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Nowhere special

 

da domenica 19  a  venerdì 24 febbraio 2023

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NOWHERE SPECIAL

REGIA DI UBERTO PASOLINI

LA PAROLA AL REGISTA

 

“Sapere come, quando e perché aiutare i propri figli a trovare la loro identità, la loro strada, le loro passioni senza metterci quello che proiettiamo noi sulle loro vite è complicatissimo -dice Pasolini- Quindi il problema del dialogo tra genitori e figli fa parte sicuramente del film, la difficoltà di un dialogo aperto, onesto, di una ricerca di un’espressione della verità”. Il regista, che vive nel Regno Unito, racconta come è nata l’idea del film: “Ho letto un giornale per caso, avevo letto un’intervista di una persona che si occupava di questo e da lì è uscito il film. Ho fatto molte ricerche, ho parlato con persone che si occupano di adozioni, con persone che vogliono adottare, e poi ho scritto la sceneggiatura (…) Il protagonista è di pochissime parole, vive isolato, non ha una famiglia e non ha modo di condividere la situazione che vive con nessuno. A me piacciono i film con poche parole. C’era bisogno di un attore che potesse esprimere moltissimo senza recitare, perché amo le cose molto sottotono. La sceneggiatura infatti è molto sottotono nonostante la drammaticità della storia. James Norton ha molte frecce al suo arco, e fra queste quella di essere espressivo anche in momenti di non ovvia recitazione (…) La vera scommessa del film era quella di immaginare un film dove uno dei ruoli principali fosse quella di un bambino di 4 anni. Come si gestisce un bambino di 4 anni per trenta giorni sul set? Aver vinto questa scommessa, cioè fare un film con un bimbo che sia vero, che si senta vero, e alla fine del processo avere qualcosa che sia credibile, mi fa enormemente piacere”.

 

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Giulio Martini

(domenica pomeriggio)

Film capovolto - nella prospettiva di un ragazzo padre - rispetto a "Still life", ma con la stessa domanda di fondo : il distacco con la morte è definitivo o no ? Un tema che qui si allarga al quesito: perché generare se si sa che un figlio è destinato prima o poi a staccarsi da noi ? La forza della vita la vince nonostante tutto. Però gli interrogativi - posti con garbo - non  si sciolgono e rendono la pellicola piena di  profonde emozioni e di continue sfumature

 

Angelo Sabbadini

(lunedì sera)

Attesa al Bazin per Uberto Pasolini: il suo Still Life, visto dieci anni fa, ha lasciato un buon ricordo e in sala il clima è propizio per accogliere il terzo film dell'illuminato produttore di Full Monty. E subito piace l’idea del pronipote di Visconti di non drammatizzare il patetico soggetto ma di lavorare in sottrazione. Poi però prendono consistenza le perplessità che riguardano essenzialmente il registro narrativo che non conosce variazioni e alla fine finisce per essere monotono e ripetitivo. E le dichiarazioni d’intenti del regista legate a Ozu e ai Dardenne rimangono sulla carta e non trovano riscontri nel film.

Carlo Caspani

(mercoledì sera)

Cinema artigiano quello di Pasolini, imparentato con Luchino Visconti di Modrone e autore britannico a tutti gli effetti.Una storia semplice, triste, una trama che altrove diventerebbe un serial strappacore esagerato. Qui, invece, misura, dialoghi scarni ma realissimi, personaggi più che credibili e la commozione, la lacrima che inumidisce il ciglio di più di uno spettatore baziniano passano attraverso la partecipazione, l'empatia profonda dell'autore con i propri personaggi. Trovare una famiglia e un futuro per l'affetto che ci lasciamo alle spalle, quando non ci saremo più per mala sorte e malattia: tutto qui, non si va da nessuna parte in particolare, se non a vedere del grande Cinema

 

 

 

 

 

 

Guglielmina Morelli

(venerdì sera)

Quando un film ha una bella storia da raccontare, è ben costruito, ben recitato, sceneggiato e girato come si deve non può che diventare una gioia per gli occhi, per il cuore e per la mente. Nessuna smanceria o melensaggine, nessun artificio “lacrimogeno” per questa storia che ha tanti piani di racconto: il rapporto tra un padre e il figlio bambino, il rapporto tra un padre e chi vorrebbe o dovrebbe o potrebbe aiutarlo, racconto che si dipana ora attraverso eventi della vita minimi, apparentemente trascurabili che si caricano di senso (i palloncini; la bottiglia intrappolata nel gorgo di un torrente) ora tra spazi che hanno sempre un valore “altro” e che lo spettatore attento deve sempre notare (i vetri che, contemporaneamente, mostrano cose e persone e le tengono separate dal protagonista). Continuamente aleggia una premonizione di morte che però mai diventa indecente o seducente (la pornografia della morte tanto in voga) ma è sfiorata e narrata con delicatezza, anche per non turbare il piccolo attore, come afferma il regista. In una vicenda angosciante e apparentemente senza alcun sbocco si insinuano persino note ironiche: la descrizione delle famiglie cui affidare il bimbo, tutte così mostruosamente egocentriche da ingenerare nel protagonista rabbia e preoccupazione per una scelta che appare impossibile. Con un formidabile cambio di prospettiva sarà il bimbo a decidere la sua “nuova famiglia”: è quella apparentemente meno adeguata (una giovane single) ma è l’unica dove chi lo dovrà accudire si mette al suo livello e gioca con lui. Virgilio disse che per certe vicende non è necessario alcun commento, è il dolore del mondo, le “lacrimae rerum”: Pasolini e i suoi lo hanno capito perfettamente e di conseguenza si sono comportati.

 

Marco Massara

(jolly)

“Exitus” scrivono i medici nella cartella clinica per significare la fine delle funzioni vitali o, più prosaicamente, la morte. La ‘cura’ dell’ exitus è il tema centrale della filmografia di Uberto  Pasolini , qui espressa in termini  speculari rispetto al precedente “still lfe” di cui non conserva la forza emotiva, bensì lavora con una rappresentazione e recitazione ricca di sfumature e di segno, rifuggendo dai toni melodrammatici. Gli attori anglosassoni sono una garanzia, fin da bambini.