Titolo

Fronte del porto

 

da domenica 26 a mercoledì 29 gennaio 2020

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FRONTE DEL PORTO

REGIA DI ELIA KAZAN

 

 

Pen­sa­to da Elia Kazan e scrit­to da Budd Schul­berg, Fronte del porto è la ver­sio­ne

ci­ne­matogra­fi­ca di una serie di ar­ti­co­li ri­guar­dan­ti nu­me­ro­si de­lit­ti al porto di New York che ave­va­no fatto vin­ce­re il pre­mio Pu­li­tzer a Mal­com John­son nel 1951. Kazan, il quale aveva col­la­bo­ra­to con il Co­mi­ta­to per le At­ti­vi­tà An­ti­a­me­ri­ca­ne fa­cen­do il nome di molti suoi col­le­ghi (tra i quali anche l’at­trice Kim Hun­ter, da lui di­ret­ta in Un tram che si chiama desiderio), non ri­ma­se in­dif­fe­ren­te a que­sti even­ti e de­ci­se di farne un film. Da ex la­vo­ra­to­re di porto, il re­gi­sta vi­si­tò il fron­te del porto di Ho­bo­ken (dove fu gi­ra­ta la pel­li­co­la nel 1953) che era con­trol­la­to da gang ri­va­li e dove gli sca­ri­ca­to­ri che non ver­sa­va­no tan­gen­ti ai boss ad­det­ti al re­clu­ta­men­to non la­vo­ra­va­no. Il pro­get­to, ri­fiu­ta­to sia dalla War­ner Bros, sia dalla Pa­ra­mount (una pel­li­co­la in bian­co e nero sui pro­ble­mi dei la­vo­ra­to­ri por­tua­li non ap­pa­ri­va molto al­let­tan­te), fu sal­va­to dalla Co­lum­bia so­prat­tut­to per la pre­sen­za di Marlon Brando nei panni del pro­ta­go­ni­sta Terry Mal­loy. Con giub­bot­to di lana a qua­dret­ti e ru­vi­di cal­zo­ni da la­vo­ro, Bran­do è quasi in­di­stin­gui­bi­le dai veri sca­ri­ca­to­ri che fu­ro­no uti­liz­za­ti nel cast per ren­de­re an­co­ra più rea­li­sti­ca la sto­ria. Coin­vol­to dal fra­tel­lo nel­l’o­mi­ci­dio di un la­vo­ra­to­re da parte di un rac­ket sin­da­ca­li­sta,   Mal­loy de­nun­cia il clan or­ga­niz­za­to gra­zie al­l’ap­pog­gio di Padre Barry (Karl Mal­den) e di Edie (Eva Marie Saint), so­rel­la della vit­ti­ma della quale è in­na­mo­ra­to. Il film, che rap­pre­sen­ta i temi della de­nun­cia so­cia­le e del tra­di­men­to (ini­zial­men­te Mal­loy viene di­sprez­za­to dai suoi com­pa­gni per aver detto la ve­ri­tà), vede il de­but­to di Eva Marie Saint, pre­mio Oscar come Mi­glio­re At­tri­ce non pro­ta­go­ni­sta, nella parte del­l’e­roi­na fra­gi­le e ner­vo­sa che si in­na­mo­ra del pro­ta­go­ni­sta e lo porta sulla buona stra­da. Tor­na­to a la­vo­ra­re con Kazan, Marlon Brando offre una delle sue in­ter­pre­ta­zio­ni mi­glio­ri, pre­mia­ta con l’O­scar, fatta di molta im­prov­vi­sa­zio­ne e nata dalle varie ri­cer­che sulla vita degli sca­ri­ca­to­ri di porto. La scena più im­por­tan­te, di­ven­ta­ta leg­gen­da­ria, in cui il pro­ta­go­ni­sta parla con suo fra­tel­lo Char­ley (Rod Steiger) su un taxi, fu im­prov­vi­sa­ta pa­rec­chio da en­tram­bi gli at­to­ri pro­ve­nien­ti dal­l’Ac­tor’s Stu­dio: Bran­do guar­da con scioc­ca­ta in­cre­du­li­tà la pi­sto­la pun­ta­ta­gli con­tro e la ci­ne­pre­sa è in­col­la­ta sul volto degli at­to­ri, “crean­do” così la scena che è una sorta di com­pro­mes­so tra la sce­neg­gia­tu­ra di Schul­berg e le ag­giun­te degli in­ter­pre­ti. La se­quen­za è una fu­sio­ne ar­mo­ni­ca tra Bran­do e Stei­ger e della loro re­ci­ta­zio­ne rea­li­sti­ca dalla forza com­mo­ven­te, e il ri­sul­ta­to fi­na­le è uno dei mo­men­ti più sen­sa­zio­na­li di Bran­do sullo scher­mo. Die­tro il fi­ne­stri­no po­ste­rio­re della vet­tu­ra do­ve­va­no com­pa­ri­re le im­ma­gi­ni di una New York in mo­vi­men­to ma, in man­can­za del fil­ma­to, si uti­liz­zò una ten­di­na e Kazan filmò la scena sfrut­tan­do i primi piani degli at­to­ri, i quali die­de­ro prova della pro­pria qua­li­tà re­ci­ta­ti­va. No­no­stan­te sia stato gi­ra­to nel­l’in­ver­no del New Jer­sey e con po­ver­tà di mezzi, il film riu­scì ad im­por­si come una delle opere più im­por­tan­ti della sto­ria del ci­ne­ma, ri­ce­ven­do 12 no­mi­na­tion agli Oscar del 1955 e vin­cen­do­ne ben 8, tra cui Mi­glior Film e Mi­glior Regia. Co­los­sa­le suc­ces­so al bot­te­ghi­no, Fronte del porto è un dram­ma sul re­cu­pe­ro di un uomo ca­du­to in basso e ri­ma­ne uno dei film più ac­cla­ma­ti di Hol­ly­wood che mise Marlon Brando nella prima fila delle grandi star in­ter­na­zio­na­li.”

