Titolo

Un altro giro

 

da domenica 24 a venerdì 29  aprile 2022

vai ai commenti degli animatori

vai ai commenti del pubblico

 

 

UN ALTRO GIRO

REGIA DI THOMAS VINTERBERGER

 

Danimarca oggi. Quattro insegnanti – Martin, Tommy, Nikolaj e Peter – decidono di condurre un esperimento sulla base di uno studio norvegese, assumendo da bere nelle ore della giornata. La loro performance didattica in primis migliora, ma...

____________________________________________________

Non è facile mettere a fuoco l’opera di Thomas Vinterberg. Da un lato, con uno stile che coniuga dramma e ironia graffiante, sembra volerci mettere in guardia dalle seduzioni del bere, dall’inganno della bottiglia. Ci dice infatti che l’alcol sulle prime genera leggerezza, anestetizza pensieri e turbamenti; dopo però svela il suo cosiddetto “dark side”, quello che trascina a dipendenze. L’autore, però, si sottrae rapidamente da questo “semplice” schema narrativo, rimescolando le tessere del racconto: è come se ci invitasse a guardare la società di oggi nella sua complessità, dove si è prigionieri di se stessi, di schemi rigidi e soffocanti, contesto in cui forse un giro di bottiglia potrebbe stappare la tensione. Nell’affermare ciò, di certo, Vinterberg si tutela e ci mette anche in guardia domandandosi: Quando uno beve riesce a fermarsi? Si può davvero regolare? Di certo l’autore ci racconta come adulti e adolescenti oggigiorno vedano negli alcolici “amici seducenti”, passe-partout per abbattere insicurezze o compensare delusioni. Uno sguardo realistico il suo, che appare però fin troppo morbido e lontano dal (necessario) tono di denuncia. Tra le maglie dell’umorismo, si colgono infatti non pochi rischi di smarrimenti di senso… Scandito tra allegria, tristezza e dramma, "Un altro giro" è un film senza sconti, fatto di durezze tipiche di un Occidente spesso malato di troppa felicità.

 

 

 

 

 

 

Marco Massara

Domenica pomeriggio

 

 

 

Il titolo italiano (corretto dal punto di vista del marketing rispetto all’originale “Druk” = Sbronzarsi) mi suggerisce un parallelo con l’automobilismo sportivo. “Un altro giro” per cercare di scoprire di quanto si può aumentare la velocità, o meglio ritardare la frenata senza uscire rovinosamente di pista. I “4 amici al bar”, in realtà ottimi conoscitori di eccellenti etichette, si spingono oltre il limite ‘biologico” dello 0,05 % salvo rientrare con disinvoltura (tranne uno) senza troppi danni, anzi! E qui nasce un altro interessante parallelo tra alcol e stress: senza non c’è tensione verso l’obiettivo del momento, troppo porta solo a disastri, il giusto aiuta a costituire “il gusto pieno della vita”. Un film forse un po’ troppo geometrico e ottimista circa la possibilità di ‘tornate in pista’ ma comunque capace di stimolare la riflessione su un tema potenzialmente esplosivo. Il tutto in salsa nordica speziata con “Dogma95”.

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

Nell'affrontare un gravissimo problema sociale del suo Paese, il regista si interroga sui motivi profondi che spingono i maschi danesi a cercare nell'alcool quella forza emotiva che li liberi da frustrazioni e sensi di inadeguatezza nei confronti delle donne e dei loro ruoli professionali.

L'angoscia esistenziale di fondo l'ambizione frustrata dagli altissimi standard richiesti per emergere, la difficoltà diffusa ad esprimere le proprie emozioni più spontanee li spingono a cercare in spinte "artificiali " un sostegno / rimedio che però sfugge di mano.

Alla diagnosi sociologica il film aggiunge una solida struttura drammatica. E grazie alla coinvolgente interpretazione dell'atletico protagonista evita le banalità e le ovvietà del diffuso psicologismo del cinema nordico.

 

 

 

 

 

Angelo Sabbadini

Lunedì sera

 

 

 

 

 

 

 

Più dell’alcol, esibito e consumato a ciclo continuo, pesa KierKegaard nel film oscar di Thomas Vinterberger. Non un film etilico ma un film filosofico che scandaglia il tema della scelta tra libero arbitrio e angoscia da parte di quattro insegnanti danesi. Alla fine, tra sbandamenti e fallimenti, prevale la fede nella vita.

