Matteo Mazza
Domenica pomeriggio
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Un affare di famiglia è un film straordinario, nel vero senso del termine: fuori dall'ordinario.
Mi pare che, aldilà di tutto, aldilà dei temi deli modi dei contesti, sia lì a chiedere allo spettatore il suo sguardo, la sua profondità, il luogo in cui risiede la sua umanità.
È tutto qui, nella domanda che ciascuno dovrebbe affrontare: cos'è l'uomo?
E allora, ecco, da una parte bestie umane che credono di essere umani e che ovviamente non lo sono perché non possono esserlo, non amando o non riuscendo a capire cos'è l'amore e dall'altra parte umani che sembrano bestiali, poveri, poverissimi, ma che in realtà sono umani ricchissimi capaci di vedere oltre, di amare e di lasciare andare.
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Giulio Martini
Domenica sera
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esemplare esplorazione zen della natura dei "legami" che condizionano l'esistenza da quelli più formali, pesanti e falsi - anche se biologici o erotici - a quelli più autentici, spontanei e lievi da cui però sarebbe meglio - alla fine e comunque - staccarsi. Girato in gran parte a livello tatami, con un affetto che satura ogni inquadratura, montato ( da lui stesso ) con un andamento rituale, come i gesti propiziatori delle dita prima dei piccoli furti, il film ci conduce a filosofare senza che ce ne accorgiamo. E ci spinge a condividere le dubbie opzioni dei protagonisti : le loro contrarietà alla proprietà privata, alla legalità, alle normative imposte dall'esterno. In questa ennesima occasione il cinema d'Autore quindi si rivela la migliore possibilità di immergerci in una cultura diversa dalla nostra, stando fermi in una comoda poltrona. E se si è aiutati - come qui - da un regista appassionato e capace, il cinema riesce piano piano a farci respirare intensamente secondo i modi di una sensibilità lontanissima e molto sorprendente. Perché il film trasuda di un dolce desiderio de-strutturante. Cerca il distacco e lo scioglimento non solo dai nessi obbligati della società ma da qualsiasi tipo di attaccamento o connessione quotidiani che implichino possesso o dipendenza. Tutto l'opposto dell'Occidente ?
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Giorgio Brambilla
Lunedì sera
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Kore'eda Hirokazu costruisce un film visivamente rigoroso, che mette in scena una finta famiglia più vera di tutte quelle biologiche che lascia intravedere sullo sfondo. I protagonisti vivono in una casa minuscola e caotica, all’interno della quale, però, ognuno ha il proprio rifugio e tutti insieme condividono un’esistenza fatta di affetto autentico e disonestà civile, tra furti, piccoli ricatti e peep show, con segreti reciproci ma legami solidi come la roccia. La fragilità dei personaggi evidenzia la precarietà di quanto si viene costruendo, e al tempo stesso mostra quanto tanto più sorprendente sia la qualità della relazione che riescono a raggiungere, per il semplice fatto di averla scelta anche a costo di grandi sacrifici. Lo svelamento progressivo della verità attira l’attenzione dello spettatore, che però viene ancor più colpito dalla dignità che questa banda mal assortita dimostra, incomparabilmente maggiore di quella dei solerti e onestissimi poliziotti che li interrogano. Non è un film lento, perché ogni fotogramma ha qualcosa da dirci, su piccoli uomini e donne che costituiscono una grande famiglia, per un cinema assolutamente magistrale
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Guglielmina Morelli
Martedì sera
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Sarà forse perché non ho capito tutto (anzi, sono molte le cose che ho intuito solo dopo più visioni, tanto sono trasparenti) che Affari di famiglia mi dà la razionale impressione di essere un gran film ma, nel profondo nel mio animo, non posso ritenerlo tale. Non mi ha appassionato o commosso e di questo però do anche responsabilità al regista, che ha tenuto il racconto sottotono, proprio per evitare la facile emozione. Questi sottoproletariin salsa giapponese, che mangiano in continuazione, rumorosamente, sono i fratelli di certi personaggi del neorealismo meno pensoso che, in mutande e canottiera, affrontano piattoni giganteschi di pastasciutta oppure sono altro? Il cibo qui è forse il segno dell’affetto tra i personaggi? Però raramente si cucina per gli altri …. Il cibo si ruba già pronto. La casa è in stile giapponese, isolata tra palazzi di una periferia urbana “non luogo”, però sembra più che una suggestiva, antica abitazione il tugurio di un trovarobe impazzito. Non riesce a convincermi che la moralità e l’affetto, ancorché bizzarri, di questa non-famiglia siano del tutto disinteressati: si mostrano amorevoli verso il ragazzino Shota ma poi lo lasciano alla mercé degli eventi e, infatti, coerentemente, egli accetta di attribuire il nome di “padre” a Osamu soltanto dopo che l’uomo ha confessato che tutti avevano egoisticamente scelto di abbandonarlo pur di salvarsi; la “nonna” esercita un ruolo matriarcale solo in virtù della sua abilità nel procurarsi denaro. Mi piacerebbe poi sapere che reazione ha provocato in Giappone questo film così amato in Occidente. Eccetera eccetera. Forse davvero ho capito poco di questo film, magari neppure le cose importanti; lo rivedrò per la terza volta prima di formulare un giudizio definitivo!
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Giulio Martini
Mercoledì pomeriggio
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Carlo Caspani
Mercoledì sera
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Kore'eda torna con questo film alla tematica centrale di buona parte della sua produzione artistica: la famiglia, le sue figure, soprattutto i rapporti personali e affettivi. E quella che si muove nell'angusta casetta-tana di una anonima, in tutti i sensi, periferia urbana giapponese, è una famiglia curiosa e composita. Padre, madre, figlio, cognata ruotano attorno alla figura pero della nonna, sostegno affettivo ed economico. Si aggiunge una bambina maltrattata, letteralmente raccattata da un balcone, che viene rapita/adottata rivelando come questo nucleo è ai margini della legge (furtarelli, sotterfugi, appropriazioni indebite) e dell'educazione (galateo e buona cucina totalmente assenti...). ma in casa si parla, ci si sostiene, si ama, ci si salva, almeno per due terzi della vicenda. Poi, come se si squarciasse un velo, la morte della nonna/equilibratrice e un furtarello di troppo rivelano che nulla di quello che abbiamo visto corrisponde alla verità dichiarata. Parentele, figli, sorelle, nipoti... tutto falso, anche i nomi. Questo per la legge, ci dice Kore'eda, per il codice penale e per le regole sociali che definiscono la famiglia come legame essenzialmente biologico... ma se intendiamo altre cose, se cerchiamo un luogo dove amare ed essere amati, proteggersi e proteggere, quella intorno alla "nonna" Hatsue era Famiglia: ciò che c'era prima e accade dopo è abbandono, prigione, violenza e solitudine
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marco massara
fuori classifica
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“La famiglia è uno stato mentale ed un oggetto del desiderio”.
Questo è il senso ultimo del film di Kore-eda che parte da una situazione di degrado materiale e di apparente assenza di senso etico e costruisce invece un profondo percorso morale. Non importa che la tua famiglia sia quella biologica o meno; l’importante è che ci sia una affinità e che ci sia la volontà ed ll desiderio di perseguirla.
Film che sfiora più di una volta un grado assoluto di sgradevolezza ma che riesce a controllare con abilità e che pone con insistenza delle fondamentali interpellanze allo spettatore.
Buon Natale, evocazione di una Nascita da una Famiglia non biologica…..
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