Titolo

Il traditore

 

da domenica 10   a  venerdì 15 ottobre 2021

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IL TRADITORE

regia di Marco Bellocchio

 

 

: “Rimarrà deluso chi cerca inIl traditore cinema criminale di suspense e ammazzamenti (ce ne saranno tre e non mirano di certo a dare soddisfazione), come del resto rimarrà deluso chi si aspetta una ricostruzione metodica della carriera, della vita e delle azioni del boss. Come i film migliori Il traditore racconta una storia o un personaggio per trovarci dentro qualcosa di interessante da approfondire. E quel che trova stavolta lo spiega bene la prestazione di Pierfrancesco Favino. Può un criminale e un assassino essere un eroe della lotta alla mafia? Può essere amico (come era) di persone stimabili? Può lavorare di buon accordo con l’eroe italiano per antonomasia Giovanni Falcone? (…) Solo Favino, viene da pensare, ha la caratura per non sbagliare l’unica inquadratura da eroe d’azione del film (quella sull’elicottero, emaciato e massacrato dalle botte ma incrollabile) e contemporaneamente far capire al pubblico che quell’uomo con quella vita assurda a suo modo, nel suo mondo, secondo le sue regole malate, forse poteva davvero definirsi corretto.”

(Gabriele Niola, da wired, 27 Maggio 2019)

 

 

 

 

 

 

 

Marco Massara

Domenica pomeriggio

 

 

 

Si potrebbe definirlo un film ‘bipolare’. Da una parte la vicenda personale di Tommaso Buscetta e dall’altra le efferatezze e le regole della mafia. Con un andamento carsico la narrazione segue l’uno e l’altro filone così come lo stesso Buscetta oscilla tra le due famiglie: quella del proprio sangue (‘la semenza’) e quella degli uomini d’onore.

Onore che qui ha anche due registri di rappresentazione: quello ‘morale’ del traditore che non si dichiara tale perché uomo d’onore di ‘Cosa nostra’  e non di mafia, e quello dichiarato sfrontatamente e provocatoriamente da Pippo Calò e Toto Riina.

Buscetta ‘tradisce’ per amore della famiglia ma rimane soldato e quindi esegue 37 anni dopo l’ordine della prima esecuzione che gli era stato impartito. Ambiguo fino all’ultimo il film apre molti inquietanti interrogativi per lo spettatore.

Monumentale interpretazione di Pierfrancesco Favino, ma anche il resto del cast funziona bene: una nota di merito a Enrico Lo Verso mentre la rappresentazione di Falcone è un po’ troppo rigida e stereotipata

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

Bellocchio da sempre interessato ai temi del potere e della contestazione potere in tutte le sue forme, esamina un altro personaggio "dalle molte facce" esposto ai riflettori e agli sguardi indagatori altrui.

Buscetta è un giuda? Perché non è rimasto fedele alla sua "affiliazione" mafiosa? La tesi è chiara. Nell'arco del film si moltiplicano fin dall'inizio le presenze dei figli: sono la preziosa semenza, spesso abbandonata e non protetta, eppure unica vera possibile gioia, perpetrazione della propria famiglia, segno della continuità nel tempo del proprio sangue e della propria storia.

Ad essa nella vita di Buscetta si è contrapposta fino a soffocarla una "famiglia" diversa interessata solo al potere, che dei figli altrui - quelli veri - non ha ormai più nessun rispetto o pietà.

Di fronte al dilemma di quale delle due sia quella davvero "sacra" Buscetta non esita, e sembra riacquistare anche una sua dignità civile nel rompere la mistica dell'omertà'.

Raccontato tenendo il freno sulle emozioni il film è inquietante e pieno di molti interrogativi sospesi, compreso quello sul nucleo costitutivo della "sicilianità'", non estranea - persino - al patto d'onore siglato tra Buscetta e Falcone.

 

 

 

 

 

 

Angelo Sabbadini

Lunedì sera

 

 

 

 

 

"Qui si fa teatro" sussurra un personaggio nell'incipit del film. Tutto Il Traditore sembra costruito su una drammatizzazione esasperata e straniante in cui Bellocchio descrive il fenomeno mafioso come opposto e al tempo stesso parallelo allo stato. Ritratto forte e coinvolgente in cui il regista di Bobbio usa suggestioni e rimandi stilistici  a lui inconsueti.

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì  sera

 

 

Bellocchio sempre più raffinato e nel contempo fedele a se stesso in questo lavoro sospeso tra melodramma verdiano e tragedia shakespeariana. Complice un Pierfrancesco Favino in stato di grazia, calato completamente nel ruolo, il film si stacca dalla semplice narrazione documentaristica di un episodio cruciale della lotta tra Stato e cosa Nostra (la cattura e conseguente "tradimento di Masino Buscetta, "soldato" mafioso dei due mondi) per diventare, appunto, una sorta di dramma teatrale con musiche verdiane: l'unico linguaggio, sembra dirci Bellocchio, per narrare e capire momenti di storia patria conclusi e pure sempre vivi e presenti.

 

 

 

 

Rolando Longobardi

Giovedì sera

 

 

Una storia giocata su tre livelli, realtà immaginario e psicologico. La storia di un uomo, il cui aggettivo mafioso diventerà prioritario ma che non ne elimina il carattere umano e per questo fallace. La realtà entra con prepotenza attraverso la storia vissuta di un paese come l'Italia segnato da periodi di forte criminalità. L'immaginario è ciò che resta a modo di sogno o di possibilità mancata (le scelte sbagliate e la vita che sarebbe potuta essere) e la psiche crea un filtro tra questi due passaggi. Bellocchio non ci consente mai di porci comodamente in uno di questi scenari, ma lasci che lo spettatore li attraversi. Questa è la forza di questo film. 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

Venerdì sera

 

 

 

Marco Bellocchio ricostruisce fedelmente la storia di una stagione italiana e di uno dei suoi protagonisti, non limitandosi però a farne una piatta cronaca. Utilizza tutta una serie di espedienti cinematografici originali: si va dal montaggio intellettuale di Riina che gira in tondo alternato alle immagini di una iena in gabbia alla vera e propria scena costituita dall’aula bunker, nella quale vanno in scena le peggiori ipocrite sceneggiate (come si vede anche dai molti schermi della prigione nella quale i condannati saranno rinchiusi); dall’uso della musica d’opera per le parti melodrammatiche, come per la morte di Falcone, alle immagini documentarie, con Borsellino, la vedova Schifani, i filmati con il vero Buscetta che canta sui titoli di coda. Tutto questo per raccontare la mafia e la sua involuzione con l’ascesa dei Corleonesi, insieme alla figura contraddittoria di Tommaso Buscetta, il quale ha aiutato a dare un colpo importante a Cosa Nostra, ha portato avanti battaglie quasi idealistiche, ma era comunque quello che era, come si vede dalla sequenza che chiude un film rigoroso e non semplicistico, come solo il grande cinema sa essere