Titolo

Vice

 

da domenica  9  a  mercoledì 12 febbraio 2020

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VICE

regia di Adam McKay

 

 

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: “Attraversando mezzo secolo, il complesso viaggio di Cheney (Christian Bale), da operaio elettrico del rurale Wyoming a Presidente de facto degli Stati Uniti, offre una prospettiva interna, a volte amara e spesso inquietante, sull'uso e l'abuso del potere istituzionale. Nelle mani capaci di McKay, la dicotomia di Cheney, tra amorevole padre di famiglia e burattinaio politico, è raccontata con intelligenza e audacia narrativa. (…) Come molti americani, McKay conosceva poco dell'elusivo e apparentemente incomprensibile Dick Cheney, che è stato co-presidente virtuale di George W. Bush dal 2001 al 2009, e così facendo ha cambiato la storia americana, se non per sempre, certamente per i decenni a venire. (…) "Questo è stato un capitolo gigantesco della storia politica degli Stati Uniti che non ritengo sia mai stato completamente analizzato sul grande schermo. Un tassello essenziale del puzzle che ci fa capire come siamo arrivati in questo momento storico, in cui il consenso politico è raggiunto attraverso la pubblicità, la manipolazione e la disinformazione. E Dick Cheney era l'uomo al centro di tutto questo". (…) Con uno stile simile a La grande scommessa, la densa sceneggiatura di McKay includeva numerose scene e flashback, che sembravano quasi impossibili da ottenere in cinquantaquattro giorni di riprese. Basandosi su anni di regia televisiva e cinematografica, McKay è stato in grado di mettere a nudo le esigenze di ogni scena. Molti set interni sono stati costruiti fianco a fianco negli studi della Sony a Culver City, cosa che ha consentito alla sua troupe di passare facilmente da un set all'altro.”

(dal Pressbook)

 

 

 

 

 

Rolando Longobardi

Domenica pomeriggio

 

 

 

Non lascia ampi margini di interpretazione McKay nel suo film Vice. L'uomo nell'ombra.

Ad essere chiamato in causa è direttamente lo spettatore, che deve immergersi nello stagno nel quale i pesci della politica sguazzano.

Attraverso la carriera di un uomo politico come Dick Cheney il regista disegna il percorso di chi capace di stare nell'ombra, e nell'ombra agisce.

Il montaggio ironico e fin troppo chiaro mette in luce il colpevole di questo sistema: noi spettatori.

non è chiesto allo spettatore di schierarsi ma di prendere atto di ciò che inconsapevolmente, e per questo più colpevole, ha causato.

È proprio lo spettatore il cuore del film. Chi ha orecchi per intendere intenda.

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

uno sforzo non indifferente, e sostanzialmente  riuscito, di fare il contropelo  al Vice e  Capo della premiata ditta Repubblicana che ha regalato  al mondo  varie guerre stupide e terribili. Ma la volontà didascalica e l'insistenza polemica non ci portano al "cuore" di questo assai grigio Macbeth moderno e la tensione  narrativa ( ... cadranno o no le tazzine impilate ? ) viene  spesso a mancare. Tuttavia il cinema USA conferma -  qui anche con  curiose invenzioni retoriche  -  la sua forte e chiara vocazione civica e democratica , che altrove - non si sa perché - manca del tutto.

 

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

 

Lunedì sera

 

 

 

 

 

Adam McKay costruisce un pamphlet chiaro ed efficace con l’utilizzo di varie tecniche di montaggio, incluso quello concettuale, effetti visivi, finti titoli di coda dopo circa un’ora, un narratore inventato e tanti altri artifici. Un testo di discreto spessore che illustra l’ascesa al potere di un uomo mai in realtà scelto dal popolo, il quale si è trovato nella stanza dei bottoni solo grazie al fatto di aver servito, e ancor più utilizzato, gli uomini giusti, prima Ramsey e poi George W. Bush. Si tratta di un testo denso di nomi, riferimenti giuridici, come la teoria dell’esecutivo unitario, tesi, come l’idea che l’ascesa di Al-Zarqawi sia stata favorita da Cheney (che lo ha però anche eliminato…), ricostruzioni di retroscena. Probabilmente rinforzerà nelle proprie convinzioni chi è già critico nei confronti del vicepresidente più potente della storia degli USA, ma non pare sufficientemente profondo in termini di ricostruzione psicologica da scalfire i repubblicani convinti, che si sentiranno insultati nella propria intelligenza, come del resto ipotizza anche il suo autore attraverso l’ipotetico dibattito nei titoli di coda. D’altronde è pur sempre un film

