Titolo

Peterloo

 

da domenica 17    a  venerdì 22 ottobre 2021

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PETERLOO

regia di Mike

 

 

: “Peterloo è il nome coniato da un giornalista del Manchester Observer con cui è passata alla storia la carneficina perpetrata nel 1819 dall’esercito inglese ai danni di una folla di manifestanti pacifici e si tratta di una crasi di due toponimi: quello del luogo nel quale quel fatto avvenne, St Peter’s Fields a Manchester, e quello molto noto oggi come allora di Waterloo, nei cui pressi Napoleone era stato definitivamente sconfitto soltanto quattro anni prima. Il protagonista della prima parte del film (…) è proprio un reduce da quella battaglia fatale per le truppe francesi (…): il giovane trombettiere Joseph al seguito dell’esercito inglese guidato dal Duca di Wellington sarebbe un vincitore ma è rimasto in realtà profondamente traumatizzato dall’esperienza patita al fronte e quando torna – a piedi – nella sua    Manchester si ritrova spaesato e senza lavoro. Come altri suoi familiari inizierà a partecipare alle riunioni di lavoratori immiseriti dai dazi sul grano e intenzionati a portare fino a Londra l’appello per una diversa rappresentanza elettorale (eleggendo deputati su base locale, allargando il suffragio etc.). Sono almeno due decadi che Leigh ritorna periodicamente a realizzare importanti film in costume, come l’omaggio diTopsy Turvy (1999) ai compositori Gilbert & Sullivan, la denuncia sull’ipocrisia antiabortista di Vera Drake (2004), Leone d’oro a Venezia, o il ritratto del genio artistico di Turner (2014): altrettante ricostruzioni minuziose di vizi e virtù della storia britannica. In questo caso, la volontà dello sceneggiatore e regista è       evidentemente quella di riportare d’attualità la memoria di un massacro che non ha mai avuto giustizia oltre che di riproporre la forza delle idee che animarono allora la classe operaia di Manchester. Leigh ha da sempre un senso del realismo molto preciso e peculiare, che mette in scena tramite un accurato lavoro di tipizzazione dei corpi, dei volti e di ogni minima varietà dell’accento o del vernacolo parlato dai suoi personaggi. Fedeli a questa maniera e all’intento dichiaratamente didascalico del film sono anche i ritratti dei magistrati che ordinarono il massacro, dei politici conservatori e del debosciato Principe Reggente (il  figlio del matto Giorgio III, futuro Re Giorgio IV). Ma non sono indenni da critiche e caricature anche i leader dei lavoratori, divisi sull’opportunità di condurre la loro protesta solo pacificamente o mossi da vanità personali come nel caso di Henry “Orator” Hunt (…) Il film alterna quindi nella sua parte centrale il racconto dei mesi antecedenti la manifestazione del 16 agosto 1819 e lo fa seguendo una folla di personaggi contrapposti sull’uno o sull’altro fronte, i proletari e i politici, le aderenti alle società femminili democratiche e i governanti convinti di dovere estirpare dall’Inghilterra del Nord “il maligno spirito scaturito dall’odiosa rivoluzione francese”. (…) In Peterloo, Leigh afferma con tutte le sue armi retoriche che anche grazie ai protagonisti di questa pagina di storia, a lungo tutt’altro che celebrata in Inghilterra, con il tempo alcune delle rivendicazioni dei lavoratori di Manchester diverranno realtà. Ci consegna così un’idea di “popolo” molto diversa da quella che viene costruita da molte parti politiche odierne.” (da Pressbook)

 

 

 

 

 

Rolando Longobardi

Domenica pomeriggio

 

 

 

Ambizioso il progetto di Leigh di filmare due ore di cinema giocando prevalentemente sui dialoghi. Quello che si ottiene è un atteggiamento passivo dello spettatore a cui non resta altro da fare che ascoltare sino a confondere le voci e i suoni. 

La fotografia è straordinaria, talvolta sembra di essere dinanzi ad un quadro fiammingo del 1600. Ma non può essere tutto qui. La psicologia dei personaggi è esagerata e legata a ciò che dicono e come lo dicono e alla fine, l'unico risultato che si ottiene è che anche la tromba suonata dal soldato risulta stonata. 

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

 Leight imposta tutto il film attorno ai temi della "parola" e dell' "oratoria".

Ci sono tanti piccoli e grandi Parlamenti nei due schieramenti e tante gare (piene di cortesie e sgarbi ) di abilità retorica.

