento, piccole attenzioni, gesti d’amore invece di tante chiacchiere vuote? Il titolo del film invece ce ne dice lo stile, un’opera tranquilla, che si prende i suoi tempi per mostrarci quello che accade, soprattutto farci entrare nell’intimo dei personaggi, con inquadrature sempre scelte con attenzione, primi piani o elementi che ritornano per invitarci a fare confronti: ad es. quello tra lo sporco depositato sulle gambe di Càit all’inizio e l’affettuoso metodico lavaggio che le regala Eibhlín appena arriva, o tra quel primo “papà” sconfortato che Càit pronuncia abbracciata a Seàn, quando vede arrivare il padre, seguita dal secondo, affettuoso, col quale riconosce all’uomo anziano che la tiene in braccio, taciturno come lei, il posto speciale che ha nel suo cuore, mentre Eibhlín rimane in quell’auto, dalla quale non può uscire, imprigionata nel suo dolore. E così via per un’ora e mezza circa, nella quale sembra che succeda così poco, mentre accade in effetti davvero tanto

Guglielmina Morelli

(Jolly)

 

 

Film dove etica ed estetica si rispecchiano l’una nell’altra, in ogni momento e aspetto del racconto. Ogni situazione presenta i due momenti correlati: basti pensare all’abitazione della famiglia di Caìt scura e sporca contrapposta la casa dei Kinsella, luminosa, ordinata e pulita. E basti osservare il silenzio attento e accudente con cui la coppia ama e tranquillizza la piccola, inviata da loro durante le vacanze estive perché la famiglia vuole liberarsi per un po’ da questa ragazzina introversa perché trascurata e violentata da un ambiente povero e squallido, da una madre distratta e anaffettiva, da un padre ubriacone, ludopatico e donnaiolo, da sorelle malevole. Eibhlìn e il marito  Seàn (un tranquillo e testardo irlandese che, quando si lascia andare all’amore, diventa un “padre” perfetta) superando un doloroso trauma (che avevamo intuito: cosa ci fanno nell’armadio di una cameretta degli abiti da ragazzino, religiosamente conservati?) ritrovano un ruolo di educatori che forse temevano aver dimenticato e guidano Càit, con semplici lavori, giochi, piccole attenzioni e soprattutto vivendo ogni gesto e momento accanto a lei, a maturare (la madre naturale quando la rivede al termine dell’estate si stupisce per come la ragazzina sia “cresciuta”) e a scegliere, avvertendo ella con precisione cosa significhi essere davvero genitori. Tutto questo con immagini nitide e senza spiegazioni di sorta, come dovrebbe fare il cinema.