(Gloria Paparella, da storiadeifilm.it)

 

 

 

 

 

Marco Massara

Domenica pomeriggio

 

 

 

La capacità di sintesi del cinema classico, la ricchezza dei temi e la qualità della recitazione risplendono sullo schermo del Bazin in un film che porta con disinvoltura i suoi 66 anni e che ci propone temi ancora attualissimi e li sviluppa e controlla con una sceneggiatura senza una sbavatura e dove ogni scena spinge avanti la storia con cartesiana chiarezza. Marlon Brando qui diventa l’icona del suo personaggio, Karl Malden da grande caratterista fa risuonare il tema del riscatto morale, Rod Steiger e Lee J.Cobb incarnano il loro ruolo alla perfezione. “What else ?”  Ah sì, la musica di Leonard Bernstein!

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

 

Solido racconto sullo schema dei film di pugilato,dei ganster e su su fin anche  ai migliori western,per raccontare - prima volta negli Usa - lo sfruttamento del lavoro operaio. Totalmente frainteso e attaccato dalla critica sinostrorsa anni '50,non è un film antisindacale ma contro il caporalato. E soprattutto  è un' abile autodifesa ( tramite Brando ) di Kazan verso i " compari" che continuavano a criticarlo e disprezzarlo per  le sue "spiate" alla Commissione anti-comunista. Alla mitica "coscienza di classe" marxista, lui contrappone la pura " auto -coscienza"morale, pur illuminata da qualche prete/operaio e da qualche angelica maestrina tenace.

 

 

 

 

 

Giulio Martini

 

Lunedì sera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angelo Sabbadini

Martedì sera

 

 

“Fronte del porto” ci precipita negli anni Cinquanta e nel clima plumbeo della guerra fredda. Elia Kazan o meglio Kazanjoglou è stato un campione di quei tempi lontani. Un uomo con due anime, quella comunista e quella maccartista. Un regista geniale e contraddittorio, un intellettuale discutibile nella ferma difesa delle sue scellerate scelte di campo. “Fronte del porto” nasce soprattutto da queste contraddizioni, dalla polemica con Arthur Miller e dalla necessità di doversi giustificare per la collaborazione con il Comitato per le attività antiamericane. Rivederlo serve a cogliere un passaggio drammatico del cinema e della vita americana del secolo scorso.

 

 

 

 

Guglielmina Morelli

Mercoledì pomeriggio

 

 

Rivedere i capisaldi del cinema del passato è utile non solo per una indagine storica o filologica ma consente di verificare affinità, differenze e parentele in quegli elementi che costituiscono lo specifico del linguaggio cinematografico. Fronte del porto è parso un film che, pur soffrendo dei vizi propri del cinema del passato (lentezza nel racconto, dialoghi spesso banali o scontati, un eccesso di retorica) ha invece molte interessanti aperture sul nostro presente. Una recitazione controllata e intensa (che bravo è qui un giovane Rod Steiger), l’ambientazione “realistica” e la scelta per una storia di lavoratori e sfruttamento, tema ai margini del canone hollywoodiano dell’epoca, fanno sembrare Kazan uno dei padri nobili del nuovo cinema americano degli anni ’70, una sorta di inevitabile passaggio per tutta una generazione di registi e attori. Al netto delle ragioni che spinsero Kazan – collaboratore della Commissione per le attività antiamericane - a costruire una storia centrata sull’essere il testimone onesto in un ambiente omertoso, è un film da rivedere soprattutto per comprendere meglio come nascano certe strutture del cinema e certi attori, che del cinema sono divenute icone.

 

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì sera

 

 

 

C'è anche chi non lo aveva mai visto, perché per motivi ignoti Fronte del porto latita da anni dalle programmazioni tv e dai canali satellitari dedicati. Male, perché trattasi di Grande Film anche a sessant'anni e più di distanza. Una storia netta, delineata in bianco e nero,  con personaggi efficaci in una vicenda ricca di spunti (lo sfruttamento dei lavoratori, il tradimento, la redenzione attraverso l'amore che dà coraggio, quanto e più delle parole di un vero pastore di anime e di corpi...). Un cast potente, dove svetta su tutti lui, Bud, il Marlon Brando che ha acceso le nostre passioni adolescenziali per il Cinema, qui nel fulgore fisico dei suoi trent'anni giocati su una presenza da gattone randagio cresciuto all'Actor's Studio. Guardate come gioca col guanto bianco di Ivy Eva Marie Saint, come sorride davanti a una pistola puntata dal fratello Charlie Rod Steiger, come percorre la sua via crucis finale, massacrato e vincente verso il magazzino del porto di Hoboken: e chissenefrega della vocetta chioccia che aveva   nell'originale, tanto a doppiarlo c'era Emilio Cigoli..