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E'andato tutto bene ---

 

da domenica 15 a  venerdì 20 gennaio 2023

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E'ANDATO TUTTO BENE

REGIA DI FRANCOIS OZON

LA CRITICA

 

“L’incedere del cinema di François Ozon ha numeri impressionanti: venti film in poco più di due decenni. Ma nel suo generoso percorso il regista francese ha saputo reinventarsi, restare ogni volta fedele a sé stesso per poi immergersi in nuove fasi creative. La Storia, l’erotismo e l’identità umana sono solo alcuni dei temi che ha affrontato dietro la macchina da presa. L’immagine del francese Adrien Rivoire che prega sulla tomba del tedesco Frantz Hoffmeister, alla fine della Grande Guerra, resta una delle più forti riflessioni sulla colpa mai viste sullo schermo. Il film era Frantz, e la meditazione sulla morte avrebbe trovato nuova linfa in Estate ’85. In quel caso il dolore passava attraverso la musica, attraverso il ballo al cimitero sulla lapide del proprio amore perduto. Anche nel suo nuovo È andato tutto bene (Tout s’est bien passé), in concorso al Festival di Cannes, Ozon prosegue il suo percorso legato alla fine dell’esistenza. In Frantz ad avvelenare l’anima era il conflitto mondiale, in Estate ’85 la giovinezza era sinonimo di tragedia. Ad accomunare le due storie l’impossibilità di continuare a vivere, la fragilità del corpo. In Tout s’est bien passé la morte viene analizzata da un punto di vista ancora diverso, quello dell’eutanasia. Raccontato con cifre stilistiche spesso opposte, da Mare dentro di Alejandro Amenábar a Bella addormentata di Marco Bellocchio, passando da Million Dollar Baby di Clint Eastwood, il tema è sempre stato alla base di dibattiti incandescenti.

Ozon sa toccare le corde giuste, senza mai essere ricattatorio. Utilizza toni inaspettati, passa dalla sofferenza al sorriso con grande sensibilità. La sua vuole essere una vicenda comune. Un padre malato non è più autosufficiente. Ha ottantacinque anni, è bloccato sulla sedia a rotelle, e chiede alle figlie di morire. È l’inizio di un lungo cammino verso la Svizzera. Ma ancora una volta il viaggio non è solo fisico. Tout s’est bien passé parte dal dilemma morale, per focalizzarsi sui sentimenti, sulle lacrime trattenute. Non vuole sollevare polemiche, non fornisce risposte facili. Altre volte Ozon aveva affrontato tematiche spinose, come in Grazie a Dio, che si concentrava sulle vittime dei preti pedofili. Anche in quel caso, il rigore della regia era al di sopra di ogni scandalo. In Tout s’est bien passé la chiave è l’empatia per i personaggi: il genitore che vuole andarsene per sempre, il tormento di chi resta e deve decidere su cosa fare. Ozon assiste a distanza, non può offrire soluzioni, si fa narratore silenzioso di un’umanità allo stremo. E valorizza il talento di André Dussollier, qui in una delle sue prove più alte, supportato da un’ottima Sophie Marceau.”

Gian Luca Pisacane da cinematografo.it

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

(domenica pomeriggio)

 François Ozon ci porta accanto a una sua ex sceneggiatrice per immergerci in un momento delicatissimo della sua vita famigliare. Infatti è la stessa protagonista a raccontarci dal suo punto di vista, con pudore ma senza reticenze, un dramma intimo. Non è un film a tesi, evita di buttarla in politica; piuttosto condivide un dolore che viene da lontano e illustra tutte le contraddizioni insite nelle umane relazioni: l’amore verso un padre assai discutibile; quello verso la sorella, forte e delicato, ma ferito dal fatto che la scrittrice è sempre stata la preferita; il padre che vuole e non vuole accanto il suo vecchio amante, insomma tutto quell’impasto di pulsioni disordinate che ci costituiscono. Pure lo stile leggero sembra contrastare con il peso della materia narrata, ma il risultato, grazie anche a delle ottime prestazioni attoriali, è un preciso equilibrio nel quale tout se tient.

Rattrista solo un po’, quando si riaccende la luce in sala, scoprire che anche Emmanuèle è mancata, a sessantun anni, solo otto dopo André

 

Angelo Sabbadini

(lunedì sera)

L’anno inizia sotto il segno del parigino Francois Ozon: un arrivo graditissimo e impegnativo alla luce del suo cinema cangiante e problematico. E il film E’ andato tutto bene si dimostra subito una bella sfida per i visionari del Bazin, invitati dall’autore parigino a fare continui equilibrismi tra tragedia e commedia. Nel film si piange, si ride e si fa ripetutamente dell’ironia su un evento drammatico che sconvolge l’eccentrica famiglia del protagonista. Grazie agli interpreti tutti in forma smagliante e a qualche comparsata spiazzante (l’indimenticata Hanna Schygulla) il film riesce a dare forma ai  suoi paradossi e a convincere gli astanti.

Carlo Caspani

(mercoledì sera)

Argomento difficile e doloroso, quello del fine vita volontario. Ozon sceglie la via più impervia, con protagonisti all'altezza (Dussolier e la Marceau, altro che cinemas boulevardier e Tempo delle mele...) alle prese con personaggi per nulla simpatici, soprattutto il vecchio padre. Ma l'empatia è tutta cinematografica, di testa più che di cuore, e alla fine, riflettendo su richieste terribili a cui, per affetto e legami famigliari complessi, non si riesce a dire di no, al vostro presentatore troppo coinvolto da vicende personali viene in mente solo una strofa di una vecchia canzone di Roberto Vecchioni: forse non lo sai ma pure questo è amore.

 

Giulio Martini

(venerdì sera)

È saggio aiutare a togliersi la vita chi la vita te l'ha data? Questa è domanda attorno a cui ruota il film, che affronta un tema di grande attualità in ambiente francese, ma cerca di definire in generale un possibile senso dell'esistenza, oscillando tra ottimismo e pessimismo (di marca ebraica) sulle prospettive dell'aldila'.

Bevute, brindisi, cene, feste costellano le ripetute visite in ospedale prima che il protagonista trangugi il veleno.

Sono le relazioni di reciproca cura che danno sapore alla vita o qualcosa d'altro?

Ozon , seguendo il romanzo da cui trae il racconto, non ha paura di parlare di un argomento che scuote le coscienze, ma senza horror, pietismo o melodramma.

Per questo il risultato è strano  ,insolito, stimolante.

Marco Massara

(fuori classifica

Argomento esplosivo maneggiato con cura (e Dussolier, “Cuore in inverno” è recidivo…).

Ozon riempie la domanda di fondo, sulla liceità o meno di assecondare un suicidio volontario, di impreviste deviazioni narrative (la lente a contatto – apri l’occhio!), la bisessualità del padre oltretutto ebreo, la pistola nascosta, gli incubi, un tocco di horror etc) che tengono desta l’attenzione dello spettatore e gli evitano una trattazione monocorde, melodrammatica, troppo angosciante. Alla fine ogni spettatore esce con una propria opinione e bisogna ammettere che il regista francese ci ha aiutato a pensarci su.