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Memorie di un assassino

 

da domenica 23   a  venerdì 28 aprile 2023

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MEMORIE DI UN ASSASSINO

REGIA DI BONG JOON HO

 

“Sull’onda dell’incredibile successo di Parasite, Academy Two recupera un Bong Joon-ho d’annata. Tra i più acclamati film sudcoreani del nuovo millennio, Memorie di un assassino, datato 2003, arriva per la prima volta nelle sale italiane dopo la distribuzione in home video del 2007. Operazione curiosa, scaltra quanto temeraria. Nei giorni caldi degli Oscar, la riedizione vorrebbe intercettare quel nuovo pubblico rimasto colpito dall’estro del regista ormai consacrato anche fuori dalla cinefilia. Certo, con la travolgente satira sulla lotta di classe le affinità in superficie sembrano minime, e forse gli spettatori più pigri resteranno un po’ spiazzati.

Tuttavia, prestando più attenzione, emerge dirompente una delle cifre caratteristiche del regista: la straordinaria capacità di far collimare grottesco e tragedia. Elemento deflagrante che qui immerge in un’atmosfera cupa e disincantata, paradigma di un disagio nazionale.

Partendo da un fattaccio di cronaca nera (una serie di delitti avvenuta nella provincia di Gyeonggi tra il 1986 e il 1991) rielaborato nel testo teatrale Come and See Me di Kim Kwang-rim, Bong non si nasconde dietro le allusioni e si colloca esplicitamente nello stesso periodo degli eventi criminali. Mette al centro poliziotti inadeguati e dai modi fin troppo spicci, impegnati in un’indagine che procede secondo le regole dell’istinto e le leggi della strada. Morbosità e perversione, pioggia e guerriglia, mazze chiodate e pezzi di pesca fuori posto. Mentre l’assassino inafferrabile miete vittime, la polizia reprime la protesta studentesca con una violenza che è sintomo di frustrazione e inettitudine.

Come in tutti i noir, è l’ossessione a definire i confini della detective story. Nel rievocare la cronaca, Bong non si piega alla riproposizione in chiave spettacolare. E nemmeno si accomoda nella confort zone del thriller ad alta tensione. Se da una parte sceglie un approccio in cui il registro farsesco serve a sottolineare l’ordinaria miseria dell’umanità, dall’altra usa il racconto locale per interpretare e amplificare un dramma di un Paese infetto. “Gli eventi reali di questa città mi intrigano più delle riviste”, dice uno degli indagati.

In Memorie di un assassino percepiamo la psicosi collettiva del serial killer e al contempo i limiti dei difensori dell’ordine, la ricerca di capri espiatori per consegnare un colpevole alla massa affamata e la disperata consapevolezza di quanto la verità sia inafferrabile.”

Lorenzo Ciofani da cinematografo.it

 

 

 

 

 

Carlo Caspani

(domenica pomeriggio)

Recupero tardivo di una primizia del 2003, ingiustamente relegata per oltre dieci anni nel mercato degli home movies.

Bong Joon-ho parte da un fatto di cronaca nera (un serial killer stupratore coreano del 1986) e ne ricava un film di genere che rispetta i canoni classici occidentali, ma fino a un certo punto.

Bambini onnipresenti e apparentemente fastidiosi (ma l'ultima parola illuminante è di una di loro), schifezze corporali non gratuite, poliziotti schematici ma non troppo (buono, cattivo, commissario e detective di città).

un finale che lascia a bocca asciutta, anticipazioni narrative a cui si arriva solo alla fine a dare il giusto significato fulminante ("i colpevoli li riconosco dallo sguardo"), un mondo di vizi privati e poche pubbliche virtù, 

che nei film successivi il migliore dei registi coreani svilupperà in crescendo, a conferma che il cinema dell'estremo Oriente è quello che più affascina e colpisce in questi anni di omologazione pastorizzata di troppo

spettacolo cinetelevisivo occidentale.

 

 

Angelo Sabbadini

(lunedì sera)

Diavolo di un Bong Joon ho! Arriva dal lontano 2003 e serve un film intenso e feroce come nessuno prima in questa stagione ormai declinante. Lascia impietriti i visionari del Bazin che all’inizio annaspano, poi resistono e infine cedono alla maestria cinematografica del premio oscar 2022. Il talentuoso Bong descrive un paesaggio e un’umanità senza redenzione dentro una palette fatta di cromatismi desaturati e disturbanti. Su tutto spicca la formidabile abilità di Bong nel saper conciliare i due piani del racconto: quello più strettamente filmico e quello esplicitamente politico. Il linguaggio di genere diventa uno sguardo profondo che va a riflettere sulle laceranti contraddizioni della società coreana.

 

 

 

Giulio Martini

(mercoledì sera)

Con un titolo beffardo il film ci immerge in un fluido racconto mutante che fa il verso (come il bambino all'inizio ) al genere thriller hollywoodiano insaporendolo di  spezie e magie orientali,senza mai portarci fuori dal  fosso/tunnel (agricolo/ferroviario) di una vicenda scivolosa e ipnotica.

Spietate le critiche alla scalcinata represssione poliziesca di ieri e forse di oggi,alla sudditanza culturale verso gli USA (vista già in Parasite) e alla confusione mentale di una società in crisi l'identità, impavida e presa a calci in tutto il film.

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

(venerdì sera)

- Bong Joon ho usa un fatto di cronaca reale come gigantesco Mc Guffin, fingendo di portarci a scoprire un assassino particolare quando in realtà sta vivisezionando un paese malato, con il governo e la polizia ottusi e criminali, che non hanno forze per proteggere delle donne da uno stupratore assassino perché sono occupate a massacrare la popolazione civile inerme. Gli agenti, in particolare, sono tutto un programma: dalla coppia ottusa e violenta di campagna all’inizialmente meno rozzo poliziotto di città, che però alla fine vorrebbe uccidere un prigioniero subito dopo averne scoperto scientificamente l’innocenza. Ecco perché nell’ultima sequenza una bambina, simmetrica a quello  che inizialmente derideva il poliziotto giunto sulla scena del crimine, in quello stesso luogo gli dirà che il criminale aveva una faccia comune: non è diverso da tutti gli altri che abbiamo visto, poliziotti o pervertiti che siano, e forse da tutti gli altri tout court, perché il diavolo, come diceva Dostoevskij, sogna di incarnarsi in una grassa bottegaia, cioè in ciascuno di noi

Marco Massara

(Jolly)

Un serial killer in azione, una squadra scalcagnata di poliziotti scalcagnati, una società inquieta e sull’orlo di una crisi di nervi.

Rinunciando ad ogni tocco di glamour ed di spettacolarizzazione Bong Joon ho si muove con agilità e disinvoltura tra questi elementi di narrazione, coinvolgendo ed anche divertendo lo spettatore. Un ottimo aperitivo  per  alcuni temi ripresi  poi dal ‘travolgente’ “Parasite”.