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Finale a sorpresa

 

da domenica 12   a  venerdì 17 marzo 2023

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FINALE  A  SORPRESA

REGIA DI GASTON DUPR E MARIANO COHN

 

 

“Cinque anni dopo aver sorpreso con Il cittadino illustre, Gastón Duprat e Mariano Cohn tornano in gara a Venezia con Competencia Oficial (Competizione ufficiale, per l’appunto). E, ancora una volta, considerando anche il più recente Il mio capolavoro (nel 2018 sempre al Lido, ma Fuori Concorso, diretto in quel caso solamente da Duprat), declinano in commedia arguta la riflessione sull’essenza dell’arte, sull’atto creativo che trova nella profondità e nella vacuità della recitazione il culmine di un discorso che ormai identifica in maniera riconoscibile la cifra stilistica dei due sceneggiatori e registi argentini.

Che ritrovano l’allora cittadino illustre Oscar Martinez (premiato con la Coppa Volpi nel 2016) e gli affiancano due star internazionali come Antonio Banderas e Penélope Cruz. Quest’ultima è Lola Cuaves, affermata regista, assoldata da un anziano magnate deciso a lasciare un segno tangibile della sua esistenza producendo un film tratto da un romanzo di un premio Nobel, Rivalidad, storia incentrata sul conflitto tra due fratelli, Pedro e Manuel. Per interpretarli vengono ingaggiati Iván Torres e Félix Rivero, due attori agli antipodi, grande maestro dell’arte recitativa il primo, uomo incapace di scendere a qualsiasi compromesso e con una concezione dispregiativa del pubblico inteso come massa, divo internazionale l’altro, idolo delle folle e naturalmente ammantato di una superficialità nei confronti dell’esistenza da brividi. Ed è proprio su questa profonda dicotomia “reale” che la regista vuole costruire il rapporto di “finzione” tra i due protagonisti. Ospitati nel gigantesco dedalo degli uffici della Fondazione Suarez, i tre artisti si incontreranno più volte per le letture della sceneggiatura e le prove antecedenti le riprese. Un gioco al massacro che avrà risvolti non solo sulla realizzazione finale dell’opera. (…) Portati all’estremo dalle prove a volte folli che Lola pretende compiano, entrambi facce antagoniste di una stessa medaglia che – a conti fatti – possono tranquillamente sovrapporsi scambievolmente senza modificare l’ordine degli eventi.”

Valerio Sammarco da cinematografo.it

 

Giulio Martini

(domenica pomeriggio)

Non bisogna prendere sul serio questa variante grottesco-argentina sul tema del perché,per chi e per come si fa e si vive sempre più di spettacolo anche fuori dallo schermo e dal palcoscenico.

È un tema ricorrente per i due registi sodali che da di volta in volta mettono a confronto pesonaggi variamente famosi,celebri e celebrati,con gente povera o ricca che pensa al loro ruolo sociale come al massimo possibile.

Ma poi si vede sempre che le ombre imtorbinano i lampi luminosi delle stelle e che duplicare la vita con l'arte non garantisce né vera gloria né autentica felicità.

 

 

Angelo Sabbadini

(lunedì sera)

Un merito Finale a sorpresa ce l'ha senz'altro: quello di avere fatto recitare insieme Antonio Banderas e Penelope Cruz. E i due si divertono a crepapelle a sbertucciare rituali e manie del mondo del cinema. Ma ci divertiamo anche noi spettatori? Sicuramente il film firmato da Duprat e Cohn ha un avvio folgorante ma poi appare diseguale negli esiti e in alcune sequenze fa capolino la noia. I registi argentini hanno girato diversi film dedicati alla produzione artistica,Il cittadino illustre su tutti.  Qui il miracolo non si ripete e alla fine qualche spettatore del Bazin rimarca con veemenza la sua delusione.

 

Carlo Caspani

(mercoledì sera)

La coppia argentina Duprat/Cohn, già nota da noi per "Il cittadino illustre", dirige un trio eccellente spagnolo (Cruz, Banderas, Martinez) per una commedia sulfurea sul cinema, sui meccanismi creativi, gli ego gonfiati, le manie e i trucchetti, la cartapesta , i toni, le intenzioni, i movimenti, insomma tutto ciò che costituisce il farsi della parte recitativa di quell'arte che si chiama cinema. Ma l'Arte sta altrove, nel gioco di specchi non si gira nemmeno un minuto di vero film e il sarcasmo e le battute dopo un po' stancano, o perché già viste e sentite, o perché il sospetto che si tratti di un solipsismo spettacolare compiaciuto si fa strada tra il pubblico. Che alla fine dibatte, tra il perplesso e lo scontento, pur riconoscendo la bravura del trio protagonista, cattivo ma non fino in fondo (il finale, più che a sopresa, è deludente.)

 

 

 

 

 

 

Guglielmina Morelli

(venerdì sera)

Il film ha un inizio scoppiettante: tre cineasti, i “migliori” nei loro ruoli, ingaggiati da un vecchio industriale ricchissimo per girare un film straordinario, un vero “cult movie”, tale da garantire al finanziatore gloria imperitura. Così devono creare questo capolavoro una registra strampalata e nevrotica che dirigerà i due migliori interpreti: un attore teatrale intellettuale e raffinato e un divo pop impegnatissimo in orrendi film hollywoodiani. Ovviamente i tre sono troppo egocentrici e, complice la sceneggiatura reinventata dalla bizzarra regista (ma immaginiamo che il romanzo da cui è tratta sia illeggibile), battibecchi, screzi e vendette sono all’ordine del giorno. Ciascun attore è convinto di essere migliore dell’altro e forse la zona più divertente del film è proprio quando i due cercano, con ogni mezzo, di convincere l’altro (e non noi spettatori) delle proprie superiori capacità. Insomma, ci godiamo la bravura dei due attori nel complesso meccanismo del “film nel film”. I due “veri” registi, peraltro, in questa disputa non prendono posizione e ci mostrano l’intellettuale come tronfio e vanitoso e l’altro come superficiale e cialtrone: risolvono il finale col luogo comune del “doppio”, questo sì artificio ben antico e consolidato. Proprio questo finale non ci ha convinto, anzi, questo sottofinale seguito poi da un finale che o rimanderà ad un sequel o, più intellettualisticamente, ad un ulteriore giudizio sulla vicenda narrata (si afferma infatti che un film può non terminare coi “titoli di coda”); come talvolta accade, ad un film gradevole non segue un finale adeguato (aperto o no, questo non importa).

 

Marco Massara

(jolly)

Tentativo non proprio riuscito di razionalizzare (gran parte del film è girato nel padiglione germanico della Expo di Barcellona a firma Mies Van der Rohe ) quanto di più irrazionale quale l’egocentrismo ed il narcisismo tipico di attori e registi. Se il soggetto era interessante, lo sviluppo invece diventa troppo prevedibile e il ‘Finale a sorpresa’, storpiatura del molto più efficace “Official competition”, tanto sorpresa non è.