Titolo

Noi due

 

da domenica 26   a  venerdì 31 marzo 2023

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NOI  DUE

REGIA DI NIR BERGMAN

 

 

“Uri è un ragazzo israeliano affetto da autismo. Vive con il padre Aharon, che si prende cura di lui e di ogni suo bisogno con dedizione totale, al punto da aver messo da parte la carriera per stare a fianco del figlio. La madre di Uri, Tamara, vive lontano e non ha lo stesso rapporto con il ragazzo, ma insiste perché Uri si trasferisca in un istituto specializzato per farlo stare a contatto con persone della sua età. Padre e figlio però hanno una relazione troppo stretta, e Aharon fa di tutto per impedire che Uri gli venga portato via. Raramente si vedono film incentrati in modo così totale sulle sfumature di un rapporto padre-figlio, specialmente se non sono dominati da un conflitto sui codici tradizionali della mascolinità. In soccorso viene la nuova opera di Nir Bergman, regista israeliano noto per essere tra i realizzatori di Be'tipul, serie che ha dato origine alle varie versioni internazionali di In treatment. Tale sensibilità per l'asciugatura e il risalto del linguaggio drammatico trova un felice incontro con il lavoro della sceneggiatrice Dana Idisis, a cui va il merito (che affonda nell'esperienza diretta) di un trattamento del tema dell'autismo realistico e complesso, capace di occuparsi anche delle discriminazioni e dello smantellamento dei luoghi comuni in materia.

Pur senza brillare dal punto di vista dell'inventiva e del rigore formale, tra le mani di Bergman il materiale viene trattato con delicatezza e con la capacità di mettere da parte tutto ciò che non è necessario, andando dritto al cuore di una storia essenziale e straziante. Il rapporto tra Uri e Aharon è denso e sempre tangibile, con particolare attenzione ai gesti quotidiani: lo dimostrano le scene che ritraggono i due in bicicletta, o nudi davanti allo specchio mentre si radono cantando Gloria di Umberto Tozzi. Quanto c'è di buono nel loro amore reciproco è subito evidente tra le pieghe delle interpretazioni (bravissimi Shai Avivi e Noam Imber), e altrettanto palesemente lascia poi graduale spazio a un ritratto di padre che ha più bisogno del figlio di quanto egli non ne abbia di lui, e che sa come tenerlo stretto a sé con la semplice preparazione di un piatto di pasta, a spese di una madre che cerca gentilmente di separarli.”

 

Giulio Martini

(domenica pomeriggio)

In un epoca in cui si tenta la rivalutazione del ruolo specifico del "padre" ecco un film in cui ci si chiede che cosa vuol dire "fare la cosa giusta" nei confronti di chi non è ancora autonomo e che - nel caso specifico - autonomo forse non diventerà mai.

La situazione dell'autismo amplifica la tensione dell'eterna dinamica del distacco da chi si è generato ,osservata qui però soprattutto nelle consapevoli ansie dell'adulto.

 

 

Angelo Sabbadini

(lunedì sera)

Sembra che il pubblico israeliano ami soprattutto due tipologie di film: i drammi famigliari e il cinema di guerra. "Noi due" appartiene alla prima tipologia e il regista Nir Bergman si segnala per la sua capacità di affrontare con garbo la relazione affettiva tra un padre e un figlio. Nel complesso rapporto il film ci mostra la fragilità del padre. E' quest'ultimo a non essersi mai staccato dal figlio Uri e non il contrario. Bergman descrive tutto questo in modo minimale con una grande attenzione ai dettagli e l'opera si vede con piacere anche se non brilla per una particolare originalità

 

 

Carlo Caspani

(mercoledì sera)

Nir Bergman, che di drammi as fondo psicanalitico se ne intende (è stato uno dei creatore della serie TV "In treatment"), costruisce un film sentito e compatto, derivato da un documentario autobiografico della sua sceneggiatrice Dana Idisis. Ne esce una vicenda emozionante di un padre ostinato e un figlio autistico, zeppa di battute nascoste che stemperano il dramma con l'ironia, accompagnate a riferimenti ai mondi della grafica e della musica, funzionali al racconto. Il pubblico baziniano partecipa a un dibattito vivo come poche altre volte. Il presentatore, di fronte al lieto fine improvviso, miracoloso ma non appiccicato, pensa grato a Charlie Chaplin, nume tutelare del film, e a un augurio del laico Truffaut, ateo ma con riserva, al figlio neonato dell'attore Bob Balaban: "Che Charlie Chaplin vi benedica. Poiché Dio non esiste, vi è un solo Dio, ed è là, sullo schermo."=

 

 

Rolando Longobardi

(venerdì sera)

Quello che nir Bergman vuole comunicare non è solo un film sulla relazione padre/figlio, bensì un percorso di consapevolezza che ogni adulti deve raggiungere attraverso esperienze e cultura.

In questo senso la cultura ebraica è presente nella modalità della ricerca del senso del nome ( chiamare per nome è un elemento narrativo molto importante nel film), e del senso di appartenenza alla comunità.

Non ci sono particolari riferimenti estetici rilevanti, però il tutto funziona in modo lineare anche se senza troppe pretese.

 

 

Marco Massara

(Jolly)

Due temi ‘pesanti’ come il rapporto con un figlio autistico e la difficoltà del taglio del ‘ cordone intellettuale’ tra padre e figlio, innestati su una modalità tipicamente cinematografica del ‘road movie con difficoltà’.

Il tutto sviluppato con grande leggibilità e semplicità, senza mai cadere nel melodrammatico, né nel patetico, evitando il didascalico e mantenendo aperti temi e chiavi di lettura anche contrastanti.

Formidabili gli attori: dal professionista che incarna Iuri al ‘dilettante’ che mette in scena tutte le ambasce del padre.