 

 

 

Angelo Sabbadini

Martedì sera

 

 

Adam McKay, storico sceneggiatore del Saturday Night Live, costruisce un film sarcastico e godibilissimo tutto giocato sulla sistematica manipolazione di stilemi cinematografici e narrativi. Un gran divertimento per il pubblico del Bazin che sghignazza compiaciuto quando dopo un’ora appaiono inopinatamente i titoli di coda e non si fa cogliere impreparato dalle esche che il ghignante regista distribuisce a piene mani lungo il film. Compreso l’epilogo che è diabolicamente collocato dopo i titoli di coda !!!

 

 

 

 

Guglielmina Morelli

Mercoledì pomeriggio

 

 

Viceè un modo bizzarro, a tratti decisamente grottesco, per raccontare in un film “politico” all’americana, quello che già tutti sappiamo: che negli USA la democrazia è una sorta di elegante facciata che copre il reale potere che è esercitato da lobbies (nello specifico dei petrolieri) e che l’opinione pubblica è manipolabile, con irridente facilità, da guru della comunicazione neppure troppo brillanti, in verità, al servizio dei suddetti centri di potere. Detto così potremmo pensare a un film già visto (da Quarto potere in giù), invece Vice è ricco di trovate formali curiose e spiazzanti (i finti titoli di coda a metà film o i veri titoli di coda che, sulla musica di West Side Story, fungono da sottofinale prima della reale chiusura, ad esempio) in un meccanismo narrativo che procede per flash back e flash forward, anticipazioni o chiarimenti sul passato dei personaggi; cartelli e sottotitoli, con una voce off che solo ad un certo punto della narrazione capiremo perché conosce così a fondo Dick Cheney e la sua storia. Ma una delle chiavi di lettura è ben prima del finale: Cheney e la sua mogliettina Lynne (bionda e tenera in apparenza ma dotata di ferrea volontà, supporto indispensabile e spregiudicato nell’ascesa del marito da villico sbronzone puzzolente a vice potentissimo di un cretino come George Bush) nei panni di Macbeth e Lady Macbeth. Un ulteriore simpatico aspetto di novità sono gli espedienti atti a “rompere la quarta parete”, svelare didascalicamente (anche in senso letterale, cioè attraverso didascalie) gli accadimenti e mostrare la natura illusoria della finzione filmica; lo spettatore non deve essere coinvolto nella vicenda: mai guardare in macchina, come fa un grandissimo Christian Bale!

Noi italiani, all’epoca della guerra della “coalizione dei volenterosi”, ci siamo sempre fregiati di essere più “sgamati” degli Americani: sebbene partecipi in questa guerra “preventiva” nessuno all’epoca ha maicreduto che il conflitto fosse indirizzata alla liberazione dell’IRAQ dal dittatore Saddam che supportava i terroristi e aveva armi di distruzione di massa e, da subito, abbiamo immaginato migliaia di morti civili e la spartizione dei pozzi di petrolio tra le compagnie USA. Avremo bisogno di 20 anni e di un altro Vice per smascherare demagogia e finzioni della politica attuale?

 

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì sera

 

 

 

Cinema pamphlettistico e doverosamente schierato quello di mcKay. Il suo Vice (vice president, ma anche Vizio di fondo della politica globale) è un Christian Bale bravissimo e letteralmente senza cuore (lo scopriamo alla fine, che a narrare la vicenda è appunto il "cuore di scorta", la seconda chance, il simbolo di immortalità). Il film si chiude e riparte due, tre volte, con un "codino" esplicativo finale  che in realtà non spiega nulla che già non sappiamo: la programmatica negatività di Cheney non acquista mai la grandiosità del Male da combattere, quanto piuttosto la banalità a rischio di simpatia di un sistema che sembra avere addormentato cuori e cervelli, per chi li ha ancora.=

 

 

Marco massara

Fuori classifica

 

Dopo “ la grande scommessa” la fascinazione del cinema di Adam mcKay continua con una maggiore leggibilità in questo film sempre a cavallo tra il docu-film, il film di denuncia e una spudorata commedia. La seconda ipotesi è sicuramente quella a cui lo spettatore sembra credere con più convinzione, ma il regista è abile ad insinuare il dubbio di un clamoroso  bluff. Non a caso quando ho visto il film precedente mi sono detto “Non ci sto capendo un tubo, ma mi piace un mondo!”