 

 

 

Rolando Longobardi

Mercoledì sera

 

 

 

Quello del regista Vintenberger è un film giocato sul fraintendimento, a cominciare dalla interpretazione che i 4 amici (al bar) ci trasmettono dell'esperimento psicologico sul tasso alcolemico da tenere costante. Si fraintende il senso da dare alle cose e alle esperienze che le accompagnano. La vita diventa così qualcosa di incomprensibile, come in contenitore vuoto e senza amore il contrario dell'augurio con il quale inizia il film. (Kierkegaard citato all'inizio e durante tutto il film). Se c'è una filosofia in ‘Druk’ è quella di Nietzsche; nichilismo verso la volontà di potenza, abisso che, se guardato sino in fondo, ci ri-guarda.

In questo è contenuta la critica alla società danese e borghese dove l'uomo deve essere uomo (vichingo dei miti nordici) e la donna perfetta moglie e madre. 

La regia è magistrale se ci lascia ubriacare (forte presenza estetica di dogna95) nei movimenti seguendo i protagonisti. 

Bello, forse non da premiare così tanto, ma gradevole...come una buona birra rossa fredda (gusti personali)

 

 

 

 

 

 

 

Guglielmina Morelli

Giovedì sera

 

 

Il titolo dice che protagonista è l'alcool ma noi non ci abbiamo (del tutto) creduto. Film piuttosto sulle fragilità, le angosce del tempo che passa, i fallimenti esistenziali e professionali che, i nostri eroi, con vino, birra e cocktail provano a superare. E, in qualche modo, c'è la fanno, supportandosi vicendevolmente (il film ha quale tema anche l'amicizia tra maschi): la storia diventa la materia più amata, il ragazzino bocciato sostiene un egregio esame, nessuno fa più pipì a letto e persino Tommy, insegnante di ginnastica annoiato e demotivato, trasforma il più piccolo tra i suoi calciatori in un goleador. E con buona pace della fredda e brumosa Danimarca, del suo inno nazionale e delle teorie filmiche di Dogma attribuirei a questo film un verde squillante

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

Venerdì sera

 

 

 

Un altro giro inizia e finisce con i festeggiamenti alcolici degli studenti di un liceo; nel mezzo si trova l’”esperimento scientifico” di quattro loro docenti affascinati dalla trasgressione e dal bere più di loro, perché hanno (avuto) più delusioni e frustrazioni. Il senso del film di Vintenberg sta tutto nell’immagine finale: un uomo che vola con grazia in fermo immagine, che lascia fuori campo lo scontro con l’acqua che arriverà in una manciata di secondi. L’opera ci racconta il fascino che l’ebbrezza esercita, perché permette di liberare energie e superare inibizioni, ma anche quanto sia difficile evitarne gli effetti potenzialmente tragici. Non prende però una posizione di pura condanna morale, ma coglie anche i vantaggi psicologici che possono spingere a prendere una strada così rischiosa, guadagnando molto in realismo e concretezza. La forma del testo è assolutamente coerente con il contenuto: una serie di capitoli con titoli da studio scientifico inquadra delle vite che progressivamente si smarriscono, rappresentate attraverso una camera a mano che partecipa direttamente ai turbamenti dei meno giovani protagonisti e discende dalle sperimentazioni legate alle origini del regista in “Dogma 95”

 

 

 

Carlo Caspani

(sempre in absentia -

fuori classifica)

Oscar 2021: un film che scandalizza qualcuno per la posizione "ambigua" rispetto al problema dell'alcolismo. Ma il film è altro, di più, più complesso. Non è un'apologia, forse un apologo su una cultura radicata nel nord Europa ma trasversale in tutti i locali del mondo in cui riti di passaggio (il diploma di maturità), frustrazione, noia, desiderio di ribellione, cameratismo virile ecc. ecc.. si ritrovano in fondo alle bottiglie; e che vini, che liquori, che champagne... Niente ubriaconi dei bassifondi, ma rispettabili professionisti della scuola e studentelli figli di mammà uniti nel cercare il limite nel bicchiere con la patetica giustifica dell'esperimento scientifico-antropologico...Del resto il regista è un Dogma95 (remember Lars von Trier?), uno che non fa sconti, e. se c'è dell'umorismo è ad alto tasso alcolemico, e la risata suona falsa e, appunto consolatoria come una ciucca. (Nota a margine: nel nord Europa, e non solo, anche le donne bevono forte. In questo il film è un po' ingannevole..)