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The mule

 

da domenica  26  settembre a  venerdì 1 ottobre  2021

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IL CORRIERE - THE MULE

regia di Clint Eastwood

 

The Mule ha origine da un'incredibile storia vera. Si ispira all'articolo del New York Times The Sinaloa Cartel’s 90-Year-Old Drug Mule di Sam Dolnick. Protagonista Leo Earl Sharp Sr. (morto nel dicembre 2016, a 92 anni), noto anche come El Tata, statunitense veterano della Seconda guerra mondiale, orticoltore di fama mondiale, diventato corriere della droga per il cartello messicano di Sinaloa in seguito a problemi economici. Per oltre 10 anniha trasportato indisturbato migliaia di chili di cocaina, diventando una leggenda metropolitana tra i trafficanti di droga. Sul suo pickup Lincoln trasportava tra i 100 e i 300 chilogrammi di cocaina alla volta, muovendosi dal confine sud degli Stati Uniti fino a Detroit, nel Michigan. La sua ulteriore particolarità? Quando è stato finalmente arrestato, nell'ottobre del 2011, El Tata aveva 87 anni! Un adorabile insospettabile vecchietto. Una storia ghiotta per Clint, che la fa sua. La sceneggiatura è di Nick Schenk, lo stesso di Gran Torino. Al seguito richiama il suo American sniper Bradley Cooper, che questa volta è l'agente della DEA che arrestò Sharp. Clint è asciutto quanto mai nel fisico, rugoso e prudente nei movimenti. E quasi lo si vorrebbe stringere forte, se non si avesse paura di frantumarlo. Gli anni addosso si vedono eccome. Ma lui ha sempre quel suo fare da uomo tutto d' un pezzo, aperto alle umane fragilità.”

 

 

 

 

 

Marco Massara

Domenica pomeriggio

 

 

 

Il grande vecchio Clint continua nel suo percorso di redenzione dei suoi personaggi e della sua visione dell’America. Percorso accennato in “Potere assoluto” e sempre meglio delineato da “Gran Torino” in avanti.

Una America migliore è possibile, anche se si scorrazza portando borse piene di Coca (e provvidenziali barattoli di pop-corn….), basta trovare il tempo di guardarsi  dentro ed esprimersi in maniera diretta (“non ho mai usato un filtro” dichiara in uno dei momenti più intimi del film), addirittura sfruttando abilmente l’ingenuità propria dell’età avanzata.

 Un cinema ancora una volta di grande e facile leggibilità, americano fino al midollo e che nella versione italiana si affida ad un doppiaggio encomiabile

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

   Altro racconto di un "reduce" che ripensa alle molte battaglie perse nella vita e vorrebbe rimediarvi ora che l'età avanzata ha fatto "sfiorire" il suo corpo.

Si nuove in modo infantile alla ricerca di soldi per tamponare situazioni difficili per sé e per altri,mettendo una saracinesca tra il modo con cui si procura il danaro e i principi morali,in nome di una voglia di far un po' di bene che non tiene conto dei mezzi.

Poi capisce che il prodotto finale 

( quella richiesta perentoria di " lavoro professionale  " che tormenta sia i narcotrafficanti sia i poliziotti )  non vale la dimenticanza del privato e degli affetti familiari.

Ennesimo esame di coscienza ,con spruzzi di umorismo, di un Clint che ci mette di nuovo la faccia ed soprattutto il fisico invecchiato. 

 

 

 

 

 

 

Angelo Sabbadini

 

Lunedì sera

 

 

 

 

 

Il tempo di un ritorno. Clint cambia idea e torna a recitare in un suo film. I visionari del Bazin dopo peregrinazioni e lockdown rimettono piede al Don Bosco. A Eastwoood basta un'inquadratura per rimettere in pista il suo corpo iconico e vulnerato. Ai visionari è sufficiente uno sguardo dietro le mascherine per ritrovare fisionomie amiche e per riprendere il piacere dell'incontro davanti a  una serie di immagini evanescenti.

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì  sera

 

 

Splendido anarchico ormai novantenne, Eastwood prosegue  nel suo racconto di un'America di marginali, spostati, patrioti a modo loro: il loro paese, in mancanza di patria e famiglia certe, è costituito dall proprio lavoro, i luoghi preferiti di ritrovo da difendere, la musica della tradizione (quante canzoni in questo film, dagli standard jazz al country più genuino). Per tutto questo vale fare un po' di trasporto di stupefacenti, pagato bene. Poi c'è la svolta finale, forse un po'appiccicata, dell'amore salvifico per l'unica vera donna della sua vita, il recupero del rapporto con figlia e nipote e una assunzione di responsabilità che gli vale una pena/purgatorio (l'orto del carcere). Ma come non tifare per questo ex marine monello e resistente, raccontato in toni di grigio in un mondo che tende a dividere tra bianco e nero sempre e comunque?

 

 

 

 

Giulio Martini

Giovedì sera

 

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

Venerdì sera

 

 

 

Il nonagenario Eastwood ci regala un’opera tagliata su misura per lui, come il protagonista di Gran Torino, un vecchio ancora meno politicamente corretto, se mai il Nostro si fosse preoccupato di esserlo. Siamo lontani da qualunque idealizzazione da cinema mainstream, con Tata reso così “reale” dalle sue contraddizioni: chiama la gente di colore “negri” ma è l’unico che si ferma ad aiutarli; vuol fare la cosa giusta, ossia aiutare la sua famiglia e i suoi amici in difficoltà, facendo il corriere della droga; arriva fino a mettere in gioco la sua stessa vita stando accanto alla moglie, che ha sempre amato e trascurato, nella scena più tragica di un film che ha anche toni da thriller e commedia. E così come nel finale del Faust di Goethe, gli angeli decidono che il protagonista può andare in paradiso, nonostante abbia venduto l’anima al diavolo, perché ha cercato l’infinito come ogni uomo dovrebbe fare, anche qui il regista sembra contraddittoriamente assolverlo, mandandolo in galera a fare quello che ha sempre amato fare, coltivare fiori, ma con la famiglia più vicina del solito perché, come dice la figlia (nella realtà figlia dello stesso regista), almeno sapranno dove trovarlo          

(da panorama.it)

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