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The Farewell - una bugia buona

 

da domenica 5 a  venerdì 10 dicembre 2021

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THE FAREWELL - una bugia buona

regia di Lulu Wang

 

 

Billi, una giovane newyorkese con aspirazioni artistiche, scopre dalla sua larga famiglia cinese che all'anziana nonna Nai Nai è stato diagnosticato un tumore incurabile in fase molto avanzata: tornati in Cina a farle visita, tutti i parenti decidono di comune accordo di tenerle nascosta la verità per farle vivere amorevolmente quei pochi mesi che le rimangono. Tuttavia,.........

.....E' la malattia, la fragilità del congiunto, l'opportunità (o no) di sapere o di 'forzarlo' all'informazione, l'architrave solido ma mai ingombrante di una costruzione che sa dare rilievo ai pensieri e alle azioni di ogni personaggio. Nel percorso formativo che conduce Billi dall'America alla Cina e ritorno, la ragazza si scoprirà finalmente pronta alla vita, incarnando nel grido (di forza e intenzione) di un'arte marziale interiore tutta lo splendore della confusione etnica e della commistione di generazioni e costumi. Perché non c'è riscatto e nemmeno 'guarigione' in un orizzonte culturalmente univoco. Sono le dinamiche e le collisioni di una società aperta a produrre esiti (e film) decisamente felici.

 

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica pomeriggio

 

 

 

la raffinata indagine sulla "impossibilità del distacco" dalle proprie radici si accompagna con l'impietosa descrizione della Cina che muta scordando la sua tradizione (riti intrisi di liturgie confuciane, regole di soffocamento emotivo, cucina e massaggi da vivere sempre nella dimensione rassicurante ed oppressiva del clan...).

Non tutto è facilmente decifrabile dagli Occidentali ( ad esempio la presenza dei passeri ,per ricordarne la spaventosa stage maoista del 1958 ) ma il mood orientale si insinua meravigliosamente negli spettatori attenti.

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angelo Sabbadini

Lunedì sera

 

 

 

 

 

Chi lo avrebbe immaginato ! La minuta Lulu Wang movimenta le reazioni dei visionari del Bazin come nessun altro e i punti di vista sulla regista cinese naturalizzata statunitense non si risparmiano alla conclusione del film. Un confronto serrato tra sguardi antitetici che dà peso e valore a un film che affronta il tema dell’incontro tra culture con un tono particolare e personale. Al di là dell’interessante film ci si porta a casa il senso di un confronto animato tra le diverse anime del Bazin che, in una serata ispirata, trovano la forza per un confronto serrato e non formale. Massima stima per il pubblico e attesa interessata alla prossima opera della giovane cineasta.

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì  sera

 

 

Film prenatalizio buonista? Calma. Intanto un film che tiene un piede in Cina e uno a New York, con una protagonista cino-americo-coreana, e una vicenda risaputa che però schiva quasi sempre i pantani dei luoghi comuni di genere perché trova forza, nel suo internazionalismo programmatico, di mandare alcuni messaggi forti e chiari. Sì, esistono bugie buone, anche se non ci piace doverlo ammettere. Si, alla fine davanti ai dolori importanti siamo tutti uguali, bianchi gialli neri e meticci: uguali perfino nei modi e nei riti, dal pianto forzato alle preghiere rituali al cibo funebre. Sì, possiamo telefonare in diretta dalla Cina all'America, ma se perdiamo i legami con il nostro passato, le radici della nostra anima, cosa resta? Un volo di passeri (una delle piaghe da combattere ai tempi di Mao...) e il bisogno di raccontarsi, per ritrovare, forse, un ricordo che consoli e aiuti

 

 

 

Marco Massara

Giovedì sera

 

 

Il tema principale del film è fin troppo introdotto dal sottotitolo italiano, probabilmente aggiunto per comprensibili motivi di marketing. E’ un tema con coinvolgimenti strettamente personali ed il pregio di “Farewell…” è quello di non indicare dichiaratamente una parte delle due possibilità, ma di illustrare le caratteristiche di entrambe.

Su questa struttura principale Lu Lu Wang innesta altri argomenti di grande interesse: le contaminazioni reciproche tra la cultura occidentale e quella orientale, il senso della famiglia, l’importanza del cibo come elemento di aggregazione, l’orgoglio di appartenenza e il desiderio di omologazione.

L’’utilizzo intelligente di una colonna sonora formata da brani di diversa origine e spesso spiazzanti (il “chiaro di luna” in forma di vocalizzo, “Killing me softly” (!) appena accennata, un’opera di Mozart , due ‘traditional’ (uno cinese ed uno americano)) contribuisce a costruire un film caleidoscopico con in più il dono di una leggerezza che seduce lo spettatore  nel trattare un tema profondo e ‘pericoloso’ da maneggiare.

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

Venerdì sera

 

 

 

Farewell – Una bugia buona inizia con due bugie (la nonna in ospedale che dichiara di essere dalla sorella e la nipote che dice di avere il cappello, mentre non è vero), poi prosegue con un’ulteriore “bugia”, cioè il matrimonio, inventata per coprirne teoricamente un’altra, cioè il fatto che Nai Nai sta bene, che poi si rivela come una verità, per cui l’intero film risulta essere una specie di grossa menzogna detta allo spettatore. Sembra un gioco di scatole cinesi (mi scuso per l’apparente gioco di parole), ma è proprio così. All’interno di questa struttura formale si collocano riflessioni su: differenze tra una Weltanschauung “cinese” e una “americana” riguardo il modo di affrontare la malattia e il conflitto tra di esse; il vissuto dell’emigrante, con sentimenti conflittuali sia verso la patria d’origine, sia quella di destinazione; l’opportunità o meno di mostrare i propri sentimenti, e altri ancora. Un film semplice ma ricco, che riesce a toccare lo spettatore e, conseguentemente, ha generato uno dei dibattiti più vivaci della stagione