Titolo

Capri revolution

da domenica 10 a mercoledì 13 novembre 2019

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CAPRI REVOLUTION

REGIA DI M.MARTONE

 

1914, alba della Prima Guerra Mondiale. Un manipolo di giovani artisti provenienti dal nord Europa decide di stabilirsi sull’Isola di Capri, formando una comune e adattandosi al luogo come fossero dei primitivi, praticando nudismo e non mangiando né carne né pesce. Lucia, una contadina analfabeta del luogo, si ritrova unita a loro, in un misto di paura e attrazione.L’ispirazione per il film venne a Martone dopo aver letto la storia del pittore tedesco Karl Wilhelm Diefenbach il quale aveva appunto istituito una comune proprio a Capri. La scenografia, invece, è tratta dalle opere concettuali di Joseph Beuys, per via della sua “idea dell’arte non come una ricerca estetica ma come il tentativo di trovare un diverso modo di creare una relazione tra le persone”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica pomeriggio

 

 

 

In un "luogo" precisissimo,l 'isola - eden dove  pascolano appunto  caprette , si confrontano  due tra le  ideologie/utopie ( non - luoghi assoluti ) che hanno agitato il '900:  socialismo scientifico e panteismo naturalistico.

Lo spunto è molto interessante. Ma lo sviluppo narrativo risulta  a tratti faticoso e schematico, comunque privo di una vera sintesi emozionale.

Martone applica il suo consueto metodo:  si impegna a calare nella più modesta quotidianità grandi questioni sociali e filosofiche. Stavolta però si carica di un peso eccessivo. E si attarda in situazioni  e scene didascaliche o sovrabbondanti. Anche solo qualche taglio avrebbe sicuramente reso il tutto più compatto,persuasivo e coinvolgente.

 

 

 

 

Giulio Martini

Domenica sera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giorgio Brambilla

 

Lunedì sera

 

 

 

 

 

Mario Martone ci porta nella Capri d’inizio Novecento, crocevia di tendenze d’ogni genere, dall idee pacifiste della comune di Karl Diefenbach a quelle dei rivoluzionari russi come Gorkij, dalla rivoluzione industriale incarnata nella corrente elettrica alla società oltremodo conservatrice del luogo. La trasforma in un luogo fuori dal tempo e dallo spazio, facendovi aleggiare lo spirito di Joseph Beuys (anagrammato in Seybu che lo cita nella Capri Batterie, la lampadina accesa coi limoni, e quando dice che la rivoluzione siamo noi) e le sonorità contemporanee di Apparat/Sascha Ring e Philip Timm. Sceglie come nostro alter ego una guardiana di capre, attraverso la quale ci immerge in alcune delle ideologie del passato e del presente e ci fa vedere (letteralmente) che l’unica scelta davvero liberante è quella di partire verso un orizzonte ignoto, perché tutto quello in cui si è riposta fiducia fino a questo momento non sa impedire al mondo di esplodere. Il film non dà risposte, pone solo domande, perché, come diceva Yeats: “I migliori non hanno convinzioni mentre i peggiori difendono le proprie con ardore”. Una cosa sola sa il regista: il futuro è delle donne.

Tutto questo lo dice in modo simbolico, forse un po’ confuso, ma dove lo si trova un altro film che osi tanto, soprattutto nel panorama italiano?

 

 

 

 

Angelo Sabbadini

Martedì sera

 

 

 

Ambizioso e coraggioso "Capri Revolution" ... a cominciare dal titolo rubato a Joseph Beuys; per proseguire con le variegate sedimentazioni culturali: l'arte concettuale, la rivoluzione,  l'antroposofia, il simbolismo, la liberazione sessuale, l'arrivo della modernità, l'interventismo ... e via enucleando. Mario Martone si preoccupa, tra terra e mare, di dare senso e continuità alla ricchissima serie di temi e suggestioni ma il tutto non è sempre risolto e focalizzato. L'azzardo dell'operazione è davvero interessante ma l'esito complessivo non convince pienamente.

 

 

 

 

Guglielmina Morelli

Mercoledì pomeriggio

 

 

Intellettualistico e misterioso, colto e fantastico: Martone con questo film continua una sua indagine sulla contemporaneità attraverso il mondo del passato. Denso, pensoso, non sempre trasparente, Capri revolution procede tra intuizioni visive e quegli spunti meditativi (le armi di distruzione, le scelte vegane, le riflessioni sul senso della rivoluzione, il denaro, la diversità e l’omologazione, etc) che già permeavano gruppi minoritari, qui incarnati da stranieri scesi da un Nord anglofono (?) alla ricerca di alternative alla modernità nella ciclico susseguirsi delle stagioni in un paesaggio mediterraneo ancora semi – selvaggio (anche se Martone ricorda la ben più nota esperienza svizzera del Monte Verità). Il film è gioca spesso proprio sulla mutevolezza coloristica: l’oscurità della casa contadina, da cui Lucia (nomen omen) esce per trovare se stessa, e lo splendore del sole nella “comune” del mastro - pittore Seybu; ma i contrasti sono anche tra danze matissiane e installazioni da arte concettuale, letture e silenzi, improvvisazioni musicali, da un lato, e l’inquietante psicanalista dedito a singolari culti sincretici e cruenti, un nazista in nuce. Tra loro l’ingenuo medico scienziato, illuso dalla propaganda interventista “di sinistra”, agisce benevolo, fiducioso in un futuro che invece sarà orribile. Ma Lucia lo perdona: non se ne andrà senza averlo salutato con un bacio appassionato (unico in un film dove si vede molta nudità ma pochissimo sesso). Nel complesso di un film molto ricco, il tema che ci sta più a cuore è, però, la lenta e dolorosa emancipazione della giovane capraia, cui non basta la tacita solidarietà della madre ad evitare l’emarginazione dei fratelli e della comunità. Il suo viaggio verso l’ignoto è il suggello di questa ricerca che ci auguriamo propizia, al contrario di ciò che accade ai tentativi presenti negli universi maschili, che sono tutti fallimentari, non solo i più antiquati e convenzionali ma anche quelli mistico-teosofici o quelli rivoluzionario-materialisti.

 

 

 

 

Carlo Caspani

Mercoledì sera

 

 

 

Mario Martone e il suo cinema, non facile ma lucido, coerente e ancora una volta immerso nel passato per parlare dell'oggi, e del domani. Nella revolution caprese, alla vigilia della Grande Guerra, si intrecciano modi, culture e filosofie di vita e d'arte destinate a  precorrere i tempi. Ma per una capraia locale come Lucia, l'occasione di scoprire una nuova vita, spogliarsi (letteralmente) dei vecchi panni e vestire una nuova pelle, parlare nuove lingue, richiede una fatica e un sacrificio maggiori.  Eppure, in un finale di apparente sconfitta, è l'unica a voltare decisa le spalle al passato, a proiettarsi, per mare, verso un futuro nuovo.