E se la lotta nel film è il diritto di essere ascoltati nell'agone politico pur esprimendosi con garbo e senza alzare i toni, il regista adotta lo stesso stile espositivo educato e senza enfasi ( manca pure la  musica per non emozionare troppo...! ) sperando di coinvolgere il pubblico.

Questa formula di insolita "retorica cinematografica" funziona al di là dell'intenzione didattico - informativa?

In parte si in parte no.

 

 

 

 

 

 

Angelo Sabbadini

 

Lunedì sera

 

 

 

 

 

Senza alcun preavviso Mike Leigh si mette a fare il divulgatore storico e la sua lezione, magistrale per rigore ed efficacia, vale il miglior Rossellini. L’attenzione è centrata su un evento quasi sconosciuto all’opinione pubblica italiana e il film si avvicina alla tragedia finale attraverso un’articolata serie di  argomentazioni di tutti i ceti sociali in gioco. Film dialogico “Peterloo”è un vero e proprio manifesto della retorica politica che, unita a una magistrale ricostruzione ambientale, regala ai visionari del Bazin una serata di pregio

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì  sera

 

 

Un'altra pagina di storia britannica, questa volta vergognosa, filmata da Mike Leigh. Ma se nel precedente "Turner" lo spirito analitico del regista era al servizio dell'Arte e della Storia, e la fotografia di Dick Pope si nutriva di luce e magnifici quadri, qui il riferimento è fatto di stampe, caricature, litografie e pubblicazioni d'epoca: dominano penombra e grigiore, e mancando un vero protagonista su cui concentrare l'attenzione (è un film corale, da tragedia greca) il tono del racconto si fa a volte quasi didattico; fino ai brutali venti minuti finali, dove luce d'agosto, divise militari nere e scarlatte, abiti estivi  del popolo si mischiano in una carneficina che parte da lontano e fa di un lunedì di festa un massacro raccontato comunque senza compiacimenti granguignoleschi.

 

 

 

 

Marco Massara

Giovedì sera

 

 

Nella fase precedente la svolta ‘storicistica’ della sua filmografia Mike Leigh era sempre stato molto attento ed abile nell’illustrare e sviluppare le motivazioni che portavano al delinearsi dell’intreccio narrativo.

Qui applica lo stesso metodo ad una vicenda buia e poco conosciuta della storia britannica in cui scendono in campo tesi libertarie, diritto di espressione politica, fattori economici e posizioni fortemente reazionarie (decisamente attuali, direi). Leigh si muove in questo contesto con inevitabili discussioni verbose nelle quali però fa un uso esemplare delle tonalità luminose e si affida alle innegabili doti attoriali della scuola britannica.

La parola quindi prevale sull’azione e appesantisce un po’ la fluidità della narrazione, soprattutto nella fase iniziale dell’assemblea di St.Peter’s field, forse anche perché è la prima volta che Leigh ha a che fare con una autentica scena di massa. Encomiabile peraltro il tono allusivo della rappresentazione del massacro che si limita a suggerire allo spettatore che gli esiti erano stati ben più pesanti di quanto messo in scena.

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

Venerdì sera

 

 

 

Mike Leigh ricostruisce una pagina nera della lotta dei lavoratori inglesi. Descrive in parallelo i ceti privilegiati dell’epoca (aristocrazia e borghesia) e la classe lavoratrice, usando un registro caricaturale per le prime e realistico per le seconde. Ci mostra quanto entrambe fossero impegnate in dibattiti, evidenziando le debolezze dell’una e dell’altra, ma con una simpatia evidente per i poveri, sfruttati e disprezzati, mentre ai potenti è tutto dovuto. Per questo non ci si pensa un momento a dare un’assai generosa ricompensa al Duca di Wellington e a onorare il generale Byng, tornati in patria da trionfatori, ma si ritiene giusto condannare a morte un uomo per il furto di un cappotto, normale che un soldato vincitore a Waterloo debba tornare a casa a piedi e addirittura rivoluzionario che un operaio desideri un salario che permetta a lui e alla famiglia una vita decorosa, e persino il diritto di voto. Le intenzioni sono ottime, la fattura per molti aspetti pregevole, ma la ripetitività dei discorsi e l’eccessiva dimensione caricaturale di certe figure rendono il film troppo lungo e l’immedesimazione dello spettatore non sempre facile